Israele detta le condizioni per la rimozione del blocco alla Striscia di Gaza
Israele collega la rimozione del blocco della striscia di Gaza (imposto un anno fa,
dopo il colpo di mano armato di Hamas) alla conclusione di uno scambio di prigionieri
con Hamas, che da due anni detiene il caporale israeliano, Ghilad Shalit. Lo ha riferito
la radio militare. L'emittente ha precisato che la proposta è stata avanzata dal dirigente
del Ministero della difesa che, attraverso i buoni uffici dell'Egitto, sta negoziando
una tregua con Hamas per la striscia di Gaza. Secondo la radio militare, Israele chiede
che l'Egitto intensifichi i contatti con Hamas per lo scambio dei prigionieri e, per
quanto concerne la tregua, che nel Sinai siano adottate misure tali da impedire il
traffico di armi verso Gaza. Ieri, il capo dello Shin Bet (sicurezza interna), Yuval
Diskin, ha rivelato che di recente Hamas ha ricevuto dall'Iran missili in grado di
colpire da Gaza anche città israeliane distanti decine di chilometri, come Ashdod
e Kiryat Gat. Intanto, Hamas fa sapere che il movimento sarà costretto ad esercitare
un'accresciuta pressione militare sui posti di valico con Israele per rompere l'isolamento
della Striscia di Gaza, se lo Stato ebraico continuerà ad avanzare “condizioni impossibili”
relative ad una tregua.
Iraq Sei persone uccise e altre 18 ferite,
questa mattina, a nord di Baghdad. L’attentatore suicida, a bordo di una motocicletta,
si è fatto saltare in aria nei pressi di un posto di blocco congiunto della polizia
e di membri del Consiglio del Risveglio, nella città a maggioranza sunnita di Tarimya,
circa 40 km a nord della capitale. Intanto, nella provincia di Salaheddin, nel centro-nord
del Paese, un soldato statunitense è rimasto ucciso e altri due feriti. Sale così
a 4.081 il bilancio dei militari americani morti in Iraq dall'invasione nel marzo
2003, secondo un conteggio dell'agenzia AFP.
Nucleare: Iran-Ue L'Alto
rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Unione europea, Javier Solana,
non ha ancora una data fissata, ma spera di potersi recare “molto presto” in missione
a Teheran, per presentare alle autorità iraniane la nuova offerta di incentivi proposta
dal gruppo 5+1 (i paesi del Consiglio di sicurezza ONU più la Cina) sul dossier nucleare
iraniano.
Nigeria L'esercito nigeriano ha smentito quanto rivendicato
oggi dai ribelli del MEND (il Movimento per la liberazione del delta del Niger), che
affermano in un comunicato di aver sabotato nell'area un oleodotto della Shell e di
aver ucciso in una sparatoria 11 soldati a bordo di un'imbarcazione armata. “Non c'è
stato alcun attacco all'oleodotto e nessuno dei nostri soldati è stato ucciso”, ha
detto un portavoce locale dei militari, Sagir Musa, che ha aggiunto: “Le affermazioni
(dei ribelli) sono palesi, bugie dette con il deliberato intento di guadagnare popolarità
e ingannare la gente”. Il MEND, che ha rivendicato numerosi attacchi a strutture della
fiorente industria petrolifera del delta del Niger e rapimenti di numerosi addetti
al settore, fra cui alcuni italiani, dichiara di lottare per porre fine all'ingiustizia
creata da decenni di sfruttamento delle risorse petrolifere a danno della poverissima
popolazione locale e dell'ambiente a vantaggio delle multinazionali straniere e dei
politici nigeriani corrotti.
Turchia Una deflagrazione si è prodotta
la scorsa notte, in Anatolia settentrionale, nella struttura di un gasdotto che porta
combustibile iraniano in Turchia. L'esplosione, di cui si ignorano ancora le cause,
è avvenuta in un tratto del condotto che attraversa la provincia di Agri, a 13 km
di distanza dalla frontiera con l'Iran e, come ha riferito il governatore locale Metin
Cetin, ha provocato un incendio. “Al momento attuale non abbiamo alcun indizio che
possa far pensare ad un attacco terroristico e riteniamo piuttosto che si sia trattato
di un incidente”, ha detto Cetin. Da parte sua, il ministro dell'Energia, Hilmi Guler,
ha affermato che l'incendio è sotto controllo ma non ha aggiunto altri dettagli. Secondo
fonti dell'azienda statale Botas, che gestisce il gasdotto, si sarebbe trattato invece
di un sabotaggio quasi certamente ad opera di ribelli curdi separatisti del Partito
dei Lavoratori del Kurdistan (PKK, fuorilegge per la Turchia), attivi nella zona.
Etiopia L'ex dittatore etiopico, Menghistu Haile Mariam, è stato
condannato a morte in appello insieme ad altri 18 alti responsabili del suo regime.
Menghistu è stato condannato in contumacia. La Corte suprema di Addis Abeba ha deciso
di accogliere la richiesta del procuratore della Repubblica che la pena dell'ergastolo
sia sostituita dalla pena capitale per Menghistu e per gli altri coimputati. L'ex
dittatore etiopico, che dalla caduta del suo regime nel 1991 vive in esilio nello
Zimbabwe, era stato riconosciuto colpevole in primo grado, con sentenza del 12 dicembre
2006, di “genocidio” perpetrato durante il periodo del cosiddetto “Terrore rosso”,
nel 1977-78.
Zimbabwe Il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe,
accetterebbe l'eventuale sconfitta nel turno di ballottaggio dele presidenziali previsto
per il prossimo 27 giugno. È quanto riporta oggi il quotidiano di Stato 'The Herald',
citato da 'Radio Nairobì. La posizione di Mugabe - 84 anni, al potere dall'indipendenza
del Paese nel 1980 - viene riferita da Emmerson Mnangagwa, uno dei leader del partito
del presidente, lo Zanu-Pf, che per la prima volta dall'indipendenza è uscito sconfitto
nelle elezioni parlamentari. È stato superato, infatti, dal Movimento per il Cambiamento
Democratico (MDC), il cui leader è Morgan Tsvangirai, 54 anni, l'uomo che il 27 giugno
si confronterà con Mugabe. Ufficialmente, gli sono stati accreditati il 2 maggio scorso
(si era votato il 29 marzo) il 47,9% dei voti, il 43,2% al vecchio presidente. Ma
il MDC ha contestato tali dati, affermando che Tsvangirai aveva superato il 50% al
primo turno. Respinto all'inizio, infine il ballottaggio è stato accettato e sabato
scorso Tsvangirai è rientrato in patria, da dove si era allontanato l'otto aprile.
Nel frattempo, c'erano state estese violenze contro i sostenitori dell'MDC, soprattutto
nelle aree rurali ed era stato anche denunciato un complotto dell'intelligence
militare per uccidere Tswangirai. Ieri, poi, Mugabe ha minacciato di espellere l'ambasciatore
USA, che accusa di indebita ingerenza negli affari interni dello Zimbabwe.
Giornata
per l’Africa in Italia Il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano,
ha assicurato la sua vicinanza alle autorità impegnate a liberare i due cooperanti
italiani rapiti giorni fa in Somalia. Lo ha detto alla cerimonia per la celebrazione
della Giornata per l'Africa. Il capo dello Stato ha espresso “l'estrema preoccupazione
per la crescita sfrenata dei prezzi delle derrate alimentari che sta seriamente minacciando
l'equilibrio economico di molti Paesi e ostacolando i programmi di lotta alla poverta”'.
La crescita dei prezzi alimentari, ha aggiunto, è “una nuova grave sfida” e i consumatori
africani, in un quadro aggravato dall'aumento dei prezzi dell'energia “hanno meno
risorse di altri per difendersi”. Napolitano ha invitato a “riflettere seriamente”,
a cercare misure correttive ed ha indicato nella Conferenza della FAO, che si svolgerà
a Roma la prossima settimana, “un importante momento per riflettere su tali problematiche
e per delineare possibili linee di azione”. Il presidente della Repubblica ha assicurato
che interverrà alla Conferenza, annunciando che l'"Italia ha l'ambizione di assumere
un ruolo-guida nella messa a punto delle strategie che dovranno essere adottate per
affrontare il problema della fame e della riduzione della povertà".
Serbia Trend
positivo confermato per le forze europeiste serbe anche nell'importante regione della
Vojvodina, stando ai risultati del secondo turno del voto locale resi noti oggi. A
differenza di quanto è accaduto con le elezioni dell'11 maggio scorso per il parlamento
nazionale - conclusesi con l'avanzata del blocco del presidente serbo Boris Tadic,
ma senza l'indicazione di una maggioranza certa - in Vojvodina lo schieramento filo-europeo
è riuscito conquistare la maggioranza assoluta nell'assemblea locale con 64 seggi
su 120.
Accordo tra UE e Bosnia per la liberalizzazione dei visti L'Unione
Europea e la Bosnia Erzegovina hanno firmato l'accordo sulla liberalizzazione dei
visti, un processo che ha come obiettivo di arrivare alla libera circolazione dei
cittadini bosniaci nei Paesi dell'UE. Per giungere a un regime facilitato di visti,
Sarajevo dovrà seguire una “road map” che Bruxelles presenterà nelle prossime settimane
e che prevede l'adozione di passaporti biometrici, la gestione efficace delle frontiere
esterne, la lotta all'immigrazione clandestina e alla corruzione e il rispetto dei
valori democratici. “L'apertura del dialogo sui visti è un concreto esempio di dialogo
con l'UE, il cammino della procedura ora dipende dalla capacità della Bosnia di adottare
le riforme necessarie”, ha detto il commissario alla Giustizia, Libertà e Sicurezza,
Jacques Barrot. Per il premier bosniaco, Nikolas Spiric, la firma dell'accordo sui
visti “rafforza la convinzione europeista dei cittadini bosniaci - ha detto ai giornalisti
a Bruxelles - e per questo il nostro governo comincerà da subito con lo stringere
accordi bilaterali per le riammissioni di clandestini”.
Georgia Manifestazione
di circa 10 mila persone a Tbilisi, davanti al parlamento della Georgia, contro i
risultati delle elezioni legislative del 21 maggio che hanno visto la vittoria del
Movimento nazionale unito del presidente Saakashvili. I manifestanti hanno accerchiato
l'edificio del parlamento denunciando brogli e chiedendo l'annullamento della consultazione.
Osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE),
avevano riscontrato pressioni indebite e un’eccessiva mobilitazione dell'apparato
statale a favore del partito del presidente. Per oggi, è atteso l'annuncio dei risultati
definitivi. Saakashvili ha respinto le critiche dell'opposizione, ma si è però detto
pronto al dialogo.
UE-Russia I ministri degli Esteri della UE hanno
approvato il mandato negoziale per un nuovo accordo di partenariato strategico tra
la UE e la Russia. Ciò consente all'Unione Europea di lanciare i negoziati durante
il vertice UE-Russia, previsto in Siberia il 26 e il 27 giugno, il primo al quale
parteciperà il nuovo presidente russo, Dmitri Medvedev. L'accordo mette fine a 18
mesi di blocco delle trattative tra Bruxelles e Mosca - prima impedite dalla Polonia
come ritorsione all'embargo russo sulla carne polacca, poi dalla Lituania che, per
togliere il proprio veto, ha chiesto di accludere all'intesa una dichiarazione sui
problemi dell'energia. L'Unione Europea intende negoziare con la Russia un ampio accordo
strategico di partenariato, incluse nuove relazioni commerciali, economiche ed in
campo energetico.
Oggi in Russia, giornata dell’imprenditoria Esattamente
20 anni fa, in Unione Sovietica venne approvata una legge sulle cooperative che apriva
per la prima volta la strada all'imprenditoria privata. Per ricordare quel giorno,
un decreto presidenziale dello scorso ottobre stabilisce oggi la festa dell'imprenditoria
russa. Lo scrive il quotidiano Nezavisimaia Gazetà, ricordando anche l'inaugurazione
di un monumento al celnok, il commerciante che faceva la spola con grandi borsoni
nei Paesi dove i prodotti erano a buon mercato (soprattutto Cina e Turchia) per rivendere
la merce in Russia. Una statua in bronzo raffigurante un celnok con le sue
enormi sporte è stata eretta a Blagoveshensk, nell'estremo oriente russo al confine
con la Cina. In occasione della festa, il centro demoscopico Levada ha reso noto un
sondaggio condotto su un campione di 1.500 russi per sapere come i cittadini vedono
l'imprenditoria. Il 50% degli intervistati la considera utile per il Paese, ma resiste
un 33% di nostalgici che considerano i businessmen dannosi.
Turkmenistan Come
era avvenuto in Unione Sovietica con la "destalinizzazione", così in Turkmenistan
stanno gradualmente scomparendo i numerosissimi ritratti del defunto "turkmenbashì"
(padre dei turkmeni), Saparmurat Nyazov, cultore fino al ridicolo della propria personalità.
Il nuovo presidente, Gurbaguli Berdemukhamedov - scrive il quotidiano Vremia Novostei
- non ha mai menzionato il predecessore in un discorso sulle riforme costituzionali
che intende apportare nel Paese, cosa fino a qualche tempo fa impensabile. Non solo,
si pensa a una riforma monetaria per far sparire da monete e banconote il profilo
del Turkmenbashi. È andato già da qualche tempo in soffitta il calendario "personalizzato"
di Nyazov e sono crollate le vendite del libro "Rukhnamà", i pensieri mistici del
dittatore, la cui doppia lettura - secondo l'autore - avrebbe dovuto garantire il
paradiso a chi la eseguiva. Resta ancora nel centro di Ashkhabad, la capitale turkmena,
l'immensa statua dorata che lo raffigura, seguendo il sole, ma sarà presto spostata
in periferia. Il Turkmenistan - con Kazakhstan, Tagikistan, Uzbekistan e Kirghizistan
- è una delle Repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale, divenute indipendenti
all'inizio degli Anni Novanta dopo la dissoluzione dell'URSS. Colombia Le
Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC) hanno confermato ieri la rivelazione
fatta dal governo colombiano sulla morte del comandante guerrigliero, Manuel Marulanda
Velez, annunciando che le redini sono state assunte da Alfonso Cano. La notizia del
decesso del leggendario guerrigliero di 78 anni era stata affidata dal ministro della
Difesa a un settimanale che, sembra, l'ha diffusa on line prima di quanto concordato,
scavalcando il presidente Alvaro Uribe per un annuncio di grande importanza. Il capo
dello Stato ha ricordato che “esistono 100 milioni di dollari a disposizione dei guerriglieri
che decidano di abbandonare la selva e consegnare gli ostaggi nelle loro mani” e che
“il governo studia meccanismi come l'amnistia per favorire questi gesti, con la possibilità
anche di un trasferimento in Francia”. Ha rivolto un appello al nuovo comandante della
guerriglia, l’intellettuale Cano, e al capo del dispositivo militare delle FARC, chiedendo
di “approfittare dell’opportunità che offre il governo per imboccare la via della
pace”. Sul significato che assume per la Colombia la morte di Manuel Marulanda, ascoltiamo
Maurizio Chierici, esperto di America Latina che segue le vicende del sequestro
Betancourt, intervistato da Giada Aquilino:
R.
- Credo che sia la fine di un’epoca. Ciò non vuol dire che le FARC siano per sempre
battute e svaniscano. Ma Marulanda rappresenta un tipo di ribellione che non ha dato
frutti. Si è aggrappato ai narcos, gestendo i territori colombiani come un
capo di Stato. Poi, addirittura, è entrato nel traffico della droga. Quando gli Stati
Uniti si sono impegnati per schiacciare questo traffico, una parte dei soldi necessari
ad alimentare la guerriglia è stata raccolta attraverso i rapimenti ed è nata una
nuova industria - davvero deleteria - che ha sconvolto il Paese. Oggi, l’“eredità”
di Marulanda è rappresentata da 4 milioni di profughi, che né il governo duro di Uribe
e né le FARC ammettono: ognuno riversa la responsabilità sull’altro. Si tratta di
persone sradicate, si parla in particolare di 3-400 mila ragazzi che non sanno quale
futuro li aspetta. Solo la Caritas è stata la prima ad assisterli e a lanciare questo
allarme.
D. - Cosa cambierà con il nuovo capo delle FARC?
R.
-Il nuovo capo della FARC, Alfonso Cano, è un antropologo, laureato a Bogotà. Il suo
profilo è completamente diverso da quello di Tirofijo. È un uomo politicizzato ed
è anche l’uomo del dialogo.
D. - Il presidente Uribe
ha ribadito che c’è una ricompensa per i guerriglieri che riconsegneranno gli ostaggi.
Ci sono speranze per i sequestrati, come Ingrid Betancourt?
R.
- Ieri ho parlato con la madre di Ingrid Betancourt, Iolanda, e ho fatto la stessa
domanda. Era molto preoccupata. Continua a sperare in una mediazione, sempre con i
soliti protagonisti: Chavez, Correa e Sarkozy. E ha concluso dicendo: “Mia figlia
non è né nelle mani delle FARC, né nelle mani di Uribe, è nelle mani di Dio”.
Cina-Taiwan Il
presidente del Kuomintang, il partito al potere a Taiwan, arriva in Cina per una visita
di sei giorni. L'isola è di fatto indipendente dal 1949, ma Pechino afferma che è
“parte integrante” del proprio territorio. La visita del presidente, Wu Poh-hsiung,
sancisce il miglioramento delle relazioni seguito all'elezione a presidente del leader
del Kuomintang, Ma Ying-jeou. Il Partito comunista al potere a Pechino ed il Kuomintang
(o Partito nazionalista) sostengono entrambi l'esistenza di “una sola Cina”. Il Kuomintang
ritiene però che la riunificazione potrà avvenire solo dopo che a Pechino sarà stato
istituito un sistema democratico. Ma ha proposto una serie di misure per “la costruzione
della fiducia reciproca” che hanno avuto un'accoglienza favorevole a Pechino. Wo visiterà
Nanchino, Shanghai e Pechino, dove incontrerà il presidente cinese Hu Jintao.
Tibet Il
Dalai Lama ha affermato - in un'intervista al Financial Times, che ne riferisce sul
suo sito on line - che sta perdendo il sostegno di numerosi suoi seguaci in
Tibet, a causa del rifiuto del governo di Pechino di concludere un accordo con lui
sul futuro del Tibet. Il leader spirituale dei tibetani ha inoltre espresso la speranza
che la Cina cominci con i suoi rappresentanti nel giro di alcune settimane serie trattative
su una maggiore autonomia per il territorio. Ma ha aggiunto che tibetani più radicali,
favorevoli a un confronto violento con la Cina, stanno perdendo sempre più la fiducia
nella sua strategia di ottenere autonomia attraverso un dialogo pacifico. A una domanda
se stesse perdendo il controllo dei suoi sostenitori, il Dalai Lama ha risposto: “Sì,
naturalmente. I miei sforzi per arrivare a risultati concreti sono falliti, quindi
le critiche sono diventate sempre più forti”. Il Dalai Lama ha poi ripetutamente ribadito
il suo rifiuto della violenza: “Dobbiamo perseguire la giusta causa” per il Tibet,
“seguendo i principi della non violenza”, ha detto. “Se la violenza finirà fuori controllo
- ha aggiunto - la mia unica scelta sarà di dimettermi”. Ha poi avvertito che recentemente
molti tibetani hanno mostrato “chiari segni di frustrazione” per a mancanza di progressi
con le autorità cinesi.
Australia Oggi, in Australia, si celebra
il “Sorry Day” (Giornata delle scuse, ma anche del dispiacere), che dà inizio a una
settimana di eventi culturali e di meeting in tutto il Paese, incentrati sulla strada
da seguire verso la riconciliazione fra australiani indigeni e bianchi. Sono in programma
mostre d'arte e fotografiche, dimostrazioni della cultura aborigena, concerti e dibattiti
e l'accento quest'anno si sposta dalla richiesta di scuse (già date anche dal premier
laburista, Kevin Rudd, lo scorso febbraio) a quella di risarcimenti per le passate
sofferenze inflitte alla popolazione aborigena. Un colorito e rumoroso corteo attraverso
il centro di Sydney ha dato il via alla Settimana della riconciliazione, presentata
come una celebrazione dei primi australiani, uno sguardo ai loro successi e un dibattito
su come continuare a rimuovere le situazioni di svantaggio. Dopo le scuse formali
presentate dal premier laburista Rudd, in contrasto con la linea di chiusura tenuta
dal precedente governo conservatore, quella di quest'anno è una celebrazione improntata
all'ottimismo, non più un'espressione di rabbia e di frustrazione come lo è stata
per gli ultimi 10 anni. All'apertura del nuovo parlamento Rudd aveva chiesto scusa,
a nome dei governi anche passati, alle generazioni rubate, le decine di migliaia di
aborigeni sottratti da bambini alle madri fra il 1915 e il 1970 per essere assimilati
nella società bianca. Molti leader aborigeni hanno rinnovato la richiesta di riparazioni,
di indennizzi per gli individui e di finanziamenti, per servizi “culturalmente appropriati”
e assistenza anche psicologica per le vittime. Secondo la direttrice di Reconciliation
Australia, Shelley Reys, il nuovo umore seguito alle scuse di Rudd ha risollevato
lo spirito della nazione. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 147 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.