A Parigi la Conferenza dei donatori per l'Afghanistan
Al via questa mattina a Parigi la Conferenza internazionale dei donatori per l’Afghanistan,
che raccoglie i rappresentanti di 80 Paesi. Presente all’incontro, tra gli altri,
il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon ed il segretario di Stato americano,
Condoleezza Rice. Sul tavolo della Conferenza la richiesta del presidente afghano
Hamid Karzai di raccogliere circa 50 miliardi di dollari per un piano di ricostruzione
nei prossimi cinque anni. Ma quali sono le reali necessità dell’Afghanistan? Salvatore
Sabatino lo ha chiesto a Simona Lanzoni, responsabile progetti della Fondazione
Pangea Onlus, da anni presente in Afghanistan:
R. – Bisogna
ricostruire un Paese per intero. Dal 2001 ad oggi sono pochissime le cose che si sono
riuscite a realizzare. Mancano strade, fognature, elettricità, manca l’acqua nel Paese,
manca un sistema idrico, mancano scuole, ospedali … Pensiamo che l’Afghanistan purtroppo
non è riuscito a ricostruirsi, in questo periodo. Bisogna dire, da una parte, perché
comunque un Paese dopo 25 anni di guerra non può passare immediatamente ad una situazione
di pace e di tranquillità; dall’altro, perché mancano le competenze e perché comunque
la presenza internazionale è molto forte. Tra l’altro, una delle cose che più si contestano
all’interno di questa conferenza è proprio il fatto che il 70 per cento degli aiuti
ritornano poi nelle tasche di consulenti e che, effettivamente, è poi molto difficile
ricostruire un Paese in cui comunque la situazione continua ad essere tesa per la
presenza dei talebani.
D. – A tutto questo bisogna
aggiungere anche che l’Afghanistan resta un Paese nettamente diviso: i “signori della
guerra” continuano a dominare ampie regioni del Paese. Ecco, il nuovo piano di sviluppo
previsto da Karzai, come cercherà di coinvolgere tutti questi attori?
R.
– Quello che si dice fondamentalmente sull’Afghanistan è che una ricostruzione dev’essere
fatta grazie anche alla sicurezza, nel senso che non si può ricostruire un Paese se
non c’è sicurezza tra la popolazione. L’esempio delle scuole: nel 2007, sono state
incendiate oltre 250 scuole, sono stati uccisi oltre 120 insegnanti e una cinquantina
sono stati feriti … Quindi, effettivamente, se non c’è sicurezza è molto difficile
ricostruire un Paese!
D. – Pangea è presente ed impegnata
nella periferia di Kabul con un importante progetto di microcredito. Di cosa si tratta,
nello specifico?
R. – E’ un progetto di micro-finanze
dedicato non solo alle donne in cui le donne, attraverso un piccolo prestito possono
aprire un’attività individuale o di tipo familiare, perché molto spesso – appunto
– aiutano tutta la famiglia e sono tutti attivi per aprire questa micro-impresa; attraverso
questo, consentiamo alle donne di seguire corsi di alfabetizzazione, sulla sanità
– ricordiamo che l’Afghanistan è il secondo Paese al mondo e il primo in Asia per
mortalità materna e infantile alla nascita. Non solo: organizziamo anche gruppi di
socializzazione … insomma, cerchiamo di dare delle opportunità di reinserimento familiare
e sociale alle donne che tuttora vivono una situazione estremamente repressa.