Testimoni di speranza, all’insegna del coraggio e della generosità: l’impegno dei
Fatebenefratelli in Vietnam
Coraggio, generosità, creatività: sono le doti che, accomunate dalla fede, hanno contraddistinto
l’opera di Fatebenefratelli in Vietnam. Malgrado le vicissitudini dolorose che hanno
segnato la storia vietnamita, l’Ordine Ospedaliero di San Giovanni ha mantenuto in
questo Paese la sua presenza, proseguendo instancabilmente nella sua opera di amore
cristiano verso i sofferenti. Sulla storia di questo coraggioso gruppo di religiosi,
Alessandro Gisotti ha intervistato il segretario generale dei Fatebenefratelli
Fra Gian Carlo Lapić:
(musica)
R.
– L’Ordine, in Vietnam, davvero ha patito molte sofferenze lungo i suoi ultimi cinquant’anni
di storia, durante e dopo la guerra che è terminata, come tutti sappiamo, nel 1975
con l’unificazione del Paese sotto regime comunista, anzitutto con la nazionalizzazione
di scuole e ospedali, compreso anche il nostro ospedale di Bien Hoa. Quando i confratelli
canadesi furono costretti a lasciare il Vietnam per queste vicissitudini, nel 1975,
un piccolo gruppo di confratelli vietnamiti rimase completamente isolato. Però, poco
a poco alcuni di loro iniziarono a lavorare nell’ospedale come dipendenti, ma ovviamente
non potevano assolutamente pronunciarsi né sulla gestione né sull’amministrazione
di quel nosocomio che prima apparteneva all’Ordine. Inoltre, i giovani confratelli
non potevano esercitare nessuna forma di apostolato. Il regime, per impedire che potessero
esercitare il loro apostolato, ha fatto costruire un muro tra la casa dei confratelli
e la struttura ospedaliera.
D. – I vostri confratelli
hanno fatto ricorso anche all’ingegno per superare queste grandi difficoltà in Vietnam
...
R. – E’ vero. Malgrado queste vicissitudini,
l’Ordine non è soltanto riuscito a sopravvivere, ma è cresciuto grazie ad un piccolo
gruppo di questi uomini e grazie, possiamo dire anzitutto, alla loro risposta generosa.
I nostri confratelli, certo, non sono rimasti a guardare. Privati delle medicine occidentali
e senza ospedali né strutture sanitarie proprie, hanno concentrato i loro sforzi sviluppando
forme tradizionali di trattamento, ad esempio nel campo dell’erboristeria e dell’agopuntura
e altre pratiche riabilitative, ottenendo risultati notevoli. Di fronte all’evidenza
di questo bene, neanche il governo ha potuto impedire la loro attività e perciò li
ha riconosciuti come esperti in questo campo ed ha concesso loro una licenza per esercitare
ed aprire una propria clinica di medicina tradizionale a Tambien. In questo centro,
quasi ogni giorno arrivano 300 pazienti per la maggior parte poveri.
D.
– Da sempre il nome “Fatebenefratelli” richiama la cura dei malati. Come si testimonia
la speranza cristiana a chi soffre in un contesto non sempre facile, come quello vietnamita
...
R. – Testimoniare la speranza cristiana, cioè
il volto di un Dio misericordioso che ama i suoi figli e si prende cura delle sofferenze
umane in un contesto anche a volte ostile, come era quello vietnamita, vuol dire anzitutto
prendersi cura dell’altro, del bisognoso, con la dedizione gratuita, possiamo dire
unicamente animata dalla fede in Gesù; è il gesto che esprime l’amore ma nello stesso
tempo rimanda oltre ed è capace davvero di dare la speranza.