2008-05-21 15:31:45

Al Festival di Cannes i documentari continuano a riscuotere molti consensi


Cannes, quattro giorni al Palmarés. Mentre si avvicina sempre più l’ora dei verdetti che possono costituire il successo mondiale di un film o il suo oblio, mentre il nuovo Spielberg, “Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skulls”, si conferma un’inesauribile macchina di spettacolo, improvvisamente entra in scena il documentario. Anche sulla Croisette continua infatti l’irresistibile ascesa di questa forma trasversale di cinema, che coniuga l’elemento narrativo con uno sguardo profondo rivolto alla realtà degli uomini. Non è solo “24 City” di Jia Zhangke a stupire. Anche “La vie moderne” di Raymond Depardon e “Je veux voir” di Joana Hadjithomas e Khalil Joreige ci lasciano commossi e pensosi. Se il regista francese testimonia della fine del mondo contadino in una regione impervia e magnifica come le Cevennes, fissando sulla pellicola la laconicità e lo sguardo saggio dei vecchi, i due cineasti libanesi attuano un’operazione inconsueta, seguendo una star come Catherine Deneuve, in una visita umanitaria nel Sud del Paese, distrutto dalla guerra; e tramite il suo sguardo, il suo attonito stupore, ci trasmettono l’immagine di un dolore senza fine. Se il documentario impressiona, fra i titoli della Competizione, laddove deludono lo stereotipato “Two Lovers” di James Gray e l’inconcludente “Delta” di Kornel Mundruzco, si impongono come seri candidati alla vittoria finale “Le silence de Lorna” di Luc e Jean-Pierre Dardenne e soprattutto “Changeling” di Clint Eastwood. Raccontando degli intrighi di un tassista belga senza scrupoli e di una giovane immigrata albanese, che usano la pratica matrimoniale per ottenere la cittadinanza e riciclarla a fini di lucro, “Le silence de Lorna” impone sin dalla prima inquadratura una doppia lettura, al contempo etica ed esistenziale: l’insistenza sul passaggio del denaro, sul suo potere di corruzione, sul traffico dei corpi che ne consegue, sulla mancanza di coscienza che governa il tutto e sull’amore come unico rimedio alla muta violenza del consumo e del profitto, ne fanno un film esemplare. Così come esemplare e controcorrente è la scelta della protagonista di salvare la vita che porta in grembo, in una fuga di fatica e di redenzione. Ancora più radicale è il messaggio di Clint Eastwood, che racconta una storia degli anni 20, alludendo alla contemporaneità. La storia è vera. Nel 1928, in una Los Angeles dominata da una polizia violenta e corrotta, un bambino scompare mentre la madre è al lavoro. Le ricerche, condotte in modo sbrigativo, portano al ritrovamento di un altro bambino che le autorità, per chiudere il caso rapidamente, impongono alla madre come se fosse suo figlio. La testardaggine della donna porterà a scoprire non solo la presenza di un serial killer, ma anche a rivelare all’opinione pubblica il comportamento criminale delle forze dell’ordine. “Changeling” non è solo un film esemplare sul piano della messa in scena e dell’interpretazione, ma anche un durissimo atto d’accusa contro l’uso personale del potere politico, a qualunque epoca esso appartenga. Eastwood ci convince perché crede in quello che fa: crede nei valori umani, nella responsabilità civile e morale, nel potere salvifico della speranza. È questa fede a rendere il film universale e indimenticabile. (Da Cannes, Luciano Barisone)RealAudioMP3







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