L'arcivescovo di Johannesburg: la violenza xenofoba, nuovo apartheid
Non si placa l’ondata di violenza xenofoba in Sudafrica costata la vita a più di 40
persone. Dopo Johannesburg e Durban, episodi gravi si sono verificati anche a Città
del Capo dove numerose persone hanno attaccato case e saccheggiato negozi di immigrati,
provenienti in particolare da Somalia e Zimbabwe. Il presidente Mbeki ha inviato nelle
aree più "calde" circa 200 militari e sono oltre 500 gli arresti eseguiti nei giorni
scorsi. Al microfono di Linda Bordoni, l’arcivescovo di Johannesburg, mons.
Buti Joseph Tlhagale, parla di “una nuova mentalità di apartheid” che sta uccidendo
il Sudafrica:
R. - 14 years,
down the road, young people are also involved in this criminal... Ci sono
anche ragazzi di 14 anni per le strade coinvolti in questi atti criminali che arrivano
all’assassinio. E se è vero che sta iniziando a prendere piede una mentalità “etnica”,
una mentalità del “ghetto”, è vero che la gente inizierà a fare discriminazioni in
base alla lingua e al Paese d’origine. Il muro che abbiamo abbattuto quando la democrazia
è entrata in Sudafrica sta per essere ricostruito e si sta creando un nuovo apartheid.
Bisogna opporsi a questo, perché tanta gente è morta per fare del Sudafrica un solo
Paese, unito pur con tante e diverse etnie. Dobbiamo bloccare l’introduzione di un
nuovo sistema di apartheid.
D. - Lei, come sudafricano,
ha chiesto perdono…
R. - I think probably Southafricans
are becoming complacent… Penso che i sudafricani, probabilmente, stiano
diventando compiacenti: compiacenti di fronte alla mancanza di rispetto per gli altri.
Non si prende alcuna iniziativa per cercare di risolvere queste violenze. E’ un tempo
molto triste quello che stiamo vivendo come cittadini di questo Paese, perché permettiamo
che alcuni nostri connazionali compiano tali indegne violenze contro altre persone.
E perciò, come Paese e come cittadini sudafricani ci vergogniamo di questi atti e
alle persone che hanno subito violenza dobbiamo chiedere perdono.