Benedetto XVI: un dialogo interreligioso autentico può esservi solo tra persone preparate
alla multiculturalità, consapevoli e rispettose della fede altrui. Intervista con
mons. Celata
Per essere autentico, il dialogo interreligioso deve “essere un cammino di fede”.
Per questo non basta solo moltiplicare le occasioni di incontro fra membri di fedi
diverse: occorre soprattutto che chi promuove tale dialogo sia ben formato a questo
delicato compito. E’ la raccomandazione centrale che Benedetto XVI ha affidato alla
plenaria del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ricevuta stamattina
in udienza. Da un dialogo interreligioso fondato su simili presupposti, ha affermato
il Papa, scaturisce un’onda di carità e di solidarietà per i poveri del mondo. Il
servizio di Alessandro De Carolis: Un
dialogo tra persone che professano fedi differenti non può reggersi solo sulla frequenza
degli incontri, ma sulla loro qualità. Qualità che si traduce in una preparazione
accurata sul proprio e sull’altrui credo religioso e, in definitiva, su un modo di
procedere che punti con trasparenza alla ricerca della verità, attraverso la carità
e il rispetto reciproco. E’ stato molto netto il Papa nel precisare i termini con
i quali la Chiesa deve condurre i propri rapporti con le altre religioni, nel solco
tracciato dal Vaticano II. Prendendo a supporto il magistero in materia, Benedetto
XVI ha ricordato al proprio uditorio raccolto nella Sala del Concistoro la sua dichiarazione
d’intenti resa subito dopo l’elezione a Pontefice: ovvero, che “la Chiesa vuole continuare
a costruire ponti di amicizia con i seguaci di tutte le religioni, al fine di ricercare
il bene autentico di ogni persona e della società nel suo insieme”. E cosa spinge
la Chiesa a questo compito? L’amore di Cristo:
“All
the Church’s activities are to be… Tutte le attività della Chiesa
devono essere permeate di amore. E’ l’amore, quindi, che invita ogni credente ad ascoltare
gli altri e a cercare aree di collaborazione. Incoraggia i partner cristiani che dialogano
con i seguaci di altre religioni a proporre, non imporre, la fede in Cristo che è
‘la via, la verità e la vita’".
Tuttavia, ha
puntualizzato Benedetto XVI, la “grande proliferazione di incontri interreligiosi
nel mondo di oggi richiede discernimento”. Per “essere autentico – ha affermato -
tale dialogo deve essere un cammino di fede. Ed è necessario, per i suoi promotori
di essere ben formati nella loro fede e ben informati in merito a quella degli altri”:
“I
understand that during your discussions… Mi risulta che durante le
vostre discussioni sono state prese in considerazione alcune delle questioni pratiche
che riguardano i rapporti interreligiosi: l'identità dei partner nel dialogo, l'educazione
religiosa nelle scuole, le conversioni, il proselitismo, la reciprocità, la libertà
religiosa, e il ruolo di leader religiosi in società. Si tratta di questioni importanti
alle quali i leader religiosi, che vivono e lavorano in società pluraliste, devono
prestare la massima attenzione”.
E' per questo
motivo, ha proseguito il Papa, che “ho incoraggiato gli sforzi del Pontificio Consiglio
per il dialogo Interreligioso nell’organizzare corsi di formazione e programmi per
il dialogo interreligioso in favore dei diversi gruppi cristiani, specialmente per
i giovani seminaristi e per le persone che operano negli istituti di istruzione terziaria”.
Un incoraggiamento che il dicastero vaticano - secondo le parole del suo presidente,
il cardinale Jean Louis Tauran - si accinge a trasformare in un documento specifico:
delle “Linee guida” per le Chiese locali “che vivono in contesti plurietnici,
plurireligiose e pluriculturali”: “Interreligious collaboration
provides opportunities… La collaborazione interreligiosa offre l'opportunità
di esprimere i più alti ideali di ogni tradizione religiosa. Aiutare gli ammalati,
soccorrere le vittime di catastrofi naturali o della violenza, la cura per gli anziani
e i poveri: questi sono alcuni dei settori in cui collaborano persone di diverse religioni.
Incoraggio tutti coloro che si ispirano all'insegnamento delle loro religioni ad aiutare
i membri sofferenti di ogni società”. L'udienza
con il Papa ha dunque concluso, nella tarda mattinata di oggi, i lavori dell’Assemblea
plenaria del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, intitolata "Dialogo
in veritate et caritate: Orientamenti pastorali". Giovanni Peduto ha
chiesto al segretario del dicastero, l’arcivescovo Pier Luigi Celata, quali
sono stati gli obiettivi dell’incontro:
R. -
La plenaria ha avuto lo scopo di redigere alcuni orientamenti di natura pastorale
che potessero essere offerti ai vescovi come criteri di un discernimento per guidare
il dialogo interreligioso nelle rispettive diocesi, nelle rispettive Chiese. Spetta
ai vescovi, naturalmente, fare un discernimento avendo presenti le situazioni concrete
delle loro regioni, delle loro Chiese. Noi possiamo soltanto, in base ai principi
generali, offrire loro qualche criterio pratico in base all’esperienza che abbiamo,
che è stata qui rappresentata dai membri e dai consultori del Pontificio Consiglio.
Attraverso quattro gruppi di lavoro, siamo arrivati alla redazione di un documento
finale che è stato approvato, nelle sue linee essenziali, questa mattina. Un documento
che, naturalmente, ha due punti di riferimento essenziali, relativi proprio al tema
di questa plenaria: il dialogo nella carità e il dialogo nella verità. Infatti, la
prima relazione è stata svolta su questo primo elemento: dialogo nella verità; la
seconda, sul dialogo nella carità.
D. - Dialogare
nella verità e nella carità: un difficile equilibrio, eccellenza. A volte si fanno
sconti sulla verità, altre volte si manca di carità...
R.
- Questi due poli, questi due valori fondamentali – verità e carità – non possono
essere disgiunti l’uno dall’altro. Si richiamano, si intersecano e si misurano continuamente
a vicenda. Questo, nel dialogo interreligioso. Ma, del resto, nella vita matura di
un cristiano avviene la stessa cosa. Si potrebbe usare in proposito l’espressione
“veritieri nella carità”, come il relatore sul primo tema, quello della verità, ha
suggerito. Essere veri nella carità, nell’apertura di amore verso gli altri.
D.
- Giustamente, come lei ha detto, bisogna coniugare assieme nel dialogo verità e carità:
ma anche coniugare annuncio e dialogo non è facile...
R.
- A ben vedere, ogni annuncio presuppone un atteggiamento di dialogo, cioè di accettazione
dell’altro cui voglio annunciare, di rispetto per l’altro, per la sua identità così
come io vado scoprendola, nell’avvicinarlo, nell’incontrarlo. E nel medesimo tempo,
se questo annuncio vuole essere autentico, io devo presentarmi nella mia identità,
fedele a quello che sono. Se cristiano in dialogo con un non cristiano, la mia identità
- che è dono della grazia di Dio - deve essere in corrispondenza con questo dono:
è ciò che fa la mia identità, il mio essere concreto. Quindi, l’annuncio comporta
sempre una dimensione dialogica e il dialogo, a sua volta, comporta sempre l’annuncio
che, al minimo, può essere solo testimonianza, ma che è già un presentarsi, un dire
qualcosa. Può non esser detto come lo affermerebbe un evangelizzatore, ma è detto
attraverso uno stile di vita, attraverso una disponibilità a rendere testimonianza
della speranza che è in noi e che, nel dialogo sincero e autentico con l’altro, traspare
sempre.
D. - Nell’ambito del dialogo interreligioso,
quello con i musulmani è quanto mai importante, come ci ricorda il Santo Padre Benedetto
XVI...
R. - Sicuramente. Il Santo Padre, poco tempo
dopo la sua elezione, a Colonia, nell’agosto del 2005, ebbe proprio a sottolineare
l’importanza vitale del dialogo con i musulmani. Un’importanza che ha sempre avuto,
ma che oggi è esaltata dalla situazione sociale di molti Paesi: pensi al fenomeno
della globalizzazione nella comunicazione, negli spostamenti, nella migrazione eccetera.
Dunque, abbiamo oggi una situazione di incontro e di confronto con persone di altre
religioni - nel caso, con i musulmani - che prima non esisteva: qualche decennio fa
non si poneva, almeno in questi termini. Oggi, tutto ciò ci obbliga, proprio in forza
di quella identità che è nostra, specifica, cioè la carità. Nel dialogo non dimentichiamo
che tutto inizia sotto la spinta dell’amore che ci è donato dallo Spirito Santo: caritas
Christi urget nos. Lo Spirito Santo che ci è dato ci dona proprio questa apertura
verso l’altro, a non temere l’altro, a non aver paura dell’altro, ma anzi, a porsi
in atteggiamento di rispetto – minimo, la base – di ascolto, di comprensione, di conoscenza
dell’altro.
D. – Scendendo ora, eccellenza, sul
piano della praticità, ci sono iniziative concrete per il prossimo futuro, di cui
può accennarci?
R. – Il Pontificio Consiglio ha rapporti
regolari con diverse istituzioni musulmane, islamiche; continua da tempo questi rapporti
con incontri regolari, stabili e prefissati quanto al tema, le modalità, la sede eccetera.
Ultimamente, se n’è aggiunto uno a seguito dell’iniziativa ben nota e fatta conoscere
in abbondanza dalla stampa e dai mass media in generale, di questa lettera del novembre
scorso indirizzata al Santo Padre e ad altri capi di Chiese e comunità cristiane,
da 138 personalità musulmane, alle quali si sono aggiunte poi successivamente altre
personalità. A seguito di questa lettera, alla quale il Santo Padre tramite il suo
segretario di Stato dette risposta, manifestando apprezzamento, apertura, disponibilità
all’incontro e insieme precisando i criteri secondo i quali avremmo potuto incontrarci
e realizzare quel dialogo che la lettera auspicava, nel marzo scorso c’è stato un
incontro qui, presso di noi, presso il nostro dicastero, al quale il Santo Padre ha
affidato la realizzazione di quanto auspicato, prospettato, dalla Lettera dei 138
e dalla risposta del cardinale Segretario di Stato. Un incontro, questo qui, al nostro
dicastero, che ha permesso di delineare il quadro entro il quale avremmo potuto iniziare
un nuovo rapporto con questo gruppo di musulmani, con i loro rappresentanti. E’ stato
costituito un “Forum” cosiddetto cristiano-islamico, nell’ambito del quale a sua volta
abbiamo deciso di organizzare un primo seminario nel prossimo mese di novembre; seminario
al quale parteciperanno un certo numero di rappresentanti, di esponenti musulmani
e un certo numero di esponenti e di autorità religiose cattoliche. Il Santo Padre
si è detto disposto ad incontrare questo gruppo che si incontrerà per dialogare, discutere
insieme e il tema dell’incontro verterà proprio sul punto focale della Lettera dei
138, cioè l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Nei fondamenti teologici e spirituali,
questo tema sarà affrontato nel primo giorno del seminario; il secondo giorno invece
sarà dedicato piuttosto a studiare e riflettere insieme come l’amore di Dio e l’amore
del prossimo si riflettono, oggi, nel rispetto, nella considerazione che si ha, di
fatto, per la dignità di ogni essere umano, di ogni persona. Parlare di Dio, parlare
del prossimo nei principi è importante, ma guai se parlassimo di Dio senza poi parlare
del prossimo che noi incontriamo, della persona con cui siamo chiamati a camminare
e vivere insieme. Quindi, il rispetto per la persona umana, qualunque sia la sua fede,
la sua credenza, diventa come l’espressione dell’autenticità del mio amore per Dio.