Mons. Volante: la consapevolezza del dramma della fame, risultato principale del Vertice
FAO
Si è conclusa giovedì, alla FAO, la Conferenza internazionale sulla sicurezza alimentare
incentrata sulle sfide del cambiamento climatico e delle bioenergie. Nei giorni precedenti
la Conferenza, la FAO aveva pubblicato l’ultima edizione del rapporto sulle “Prospettive
alimentari”, che pur registrando la stabilità dei prezzi alimentari dal febbraio 2008,
ha rilevato un aumento medio delle derrate del 53% nei primi quattro mesi del 2008,
rispetto allo stesso periodo del 2007. Nonostante la prospettiva di crescita della
produzione cerealicola per il 2008, la situazione – secondo le previsioni dell’agenzia
ONU - continuerà ad essere segnata dall’instabilità dei prezzi e dalla crescita del
volume di importazioni da parte dei Paesi a basso reddito, calcolata per il 2008 in
169 miliardi di dollari, pari al 40% in più rispetto allo scorso anno. A preoccupare
la FAO è soprattutto l’aggravarsi della precarietà alimentare che tocca 854 milioni
di persone nel mondo, con il rischio di vedere aumentare il numero degli affamati
di milioni di unità. Intervistato da Davide Dionisi, mons. Renato Volante,
osservatore permanente della Santa Sede presso la FAO, si sofferma sulla Dichiarazione
finale del vertice FAO:
R. –
Il punto essenziale, in effetti, è il prologo della Dichiarazione, nella quale i partecipanti
hanno riaffermato la loro intenzione di fare tutto quanto appare possibile o è possibile
per risolvere il problema della malnutrizione e della fame nel mondo. L’altro punto
più particolare è la disponibilità espressa per approfondire alcuni problemi importanti,
ma settoriali, come quello delle bioenergie. Il risultato principale della Conferenza
è, comunque, la dichiarazione della consapevolezza che vi è in questo momento un particolare
problema, per quanto riguarda la situazione della fame nel mondo.
D.
- Recentemente Lei, in qualità di osservatore permanente della Santa Sede presso la
FAO, ha affrontato il problema dell'aumento dell'uso non alimentare dei prodotti agricoli
e la questione della riforma agraria. Vuole spiegare meglio ai nostri radioascoltatori...
R.
– Alcuni sostengono che è meno inquinante della benzina, altri invece hanno delle
riserve molto forti, a volte anche molto appassionate ed emotive, perchè si ritiene
con un semplice calcolo, che usando parte della produzione agricola per i biocarburanti,
la si sottragga all’uso che dovrebbe esserne fatto per alimentare quanti non hanno
cibo a disposizione. Il problema è più complicato di quanto io non dica in questo
momento, perchè naturalmente si tratta anche di trasportare l’eccedenza dei prodotto
agricoli. E qui alcuni dicono che, appunto, producendo biocombustibili, siccome sono
meno cari, diminuirebbe il prezzo del trasporto e sarebbe più facile portare le eccedenze
di cibo verso le zone del mondo dove c’è carenza di cibo. E’ una situazione complessa
e la Santa Sede, raccogliendo moltissimi consensi, a dire la verità, si permette di
indicare che primo fine dei prodotti alimentari, dei prodotti rurali deve essere quello
dell’alimentazione. L’alimentazione è un diritto umano fondamentale: è il diritto
alla vita. Vi sono anche altri diritti, ma appaiono essere non così fondamentali come
quello dell’alimentazione. Presentiamo, dunque, il bisogno di usare i prodotti alimentari
in primo luogo per soddisfare il bisogno dell’alimentazione da parte di tutti gli
uomini e le donne del pianeta. Le eventuali eccedenze possono essere usate in altra
maniera, secondo come le competenti autorità ritengono appropriato.
D.
- Come ripensare la sicurezza alimentare nell’intervento umanitario e come intervenire
in quelle situazioni in cui buona parte della popolazione viene ostacolata nel suo
sviluppo?
R. – Il problema dell’assistenza è un problema
di solidarietà. I beni del Creato – anche questa è un’affermazione che la Santa Sede
ripete nei vari consessi internazionali – sono stati messi a disposizione da Dio per
tutti gli uomini e le donne del pianeta. Ciascuno deve prendere coscienza di questa
destinazione dei beni del Creato. Non possiamo guardare ai beni del Creato con sentimenti
o con atteggiamenti egoisti. Dobbiamo comprendere che ciascun uomo, ciascuna donna
del pianeta, ha uguali diritti ai beni della Terra. L’opera di assistenza è necessaria
perché vi sono tante difficoltà: malattie, disastri naturali, siccità. Insomma, moltissime
le difficoltà, alcune naturali, altre provocate dall’uomo, come le guerre, le persecuzioni
e così via. La parte che in questo momento è in grado di assistere gli altri deve
fare del suo meglio in uno spirito di solidarietà - come si dice, come viene comunemente
accettato, e come noi cristiani possiamo più compiutamente dire in uno spirito d’amore
- deve venire in aiuto di quanti in questo momento si trovano in una situazione di
disagio e di povertà.