2008-05-22 09:24:41

Il cardinale Martino all'Università Politecnica di Ancona: le differenze non ostacolino il dialogo


Le diversità sociali, economiche e politiche e le marcate differenze culturali e religiose non devono costituire un ostacolo alla reciproca comprensione e ad una fattiva collaborazione tra i popoli e le nazioni del mondo. Lo ha detto il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, parlando ieri pomeriggio all’Università Politecnica della Marche in Ancona. Rivolgendosi al corpo accademico, agli studenti e alle numerose personalità civili e religiose intervenute all’assise, il porporato ha ricordato che la Chiesa riconosce in tutte le culture semi di verità e valori autenticamente umani e umanizzanti e quindi apprezza e favorisce con tutti i suoi mezzi un dialogo fruttuoso con esse per meglio servire il bene integrale di tutti gli uomini. Per la Chiesa ciò costituisce un dovere e una sfida cui non può rinunciare.

La Chiesa inoltre auspica che un dialogo si realizzi tra i diversi gruppi sociali, particolarmente quando ci sono divergenze da ricomporre. A tal fine il cardinale Martino, citando il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, ha rilevato che il dialogo deve favorire la dignità integrale della persona umana e che la vita sociale è un campo particolarmente propizio per istituire tale dialogo, soprattutto quando le sfide che abbiamo di fronte si manifestano con il volto terrificante della violenza terroristica. Ma ciò non basta: dal dialogo si deve passare alla cooperazione, che è lo strumento di cui dispongono le relazioni internazionali per garantire una solidale comprensione e concreta unità d’azione tra gli Stati, le organizzazioni interstatali e gli enti non governativi. Per raggiungere tale risultato – ha sottolineato il presidente di Giustizia e Pace nel suo discorso all’Università Politecnica delle Marche – è però necessario colmare il divario provocato dai diversi gradi di sviluppo, sia a livello economico sia sul piano della forza politica e della capacità degli Stati di partecipare alle relazioni internazionali come protagonisti.

Il porporato ha quindi insistito sul concetto che la collaborazione allo sviluppo di tutto l’uomo e di ogni uomo è un dovere di tutti verso tutti e va realizzata in ogni parte del mondo altrimenti non può avvenire che a spese delle altre. Va concepita in senso integralmente umano, cioè non limitarsi ai contenuti economici ma abbracciare anche la dimensione spirituale, con rispetto di tutti i diritti fondamentali della persona e tra questi, in particolare, quelli inerenti alla coscienza umana. Auspicando un’equa concertazione mondiale per lo sviluppo, capace di superare ogni posizione di prepotenza e di asservimento, il cardinale Martino ha sottolineato che, pensata come seme di pace, la cooperazione internazionale non si può ridurre all’aiuto e all’assistenza, addirittura mirando ai vantaggi di ritorno per le risorse messe a disposizione, ma deve esprimere un impegno concreto e tangibile di solidarietà, tale da rendere i poveri protagonisti del loro sviluppo e consentire al maggior numero di persone di esplicare, nelle concrete circostanze in cui vivono, la creatività tipica dell’essere umano, da cui dipende la vera ricchezza delle nazioni.







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