2008-05-22 15:09:24

Violenza xenofoba in Sudafrica: la testimonianza di un missionario scalabriniano


Non cessa l'ondata di violenze xenofobe in Sudafrica. Nella notte un cittadino del Mozambico è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nella provincia orientale di Mpumalanga. Fonti locali riferiscono di auto incendiate e di saccheggi in negozi gestiti da somali, mentre centinaia di immigrati originari dello Zimbabwe, Somalia e Mozambico hanno cercato rifugio nei commissariati. Il presidente Thabo Mbeki ha disposto il dispiegamento dell’esercito al fianco dei poliziotti per tentare di sedare le violenze, che in una decina di giorni hanno provocato la morte di 42 persone. Sulla drammatica situazione in Sudafrica, ascoltiamo la testimonianza di padre Mario Tessarotto, missionario scalabriniano, che da anni si occupa a Città del Capo di immigrati e rifugiati. L’intervista è di Salvatore Sabatino:RealAudioMP3


R. – Adesso c’è la miseria. Ci sono almeno 4 milioni di persone affamate, che si sono riversate in Sudafrica, creando una situazione, soprattutto nelle zone vicino a Johannesburg, di grande difficoltà.

 
D. – La situazione dunque è ancora tesa...

 
R. – E’ ancora tesa a Johannesburg. Qui abbiamo riunioni sopra riunioni per cercare di evitare le violenze nella zona di Città del Capo.

 
D. – Voi cosa avete deciso di fare per aiutare queste persone concretamente?

 
R. – Noi andiamo sul posto. Io lavoro con i rifugiati. So che durante l’ultimo attacco ai somali, a 140 km dal Capo, la polizia se ne stava a guardare. Allora, dopo le nostre rimostranze - perché io ho deciso di accusare il capo della polizia presso il ministero e presso il suo capo qui a Città del Capo - hanno mandato qualcuno per cercare di calmare la gente. Ma questi, quando la polizia se ne va, riattaccano.

 
D. – Insomma, c’è il rischio concreto che gli scontri possano infiammare anche il resto del Paese?

 
R. – Non credo, perché sono solo gli scalmanati dell’ANC. La maggioranza della popolazione sudafricana è completamente avulsa e contraria a questo. E quello che non ricordano i capi dell’ANC è che loro stessi sono stati rifugiati in altri Paesi e sono stati accolti bene. Qui, invece, non fanno niente per insegnare alla gente che queste cose non si fanno.







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