Al via a Roma il Congresso per le Radio Cattoliche: intervista con l’arcivescovo
Celli
Da oggi fino a sabato si svolgerà a Roma il Congresso per le Radio Cattoliche, promosso
dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, sul tema “L’identità e la missione
delle radio cattoliche oggi. Dal pensiero sull’uomo ad una informazione a servizio
della persona”. I lavori svolgono presso la Pontificia Università Urbaniana; sono
attesi all’appuntamento i rappresentanti di circa 60 emittenti dei cinque Continenti.
Terrà la relazione introduttiva, dedicata alla missione del dicastero vaticano per
le comunicazioni sociali, l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del
Dicastero. Giovanni Peduto gli ha chiesto quale sia la missione di una radio
cattolica:
R. – Vorrei
fare mia una definizione – o una missione – indicata da Papa Giovanni Paolo II che
si rivolgeva ai rappresentanti della Radio Vaticana, nel 1980, a voi. Il Papa sottolineava
che questo strumento ha un’importanza eccezionale ai fini della evangelizzazione,
della comunione ecclesiale, della comprensione e solidarietà tra i popoli. Papa Giovanni
Paolo II si rivolgeva alla Radio Vaticana, ma io ritengo che oggi – oggi! – queste
stesse parole possono applicarsi ad ogni radio cattolica operante nel mondo.
D.
– Ci sono contesti politici difficili in cui alcune radio si trovano…
R.
– Sì. Guardando, ad esempio, all’America Latina, noi abbiamo circa 3 mila radio cattoliche
operanti nel continente latinoamericano. Se invece posiamo lo sguardo sulla realtà
africana, ci rendiamo conto che sono appena circa 150 le radio cattoliche che operano
in questi contesti. Da che cosa dipende? Dipende molte volte da difficoltà politiche
locali. Perché? Perché determinati governi non accettano l’attività di una radio confessionale,
quindi non vengono accettate radio che appartengano a determinate Chiese. Questo,
quindi, non vale solamente per le radio cattoliche, vale per qualsiasi religione che
voglia avere una propria attività nel campo radiofonico. Per questo motivo, anche
lì dove non esistono vere e proprie radio cattoliche – lo ripeto, ciò dipende da vari
motivi – la Chiesa utilizza radio private o alle volte, le stesse radio nazionali,
durante alcune ore al giorno, dipende da caso a caso, e questi episcopati utilizzano
i tempi messi a disposizione in radio locali per ugualmente annunciare, trasmettere
il messaggio.
D. – Nelle società occidentali invece
forse i principali rischi vengono dalla secolarizzazione degli stessi ambienti cattolici
…
R. – Ecco qui uno dei temi emergenti, e io mi auguro
che questo problema possa essere preso in considerazione dalle tavole rotonde.
D.
– C’è sinergia tra le radio cattoliche?
R. – Direi
che in vari Paesi abbiamo già delle reti di radio cattoliche. Abbiamo – per esempio
– una rete interessante, quella di lingua francofona, e così anche in America Latina
e in America Centrale. Credo che sia interessante riscoprire queste sinergie operative
per garantire una presenza sempre più ricca, sempre più valida, una presenza che si
fa promotrice di valori umani, di solidarietà tra i popoli e nello stesso tempo, riscopre
questo suo ruolo di evangelizzazione.
D. – In questo
contesto qual è la missione particolare della Radio Vaticana?
R.
– Poco fa, citavo proprio le parole che Giovanni Paolo II rivolgeva a voi, della Radio
Vaticana. Io ritengo che sia interessante ciò che lui stesso diceva a voi, sempre
in quella occasione del 1980, dove il Papa riaffermava che attraverso la Radio si
edifica ogni giorno la Chiesa. Questa, credo che sia la grande missione che la Radio
Vaticana offre al Papa, perché al di là delle masse che si stringono attorno a lui,
vi sono sempre folle invisibili che si mettono in ascolto per cogliere la parola del
Papa e la sua stessa voce. Credo che questa sia la grande ricchezza della Radio Vaticana,
e la speranza che questa missione possa svolgersi sempre più efficacemente, anche
nel mondo di oggi.