2008-06-14 15:06:02

Nuovo no dell’Iran sulla questione del nucleare: Teheran non ferma i suoi programmi atomici


Teheran chiude alla proposta del “5+1” che prevedeva incentivi in cambio della sospensione del programma di arricchimento dell'uranio. L'Iran, ha fatto sapere il portavoce del governo, ''respingerà qualsiasi proposta della comunità internazionale'' riguardo i suoi piani nucleari. Da Parigi il presidente Sarkoky e Bush, al termine dell'incontro che dovrebbe far dimenticare i burrascosi rapporti durante la presidenza Chirac, si sono detti molti delusi della scelta di Teheran. Il servizio di Marco Guerra:RealAudioMP3

La Repubblica islamica non è disposta ad accettare alcun pacchetto che preveda uno stop alle attività di arricchimento dell’uranio. Il governo iraniano respinge così al mittente le nuove proposte messe a punto dal “5+1”, proprio mentre stamani, nella capitale del Paese, il responsabile della politica estera della UE, Solana, illustrava al capo della diplomazia di Teheran l’offerta degli incentivi in cambio della sospensione del programma nucleare. Si tratta in pratica di aiuti economici e commerciali che avrebbero potuto  aprire la strada a uno sblocco della disputa su basi diplomatiche, per scongiurare il ricorso alle ulteriori sanzioni minacciate di recente da Unione Europea e Stati Uniti. Un pacchetto che tuttavia non è altro che la versione aggiornata e ampliata di quello che Teheran aveva rifiutato nel 2006. Per questo motivo lo stesso Solana, alla vigilia della sua missione diplomatica, aveva comunque avvertito che non ci si sarebbe dovuti attendere una vera e propria svolta nelle trattative. Ciò nonostante Bush e Sarkozy, al termine del colloquio all’Eliseo di questa mattina, che aveva in cima all’agenda proprio la questione del nucleare iraniano, hanno espresso tutto il loro rammarico per il rifiuto di Teheran di accogliere la richiesta della comunità internazionale di sospendere l’arricchimento dell’uranio. "Si tratta di un'indicazione al popolo iraniano che la loro leadership vuole isolarli ancora di più”, ha commentato Bush in conferenza stampa. I due capi di Stato hanno poi lanciato un monito alla Siria affinché si dissoci il prima possibile dalle politiche dell’Iran.

Afghanistan
Sono oltre 1.100 i detenuti evasi ieri dal carcere afghano di Kandahar, nell'assalto con esplosivi, rivendicato oggi dai talebani, che ha causato la morte di almeno 15 guardie penitenziarie. Secondo le autorità del Paese asiatico tra gli evasi ci sarebbero almeno 400 estremisti islamici. L'esercito afghano e le truppe della coalizione internazionale sono ora impegnate in una vera e propria caccia all'uomo. L’attacco è stato portato a termine con due camion pieni di esplosivo che hanno aperto una breccia nella struttura, attraverso la quale hanno fatto irruzione almeno 30 insorti che hanno consentito ai detenuti di fuggire. Sempre ieri, provincia orientale di Nangarhar, un convoglio dell’ISAF è stato oggetto di un attentato suicida. ISAF ha conferma di aver subito diverse perdite ma non ha precisato il numero delle vittime né la loro nazionalità.

Medio Oriente
Un anno fa, dopo duri scontri con le forze di Fatah, le milizie islamiche di Hamas si impossessavano della Striscia di Gaza, provocando di fatto una divisione politica nei Territori palestinesi, tra Cisgiordania sotto Fatah, e Gaza sotto Hamas. Quell’evento ha avuto una serie di conseguenze non solo interne, ma anche nell’attività di mediazione internazionale per la soluzione della questione israelo-palestinese. Quale lettura si può dare oggi di quell’episodio? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Marcella Emiliani, esperta di Medio Oriente dell’Università di Bologna:RealAudioMP3

R. - Per quello che riguarda Fatah, si è trattato di un colpo di stato vero e proprio, fatto da Hamas ai danni dell’autonomia nazionale palestinese. La versione, invece, che ha dato Hamas, nel suo colpo di mano, è di essere stato costretto ad intervenire perché Fatah stava tramando con gli Stati Uniti e con Israele per rafforzare i propri apparati di sicurezza a Gaza e quindi procedere poi ad una resa dei conti con Hamas. A questo punto, noi esterni - ed Israele in particolare - non sappiamo più che cosa sia la causa palestinese. Dobbiamo vedere in Hamas, quindi in una possibile rivolta armata, il senso della liberazione della Palestina, o la strada, invece, indicata da Abu Mazen, da Fatah, che preme per un continuo negoziato sia con Israele che con l’Occidente?

D. – Possiamo dire che il consenso popolare si è pian piano trasferito da Fatah ad Hamas nella Striscia di Gaza?

 
R. - La gestione che Fatah aveva fatto dell’autonomia nazionale palestinese era passata molto sulla testa dei cosiddetti “palestinesi dell’interno”, cioè, erano stati quelli che venivano dall’esilio a prendere in mano tutte le redini della situazione e molte volte a passare sopra alle esigenze e alla popolazione che invece aveva sempre vissuto sotto l’occupazione israeliana. Hamas, molto del consenso che ha ricevuto, lo ha ricevuto proprio perché era espressione di un malessere reale e naturalmente di una contestazione della gestione del potere fatta da Arafat e da Fatah.

 
D. – La crisi umanitaria, sempre più crescente nella zona della Striscia di Gaza, a chi è imputabile?

 
R. – Certamente allo stesso Hamas che non ha voluto o potuto – qui l’interrogativo è d’obbligo – trovare una strada negoziale. Poi l’irrigidimento da parte di Israele che però su questo si gioca la sua sopravvivenza: non dimentichiamo che nella carta di Hamas c’è scritto, chiaro e tondo, che Israele va distrutto. Inoltre, c'è stato l’irrigidimento dei principali donatori internazionali.
 
Giappone
Sono quattro i morti accertati, circa un centinaio i feriti e una decina i dispersi, ma il bilancio è provvisorio, del terremoto di magnitudo 7,2 sulla scala Richter che ha colpito la parte settentrionale del Giappone alle 8.43 ora locale. A comunicarlo è la tv giapponese che riferisce, in particolare, di alcuni dispersi sepolti in un bagno termale in un hotel di Kurihara, nel distretto di Miyagi, altri in un cantiere nella stessa città. I danni causati, finora, sembrano essere frane, smottamenti e circa 30mila abitazioni rimaste senza elettricità per alcune ore. Secondo l’Agenzia meteorologica giapponese, l’epicentro è stato nel nord del Paese, nella prefettura di Iwate, nell’isola principale di Honshu, dove si sono verificati i danni, ma le scosse si sono avvertite fino nella capitale, Tokio. Il sisma ha provocato anche una piccola perdita di acqua, circa 14,8 litri, che si trovava in una vasca di stoccaggio per scorie radioattive nella centrale nucleare di Fukushima. A riportare la notizia è la Tokio Electric Power Company, la compagnia che gestisce l’impianto, che ha però precisato che non esistono rischi per la popolazione né per l’ambiente, in quanto la perdita è rimasta all’interno dell’area della centrale.

Cina
È di 27 minatori morti e sette ancora intrappolati, il bilancio di un grave incidente avvenuto ieri mattina in una miniera della regione dello Shanxi. L’agenzia Nuova Cina ha diffuso soltanto oggi la notizia dell’esplosione, riferendo che ricerche di altri sopravvissuti sono ancora in corso. Le miniere cinesi sono ritenute tra le più pericolose al mondo, anche se il bilancio delle vittime nel 2007 è stato di 3800 operai, in calo del 20 per cento rispetto al 2006. Secondo le organizzazioni dei lavoratori indipendenti, invece, i decessi tra i minatori ogni anno ammonterebbero a circa 20mila, tanto che il governo ha avviato una campagna per la chiusura di quelle non a norma di sicurezza. In Cina circa il 70 per cento dell’energia proviene dal carbone.

Zimbabwe
Lo spettro di un conflitto armato incombe nella già turbolenta campagna elettorale per secondo turno delle elezioni presidenziali dello Zimbabwe del 27 giugno. Il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, ieri ha assicurato che gli ex combattenti della guerra di liberazione degli anni Settanta sono pronti a imbracciare le armi in caso di vittoria dell'opposizione. Fra l’altro in questi giorni al leader dell’opposizione Tsvangirai e al suo partito è praticamente impedito di fare campagna elettorale. Diversi i raduni proibiti e gli arresti tra gli esponenti del Movimento per il Cambiamento Democratico (MDC). Un quadro che rischia di precipitare anche per la situazione umanitaria evidenziata dall’ONU, secondo cui almeno un quarto della popolazione del Paese africano rischia la fame.

Colombia
Si palesa le possibilità di un accordo tra il governo di Bogotà e le Forze Amate Rivoluzionarie Colombiane (FARC), per il rilascio di Ingrid Betancourt. Il presidente colombiano Alvaro Uribe ha riferito di una bozza di accordo proposta dai guerriglieri ai servizi segreti colombiani che riguarderebbe uno scambio fra la donna, nelle mani delle FARC da sei anni, e la promessa di non estradare negli USA un membro delle FARC attualmente detenuto. Il presidente Uribe ha dichiarato di augurarsi che la possibilità di giungere a un accordo sia reale. Le FARC il mese scorso hanno annunciato la morte del loro leader, Pedro Antonio Marin, sostituito da Alfonso Cano. Ingrid Betancourt, di nazionalità franco-colombiana e fondatrice del Partido Verde Oxígeno, fu rapita dal gruppo di guerriglieri il 23 febbraio 2002. Nei mesi scorsi alcuni ostaggi liberati dalle FARC avrebbero rivelato che la donna è ancora viva, ma gravemente malata.

Iran
Sedici poliziotti iraniani sarebbero stati presi in ostaggio da separatisti sunniti del Balucistan: a riportarlo è l’agenzia iraniana FARS. L’assalto alla stazione di polizia della città di Saravan, in Balucistan, vicino al confine con il Pakistan, sarebbe avvenuto nella notte tra giovedì e venerdì. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Roberta Barbi)

 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 166

 
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