La crisi alimentare e l’attenzione agli ultimi al centro della giornata di ieri del
Congresso eucaristico internazionale a Québec, in Canada. Intervista con il cardinale
Majella Agnelo
L’Eucaristia, dono di Dio per eccellenza, deve aprire alla comunione con gli ultimi
e i disagiati: è quanto è stato sottolineato ieri al Congresso eucaristico internazionale
che si sta svolgendo a Québec, in Canada. La catechesi dell’arcivescovo di Washington,
mons. Donald Wuerl, ha proposto invece una riflessione sul’istituzione dell’Eucaristia
durante l’Ultima Cena. Il servizio di Tiziana Campisi:
“Quando
la Chiesa celebra l’Eucaristia essa commemora la Pasqua di Cristo, la sua morte e
Risurrezione e la rende attuale”: con queste parole mons. Donald Wuerl ha spiegato
il senso della celebrazione eucaristica, sottolineando che “noi non siamo spettatori
quanto, piuttosto, partecipanti” del mistero Eucaristico. Ribadendo, poi, che Cristo
è morto in croce per liberare l’intera umanità dalla schiavitù del peccato, il presule
ha aggiunto che Gesù ha creato un nuovo popolo di Dio, grazie al dono del suo Spirito.
Ma in che modo i fedeli possono entrare nel Regno di Dio e condividere il mistero
dell’Eucaristia? L’arcivescovo di Washington indica tre strade: la fede, che ci fa
dire “Io credo”; la speranza, che ci fa vivere la vita come un dono; e la carità,
che riempie d’amore i cuori e rende tutti gli uomini figli di Dio. Di squilibri sociali
ha parlato invece nella sua testimonianza Jean Vanier, iniziatore dell’Arche, fondazione
che - presente in 30 Paesi con 124 comunità - accoglie circa 2.700 persone con handicap
mentali. Vanier ha sottolineato la necessità di culture che si aprano ai più poveri
e deboli evidenziando che la comunione eucaristica trova compimento nel vivere realmente
al fianco dei disagiati e degli emarginati.
“Noi
che celebriamo il Pane del cielo, il dono di Dio per la vita del mondo, non possiamo
saziarci di questo pane di vita senza preoccuparci della sorte degli affamati”, ha
affermato invece il cardinale Marc Ouellet, arcivescovo di Québec e presidente del
Congresso eucaristico internazionale, durante l’omelia della Messa che ha concluso
i lavori della seconda giornata. Il porporato ha voluto ricordare la crisi alimentare
che sta interessando diversi Paesi a causa degli elevati costi delle derrate di base
come riso e mais. I prezzi esorbitanti, ha detto l’arcivescovo di Québec, lasciano
i poveri in una situazione intollerabile. Per il porporato è necessaria un’azione
rapida da parte dei governi e delle Nazioni Unite, “per soccorrere gli affamati e
ristabilire l’equilibrio nella produzione alimentare e negli scambi commerciali”.
Il cardinale Ouellet ha chiesto inoltre un impegno comune “per una più giusta circolazione
degli alimenti di base, senza dimenticare l’acqua, perché i poveri non siano esclusi
dalla tavola comune”. Diciamo di nuovo "si", ha concluso il porporato, "alla condivisione
del pane quotidiano con tutti gli affamati, chiedendo allo Spirito Santo di rinnovare
la nostra fedeltà entusiasta verso la Santa Eucaristia, dono di Dio per eccellenza”.
Il
Congresso di Québec è un'occasione privilegiata per fare il punto su come i fedeli
dei vari Paesi vivano il loro rapporto con l'Eucaristia. La testimonianza della Chiesa
brasiliana è stata portata in Canada dal cardinaleGeraldoMajella
Agnelo, arcivescovo di São Salvador da Bahia, intervistato da Viktoria Somogyi,
inviata a Québec del Programma ungherese della nostra emittente:
"Questo
Congresso eucaristico internazionale è una vera professione di fede della Chiesa nell’Eucaristia,
perché il momento più importante della nostra vita cristiana è la nostra partecipazione
all’Eucaristia. E celebrare l’Eucaristia vuol dire sempre avere, davanti a sé, il
sacrificio di Cristo per celebrare, fino alla fine dei tempi, la sua offerta al Padre.
Così, il Congresso eucaristico è una celebrazione dell’Eucaristia. Per noi, in America
Latina - in modo particolare posso parlare della mia esperienza in Brasile - la riforma
liturgica è stata un gran momento, un beneficio straordinario per noi, perché ha permesso
anche nella nostra lingua - e in quella di ogni altro Paese - di celebrare e partecipare
in modo più facile, attivo alla liturgia. E questo piace tanto alla gente, soprattutto
il preparare la celebrazione. Il nostro popolo vuol bene all’Eucaristia, vuole anche
continuare la presenza del sacrificio sia nell’adorazione eucaristica, che nei momenti
di processione - che a noi piace tanto - e poi di penitenza. Tutto questo è una cosa
che in America, e in particolare in Brasile, molto gradita".