Prosegue il viaggio in Europa del presidente degli Stati Uniti George Bush. Il capo
della Casa Bianca si trova in Germania, seconda tappa del suo tour nel corso della
quale ha già incontrato il cancelliere, Angela Merkel, mentre stasera sarà in Italia.
Venerdì l’udienza privata in Vaticano da Benedetto XVI. Intanto, ieri a Lubiana, in
Slovenia, si è svolto il vertice Stati Uniti-Unione Europea. Al centro dei colloqui
la questione del nucleare iraniano. Il capo della Casa Bianca ha esortato il Vecchio
Continente ad adottare la linea dura contro Teheran. Il servizio Marco Guerra:
George
Bush, arriverà questa sera in una Roma blindatissima e tra domani e dopodomani incontrerà
le massime autorità italiane e il Pontefice in udienza privata. Intanto, Bush in mattinata
ha proseguito a Berlino i colloqui con il cancelliere tedesco Angela Merkel. Sul tappeto
ancora la questione Iran e la necessità di convincere l’alleato europeo ad aumentare
le pressioni sulla Repubblica islamica con nuove sanzioni, per spingere Teheran a
rinunciare allo sviluppo del suo programma nucleare. Una posizione già espressa ieri
e pienamente recepita nel vertice UE-USA tenutosi in Slovenia. Nella dichirazione
finale del summit si chiede, infatti, all’Iran di rispettare i suoi obblighi riguardo
alle attività nucleari, compresa la sospensione completa delle attività di arricchimento”.
Dura la risposta espressa stamani dal presidente iraniano Ahmadinejad, secondo cui
il tempo del presidente americano è finito: i nemici della Repubblica islamica - ha
ammonito - non sono riusciti a fermare il programma nucleare.
Medio
Oriente Resta alta la tensione ai confini tra i Israele e la Striscia di Gaza.
Una bambina di 9 anni e un miliziano palestinese sono rimasti uccisi oggi in un’operazione
delle forze terrestri israeliane nel villaggio di Qarara. Sempre nella Striscia, un
altro civile palestinese di 65 anni è morto dopo essere stato colpito da frammenti
di un razzo lanciato da un elicottero israeliano. Intanto a Gerusalemme il Consiglio
della Difesa di Israele ha deciso di mantenere aperte tutte le opzioni: sia quella
di una tregua con Hamas mediata dall’Egitto, sia la possibilità di una vasta operazione
nella striscia di Gaza, qualora fallissero le trattative.
Iraq Ennesima
giornata violenze in Iraq. Tre diversi ordigni sono esplosi stamattina in varie zone
della capitale Baghdad: il bilancio è di 6 morti e 19 feriti tra i civili. La prima
bomba sarebbe esplosa a sud, vicino a un centro commerciale già teatro, due giorni
fa, di un grave attentato, mentre passava una pattuglia della polizia che non è però
stata colpita; la seconda a nord al passaggio di un minibus, la terza a est nei pressi
di una stazione di servizio.
Afghanistan È di quattro civili morti,
3 donne e un bambino, ma potrebbe esserci anche un ferito, il bilancio dell’operazione
militare della coalizione a comando USA svoltasi ieri, ma di cui si è avuta notizia
soltanto oggi, nel distretto orientale di Mata Khan, nella provincia di Paktika, al
confine con il Pakistan. Nel corso dell’operazione di perquisizione, attuata con
mezzi terrestri e aerei, secondo quanto riferito da Enduring Freedom, sarebbero rimasti
uccisi anche alcuni ribelli, effettuati 12 arresti e confiscati fucili e lancia-granate.
Somalia Un
accordo di vitale importanza per la Somalia quello firmato, l’altro ieri, tra opposizione
e governo di transizione somalo sotto l’egida delle Nazioni Unite. Tra i punti fondamentali
una tregua militare e l’impegno ad avviare la procedura che porterà alla smobilitazione
dell’esercito etiopico d’occupazione e all’intervento di caschi blu dell’ONU. A Mario
Raffaelli, inviato speciale italiano per la Somalia, abbiamo chiesto se la nuova
iniziativa di pace poggi su basi più solide che in passato. L’intervista è di Stefano
Leszczynski:
R. –
Certamente può essere un punto di svolta, perché oltre ad avere affrontato il problema
della sicurezza ed aver stabilito dei meccanismi per cercare di riportare il Paese
alla stabilità, ha preso l’impegno di costituire entro 15 giorni due strumenti congiunti,
con la presenza di governo e opposizione, presieduti dalle Nazioni Unite: uno specificatamente
sul problema del cessate il fuoco ed il secondo sui problemi politici. Questo fatto,
credo segni la differenza positiva rispetto ad altri tentativi del passato.
D.
– Tuttavia, alcuni dei responsabili dell’opposizione non hanno aderito all’accordo.
Questo può essere un problema?
R. – Certamente sì,
perché evidentemente adesso si tratta di vedere quanto da parte dell’opposizione,
che ha accettato il dialogo e ha firmato l’accordo, ci sia un’influenza sui combattenti,
su chi poi sul campo conduce le azioni di guerriglia. Certamente, bisognerà dar per
scontato che una parte dell’opposizione armata non seguirà questo accordo. E’ molto
importante il fatto che nell’accordo ci sia la previsione di un ritiro degli etiopici,
anche se condizionata alla situazione di questo cessate il fuoco e al dispiegamento
del contingente delle Nazioni Unite.
D. – Le Nazioni
Unite come intendono subentrare?
R. – L’accordo dice
esplicitamente che le forze devono essere composte da Paesi amici ad esclusione dei
Frontland State, cioè dei Paesi confinanti con la Somalia, e quindi ad esclusione,
per esempio, dell’Etiopia. Questa è materia che sarà discussa, perché evidentemente
l’accordo prevede 120 giorni prima che questa decisione diventi operativa.
D.
– Oggi la Somalia in che situazione è da un punto di vista politico, ma soprattutto
sociale, dopo decenni di guerra?
R. – Purtroppo negli
ultimi mesi, e proprio in collegamento con questa situazione difficile che si è creata
dopo l’intervento etiopico e la guerra che c’è stata, si parla di una catastrofe umanitaria.
Le Nazioni Unite definiscono la Somalia la peggior catastrofe umanitaria esistente
al momento. Di questo si fa menzione anche in questo accordo e si dice esplicitamente
che la tregua che dovrebbe partire tra 30 giorni deve servire innanzitutto a portare
sollievo alle popolazioni, perchè la catastrofe umanitaria è collegata principalmente
alla situazione di instabilità.
Somalia appello ONG Le
ONG italiane che operano in Somalia hanno lanciato ieri un forte appello ai sequestratori
per la liberazione di Jolanda Occhipinti, Abderahman Yusuf Arale e Giuliano Paganini,
i tre operatori umanitari, due italiani e uno somalo, rapiti da guerriglieri somali
il 21 maggio scorso. Il messaggio è stato fatto trasmettere, in lingua somala, dalle
principali emittenti locali.
Sudan È di 28 morti, 123 superstiti
e 66 dispersi il bilancio provvisorio del grave incidente aereo avvenuto ieri sera
in Sudan. Un airbus della Sudan Airways, proveniente dalla Giordania, si è incendiato
dopo l’atterraggio all’aeroporto della capitale sudanese Khartoum; non è ancora stata
accertata, però, la dinamica dell’incidente. Tuttavia, secondo la televisione locale,
l’aereo avrebbe avuto difficoltà nelle manovre d’atterraggio a causa delle pessime
condizioni atmosferiche. I soccorritori hanno lavorato fino a notte fonda per spegnere
le fiamme.
Marocco Duro colpo al terrorismo di matrice islamica in
Marocco. Un tribunale del Paese africano ha comminato pene che vanno dai due agli
otto anni di prigione a 29 membri della "cellula di Tetouan", accusati di aver tramato
degli attentati terroristici e di aver sostenuto Al Qaida in Iraq. Uno di loro è di
nazionalità svedese. Posta sul Mediterraneo, la città di Tetouan è uno dei capisaldi
dell'estremismo islamico marocchino.
Cina – Taiwan Dopo oltre dieci
anni di interruzione riprendono oggi a Pechino i colloqui diretti tra la Cina e Taiwan.
Al centro dell’incontro ci saranno una serie di misure volte a ''costruire la fiducia''
tra le due parti, in primo luogo l'istituzione di collegamenti aerei diretti tra Taipei
e le principali città cinesi. Al momento, infatti, nonostante gli intensi scambi economici
tra i due Stati, gli imprenditori taiwanesi che hanno investito in Cina devono sottoporsi
a viaggi inutilmente lunghi, passando da Hong Kong o da Macao. L’isola di Taiwan è
di fatto indipendente dal 1949, ma la Repubblica Popolare Cinese la ritiene parte
integrante del proprio territorio.
Ue-Irlanda L’Europa guarda con
attenzione al referendum sul Trattato costituzionale di Lisbona che si terrà domani
in Irlanda. Per l’approvazione del testo, che prevede un passaggio di poteri dagli
Stati all’Unione in varie materie, occorre l’unanimità dei 27 Paesi membri e un'eventuale
vittoria del 'no' potrebbe provocare la paralisi politico-istituzionale dell'UE. Da
Dublino, Enzo Farinella:
L’Irlanda
è l’unico Stato dei 27 dell’Unione Europea in cui un voto referendario è richiesto
per cambiare la Costituzione del Paese sul potere da trasferire all'UE. Tutti i partiti
politici al potere e all’opposizione nella Repubblica d’Irlanda, eccetto il partito
nazionalista Sinn Fein di Gerry Adams, hanno richiesto ai loro elettori di votare
sì per il Trattato di Lisbona, nel Referendum di domani, affermando che l’Irlanda
potrebbe trarre ulteriori vantaggi dall’Unione Europea, come è avvenuto fino adesso,
ricevendo ben 61 miliardi di Euro sin dal 1973. Anche la Confederazione degli Industriali
è per il sì e così la maggior parte dei Sindacati. Il Primo Ministro, Brian Cowen,
ha dichiarato ieri che “il sì al Trattato di Lisbona rinforzerà il ruolo dell’Irlanda
in Europa e convincerà imprenditori nazionali e stranieri a continuare ad investire
in quest’isola”. Ma il primo ministro irlandese ha respinto con decisione l’idea che
potrà essere possibile negoziare un Trattato migliore se i no dovessero vincere. Comunque
Governo e partiti politici non possono riposare tranquillamente perché secondo l’ultimo
sondaggio d’opinione i no sono aumentati passando dal 30 al 35%, mentre solo il 30%
sarebbe pronto a votare per il sì al Trattato di Lisbona. Gli indecisi sarebbero tanti,
il 35%.
Russia ''L'Europa ha bisogno di un
trattato globale sulla sicurezza con la partecipazione di tutti i Paesi europei
perchè né la NATO né l'OSCE sono in grado di risolvere pienamente i problemi della
sicurezza in Europa''. Lo ha detto oggi a Mosca il presidente russo Dmitri Medvedev,
intervenendo al congresso internazionale della stampa russa. Il capo del Cremlino
si è anche dichiarato pronto a intavolare un "dialogo amichevole e costruttivo" con
la nuova amministrazione USA, "qualunque essa sia". Il presidente russo ha infine
ribadito la sua promessa di costruire in Russia una ''società libera'' e di garantire
il rispetto dei diritti dell'uomo e della libertà di stampa. (Panoramica Internazionale
a cura di Marco Guerra e Roberta Barbi)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 163 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.