I vescovi brasiliani auspicano la fine del lavoro in stato di schiavitù
La Conferenza episcopale del Brasile ha valutato con favore le iniziative intraprese
dal Congresso nazionale relative alla proposta di riforma costituzionale che intende
eliminare il lavoro in forma di schiavitù. Nelle aree rurali del Brasile infatti -
riferisce l'Agenzia Fides - il lavoro in condizioni disumane o degradanti rappresenta
un fenomeno abituale. “Il tempo è propizio per decretare la seconda abolizione dello
stato di schiavitù nei campi brasiliani attraverso l’approvazione della norma”, affermano
i vescovi. “Lo Stato brasiliano già riconobbe la gravità della situazione nel 1995,
quando fu creato il Gruppo Mobile del Ministero del Lavoro per investigare e combattere
quella pratica criminale. Così come riconosciuto successivamente, nell’agosto del
2003, da una relazione della Commissione Nazionale per l’eliminazione del lavoro in
forma di schiavitù, organo vincolato alla Segreteria speciale dei diritti umani della
presidenza della Repubblica con la funzione primaria di monitorare l’esecuzione del
Piano Nazionale per l’eliminazione del lavoro in schiavitù. Nonostante la creazione
di tali strumenti, non è stato possibile mettere fine a questa vergogna nazionale”,
continua il documento. In effetti soltanto nell’anno 2007 sono stati registrati 265
casi di lavoro in forma di schiavitù in tutto il Brasile, fenomeno che coinvolge 8.653
lavoratori. Dal 1995, anno in cui è stato istituito il Gruppo Mobile, e fino alla
fine del 2007, sono state liberate 26.951 persone. In tale periodo la Commissione
Pastorale per l’Agricoltura ha raccolto denunce che riguardano oltre 50 mila lavoratori
che, come afferma la Conferenza dei vescovi del Brasile, sono “fatti prigionieri con
promesse, obbligati a lavorare in tenute, carbonaie e piantagioni di canna, trattati
peggio degli animali e costretti a non poter interrompere la relazione con il proprio
capo”. Secondo i presuli, l’approvazione della norma contro ogni forma di schiavitù
“è un imperativo etico e morale della coscienza civile e, per i cristiani, rappresenta
un’esigenza di coerenza con gli insegnamenti del Vangelo”. (R.P.)