Serve maggiore solidarietà per affrontare l’emergenza alimentare: così, mons. Renato
Volante dopo le parole del Papa all’Angelus sulla fame nel mondo. La riflessione dell’economista
Riccardo Moro
La Santa Sede segue con particolare attenzione l’emergenza alimentare che da alcuni
mesi sta coinvolgendo molti popoli dei Paesi in via di sviluppo. “Chi si nutre del
Pane di Cristo - ha avvertito il Papa, domenica all’Angelus - non può restare indifferente
dinanzi a chi, anche ai nostri giorni, è privo del pane quotidiano”. Su questa emergenza,
Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di mons.Renato Volante,
osservatore permanente della Santa Sede presso la FAO:
R. -
La preoccupazione della Santa Sede nei confronti della malnutrizione è sempre stata
massima. La Santa Sede ha sempre cercato sia di mantenere viva nella comunità internazionale
l’attenzione verso questo problema, molte volte drammatico, sia di aiutare con le
sue organizzazioni di assistenza le popolazioni che vengono in un momento o nell’altro
colpite dalla fame e dalla siccità.
D. - Mons. Volante,
lei è intervenuto recentemente in Brasile ad una sessione della FAO per l’America
Latina, mettendo l’accento su un binomio: produzioni di biocarburanti-diritto all’alimentazione.
Ecco, può soffermarsi su questo punto?
R. - Indubbiamente,
in questo momento, in diverse parti del mondo parte della produzione, soprattutto
cerealicola, viene usata per la produzione di biocarburanti. Vi sono coloro i quali
affermano che in questa maniera si sottrae il cibo a quanti ne hanno bisogno, perchè
soffrono la fame, per destinarlo ad altri scopi. Altri, invece, affermano che quel
cibo per la mancanza della possibilità di trasportarlo verso i Paesi che soffrono
la fame andrebbe a marcire. Quindi, è meglio usarlo per produrre dei biocarburanti
che salvaguardano l’integrità ecologica della terra e che poi, oltretutto, siccome
la benzina di alcool è meno costosa, fanno diminuire i prezzi dei trasporti e perciò
è meno costoso trasferire i surplus di alimenti che vi sono in alcune zone
del mondo verso le zone dove c’è una mancanza di tali alimenti. Certamente, vi deve
essere il consenso che non è eticamente giusto usare gli alimenti per scopi diversi
da quello dell’alimentazione, fino a quando vi sono delle persone che hanno fame.
L’alimentazione, il cibo, è un diritto naturale fondamentale, mentre le altre cose
non lo sono.
D. - Cosa propone la Santa Sede per
affrontare questa situazione?
R. - Tutti gli uomini
e le donne della terra devono comprendere sempre meglio di essere membri della stessa
grande famiglia, di essere creature di Dio con uguali diritti e doveri. Per questo,
dobbiamo sentirci solidali con tutte le persone.
Per un’ulteriore analisi
di questo fenomeno che coinvolge milioni di persone, Alessandro Gisotti ha
intervistato l’economista Riccardo Moro,direttore della Fondazione
“Giustizia e Solidarietà” della CEI:
R. -
Credo che sia fondamentalmente un problema di distribuzione, di cattiva distribuzione
del prodotto, sia tra Nord e Sud del mondo che a livello regionale e locale. Sicuramente,
abbiamo un prodotto che non è aumentato, come è aumentata viceversa la domanda, in
ragione soprattutto della crescita demografica. Non è aumentato per diverse ragioni:
tra queste, la produzione di biocarburanti e la produzione di maggiori quantità di
mangimi. Di fatto, abbiamo avuto un aumento di prodotto anche cerealicolo per il cibo,
per il consumo alimentare umano, ma che non ha seguito la stessa dinamica dell’aumento
della domanda. Essendo mal distribuito, crea una situazione di emergenza.
D.
- Giovanni Paolo II notoriamente parlava di “globalizzazione della solidarietà”, Benedetto
XVI ha più volte richiamato la necessità di un cambiamento di mentalità. Cosa si può
fare di fronte a un fenomeno globale che forse esige delle risposte a livello globale?
R.
- Un po’ sorridendo, si potrebbe dire che si può prendere la Populorum progressio
- e così citiamo anche Palo VI - e usarla come agenda internazionale. Nella Populorum
progressio, ci sono già le intuizioni, spesso sviluppate e dettagliate concretamente,
su cui poi Giovanni Paolo II ha lanciato i suoi appelli e tutt’ora Benedetto XVI lancia
dei richiami. Vale a dire: un investimento forte sulla governance mondiale,
non lasciando fare al mercato ma usando il mercato perchè consenta una buona ed efficace
distribuzione, rispettando un criterio fondamentale che è quello di garantire a tutti
un’adeguata dignità della vita.