2008-06-06 15:08:48

Ancora episodi di violenza nella Striscia di Gaza


Un militante dell'ala armata di Hamas è stato ucciso dall'esercito israeliano nel corso di un'incursione all'alba di oggi, a est della città di Gaza. In precedenza, nella notte, almeno dieci palestinesi erano rimasti feriti in un raid aereo israeliano contro un posto di polizia di Hamas a Beit Lahiya, nel nord della striscia di Gaza. In mattinata, invece, tre palestinesi - un ufficiale della polizia e due civili - erano morti nel rione di Sajaya, a Gaza, in un violento scontro armato fra un’unità antidroga di Hamas e esponenti di un’organizzazione armata, sospettata di traffico di narcotici. Sei presunti trafficanti sono stati arrestati e ingenti quantità di droghe sono state confiscate. Almeno quattro razzi sono stati sparati da miliziani palestinesi appostati nel nord della striscia di Gaza contro villaggi israeliani del Neghev. Non si ha notizia di vittime, mentre a quanto pare danni materiali sono stati registrati in un istituto scolastico della zona. Diverse persone sono rimaste in stato di shock.

Turchia
I vertici del Partito di radici islamiche Giustizia e Sviluppo, AKP, al governo in Turchia, sono stati convocati in una riunione d'emergenza questo pomeriggio per valutare il possibile impatto della sentenza emessa ieri dalla Corte costituzionale a proposito del velo negli atenei. La Corte ha annullato l'abrogazione, voluta dall'AKP, del divieto per le studentesse di indossare il velo negli atenei. È opinione diffusa che la decisione dell'Alta Corte abbia costituito il più grave colpo alle speranze del partito di evitare l'ordine di chiusura - da parte dello stesso tribunale - al termine di un procedimento che lo chiama a rispondere di ben 17 capi d'imputazione per asserite “attività antilaiche” contro lo Stato. Una delle 17 accuse mossegli è appunto quella di aver fatto abrogare il divieto del velo islamico (turban) negli atenei. La riunione, che ha inizio alle 15 (le 14 in Italia) è presieduta dal premier, Tayyip Erdogan. Secondo analisti locali, i vertici del partito - che rischia la chiusura e l'interdizione dalla politica di 71 suoi membri, tra cui lo stesso Erdogan ed il presidente della Repubblica, Abdullah Gul - potrebbero anche discutere della possibilità di indire elezioni anticipate.
 
Zimbabwe
A venti giorni dal secondo turno elettorale per le presidenziali in Zimbabwe, alcuni diplomatici americani e britannici sono stati trattenuti dalla polizia, ieri, per alcune ore “in stato di fermo”. Un episodio che ha portato ad un intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha richiamato il Paese al rispetto della convenzione di Vienna. Intanto da Bruxelles, il Commissario Europeo agli Aiuti Umanitari, Louis Michel, ha chiesto l’eliminazione immediata della sospensione delle attività delle Organizzazioni non Governative, decisa dal governo dello Zimbabwe. Sulla difficile situazione nel Paese africano, Salvatore Sabatino ha sentito Enrico Casale, esperto africanista della rivista internazionale missionaria “Popoli”: RealAudioMP3
 
R. – Credo che la situazione sia molto seria, perchè la tensione, soprattutto nelle campagne sta diventando veramente altissima. Il vero problema è che la polizia, l’esercito e le milizie di Mugabe stanno intervenendo nelle campagne per fare forti pressioni attraverso minacce, attraverso percosse, sulla popolazione, affinché voti il presidente Mugabe. La partita in gioco è altissima. Mugabe, questa volta, per la prima volta dopo 28 anni di potere, rischia di perdere il potere. Quindi, con lui rischia di uscire di scena un gruppo di potere che è rimasto al vertice del Paese dal giorno dell’indipendenza ad oggi. Questo gruppo di potere ha una forte presa sia sul sistema economico, gestendo il mercato nero, sia sulla società, e difficilmente lascerà il potere in modo democratico, in modo civile.

 
D. – Rispetto a quello che è stato il fermo di polizia per i diplomatici britannici e americani, abbiamo visto che c’è stato questo duro intervento da parte dell’ONU. Secondo te, che ricadute avrà?

 
R. – Non credo che avrà molte ricadute. Io voglio sottolineare che oltre al fermo dei diplomatici, c’è stato anche il fermo di Morgan Tsvangirai e di Modiwa, l’altro oppositore di Mugabe. Quindi, questo dimostra che l’attuale presidente non si ferma di fronte agli appelli. Sono più forti gli interessi che lui deve difendere, che sono interessi della classe politica, che gli è stata attorno da 28 anni a questa parte.

 
Darfur
Il Sudan ha deciso di bandire le ditte statunitensi da contratti con i peacekeeper internazionali in Darfur e di non rinnovare un contratto della società Lockeed Martin Corp. Ne ha dato notizia l'ambasciatore sudanese all'ONU, Abdalmahmud Abdalhaleem, all'inizio di una visita in Darfur di una delegazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. "Non daremo più permessi alle società americane in questo Paese per lavorare con la Missione in Darfur", ha dichiarato il diplomatico. Abdelhaleem ha aggiunto che il Sudan non rinnoverà un contratto della PA&E, sussidiaria al 100 per cento della Lockeed Martin, quando scadrà in luglio. I rapporti tra Sudan e Washington sono sempre più tesi, soprattutto da quando l'amministrazione USA ha utilizzato di continuo il termine "genocidio" per descrivere la situazione in Darfur, attribuendone la responsabilità al governo di Khartoum. In un colloquio con la delegazione dell'ONU, il presidente sudanese, Omar el Bashir, ha denunciato una “campagna brutale” contro Khartoum e difeso strenuamente il proprio Paese contro le accuse del procuratore del Tribunale penale Internazionale (TPI), secondo il quale il Sudan si rifiuta di collaborare e di consegnare due sospetti criminali di guerra del Darfur, Ahmad Harun e Al Kushayb. “Il mio Paese è bersaglio di una campagna ingiusta e deliberata - ha detto Bashir - questa campagna brutale ha tentato di esagerare e di deformare i fatti e ha offuscato l'immagine, il patrimonio e i valori del nostro popolo”.

Pakistan
La polizia pakistana ha arrestato stamattina sei presunti terroristi, tra i quali tre kamikaze, tra Rawalpindi e Islamabad. La notizia è stata riferita dal consigliere del ministro degli Interni, Malik, alla stampa, secondo la quale è stato anche dichiarato lo stato d'allerta a Islamabad e a Rawalpindi, città-satellite della capitale pakistana, sede dell'esercito. Poche ore prima, la polizia aveva bloccato tre auto che trasportavano circa 500 chilogrammi di esplosivo, con l'arresto di tre persone. I fermi sono stati resi possibili dal maggior numero di agenti di polizia dispiegati sul territorio dopo l'esplosione della bomba a Islamabad, il 2 giugno scorso, dinanzi all'ambasciata danese, che ha provocato 8 morti: attentato rivendicato da al Qaeda.

Russia- Ucraina
Il presidente russo, Dmitri Medvedev, e il collega ucraino, Viktor Iushenko, si sono incontrati oggi per un faccia a faccia a margine del vertice informale della CSI (Comunità di Stati indipendenti, l'organismo nato dalle ceneri dell'URSS), che si tiene oggi a San Pietroburgo in concomitanza con il Forum economico internazionale. Iushenko, riferisce l'agenzia Itar-Tass, ha detto di avere intenzione “di risolvere tutti i problemi che dividono la Russia e l'Ucraina”. Medvedev si è detto contento dell'incontro e sicuro che si risolveranno tutte le questioni. Dopo l’incontro fra il leader del Cremlino e il presidente ucraino, il ministro degli Esteri russo, Lavrov, ha fatto sapere che il prezzo del metano russo destinato all'Ucraina verrà “quasi raddoppiato” a partire dal primo gennaio del 2009. Stando a Lavrov, Iushenko si è dichiarato d'accordo, affermando che prima si passerà ai prezzi di mercato, meglio sarà per l'economia del Paese. Attualmente, Kiev paga 179,5 dollari per 1.000 metri cubi di gas, un prezzo di molto inferiore a quello praticato dal gigante monopolista russo Gazprom sui mercati europei. Al vertice della CSI, sono assenti solo il presidente kazhako, Nursultan Nazarbayev, che aveva già incontrato Medvedev ad Astanà, e il bielorusso Aleksandr Lukashenko, in un momento difficile dei suoi rapporti con la Russia, di cui un tempo la Bielorussia era alleato di ferro.

Negli Stati Uniti si parla dell’incontro Obama-Clinton
Si sarebbe svolto a casa della senatrice democratica, Dianne Feinsetein, a Washington l'incontro di ieri sera tra Barack Obama e Hillary Clinton: lo si legge sulla versione online del Washington Post a conferma che la location "segreta" dell'appuntamento non è stata la residenza nella capitale di Hillary, come riferito in un primo momento. Ma rimangono questi gli unici dettagli diffusi sull'incontro che per il resto rimane "segreto": Diversi media americani oggi concordano sulla versione secondo la quale l'incontro è avvenuto su richiesta della Clinton e alla presenza di pochi collaboratori dei due senatori. Una decisione dell'ultimo minuto, si deduce inoltre, visto che Obama, che sarebbe dovuto tornare direttamente a Chicago dopo un meeting elettorale in Virginia, ha lasciato partire senza di lui l'aereo che lo attendeva con a bordo il suo entourage e i giornalisti. La ex first lady sospenderà la sua campagna elettorale domani, offrendo il proprio appoggio ufficiale a Obama. Ieri, la campagna della Clinton ha ricordato in un comunicato che “la scelta del vicepresidente spetta al senatore Barack Obama” e che Hillary “non sta cercando la vicepresidenza”. Una dichiarazione che non intende comunque, secondo gli osservatori, togliere la Clinton dalla competizione, ma piuttosto rafforzare le sue possibilità di diventare la vice del senatore dell'Illinois nel ticket democratico per la Casa Bianca.

Al processo a Guantanamo, gli imputati dell’11 settembre cercano il martirio
Come Khalid Sheikh Mohammed, considerato il cervello degli attacchi dell'11 Settembre 2001 contro le Torri Gemelle e il Pentagono, anche altri quattro imputati incarcerati a Guantanamo hanno chiesto di non essere difesi e di essere uccisi, per trasformarsi automaticamente in martiri. L'ultimo dei cinque imputati presenti ieri in apertura del processo militare, Mustafa Ahmed al-Hawsawi, accusato di essere il finanziere di al Qaida, ha fatto la sua richiesta in serata, poco prima della sospensione della seduta. Nell'aula di Camp Justice, una struttura per i processi ai terroristi costruita nella base navale a Cuba, Mohammed, il pakistano che si è autoaccusato di aver pianificato l'11 settembre “dall'A alla Z”, ha fatto sapere di non volere l'assistenza dei legali scelti del Pentagono e di accettare solo la sharia, la legge islamica. Un processo è atteso solo tra alcuni mesi, forse a settembre, e potrebbe sfociare nella condanna a morte degli imputati.

Corea del Nord
Giappone e Corea del Nord terranno incontri informali a Pechino nel fine settimana, nell'ambito degli sforzi per riallacciare le relazioni bilaterali. Tra gli argomenti di discussione, i sequestri di cittadini nipponici organizzati da Pyongyang nel passato e le altre questioni ancora in sospeso per favorire la possibile ripresa del gruppo di lavoro bilaterale e i negoziati a sei, che coinvolgono Giappone, USA, le due Coree, Russia e Cina. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri, Masahiko Komura, precisando che un “alto rappresentante giapponese incontrerà il suo omologo della Corea del Nord per uno scambio di opinioni”. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

 

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 158

 
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