Italia: il "no" delle ACLI all'ipotesi di introdurre il reato di immigrazione clandestina
Sempre più vivace in Italia il dibattito sulla sicurezza e sull’immigrazione clandestina.
Oggi il ministro dell'Interno Roberto Maroni nel suo intervento a Roma per la Festa
della polizia ha detto che “è il momento di intervenire con fermezza per evitare che
la rabbia prevalga sulle regole della convivenza civile” e perché non si ripetano
più episodi definiti “di ingiustificabile violenza” come l’aggressione ai campi nomadi
di Ponticelli, a Napoli, dopo il tentativo di rapimento di una neonata da parte di
una giovane “rom”. Ieri le forze dell’ordine hanno eseguito centinaia di arresti in
tutta Italia per rapina, spaccio di droga, prostituzione e immigrazione clandestina.
E da più parti si leva la richiesta di introdurre il reato d’immigrazione clandestina:
ipotesi che vede assolutamente contrarie le ACLI, come ci spiega il suo presidente
Andrea Olivero, al microfono di Alessandro Guarasci:
R. –
Noi riteniamo che non si possa andare ad impedire ai cittadini stranieri, che hanno
difficoltà con i mezzi di vita nel proprio Paese, di muoversi alla ricerca di una
vita migliore. Stiamo attenti perchè se noi andiamo a considerare questo come un reato,
un domani andremo a considerare reato anche la povertà. Al contrario, bisogna colpire
anche in maniera dura tutti coloro che sfruttano questo desiderio delle persone e
vanno a creare situazioni di schiavitù per gli immigrati nel nostro Paese e in tanti
altri. Questo sì che è scandaloso, così come è scandaloso anche il fatto che non si
riescano a far entrare in maniera regolare lavoratori che pure sono necessari e direi
anzi indispensabili per il nostro Paese. Basti pensare alle tante, tantissime operatrici
di cura che si ritrovano in una condizione di illegalità, mettendo anche le stesse
famiglie in una situazione imbarazzante ed oggettivamente inaccettabile. Questa è
la vera urgenza di questo momento.
D. – Questo vuol
dire che servono anche normative più chiare in tema di lavoro a favore degli immigrati?
R.
– Sì, certamente. Io credo che noi dovremmo fare in modo che il lavoro immigrato sia
un lavoro regolare, sia un lavoro pulito e soprattutto non ci possa essere sfruttamento.
Questo è un primo passo di dignità che aiuta poi la sicurezza di tutti. Parlare di
sicurezza vuol dire infatti parlare anche di sicurezza sociale e non soltanto di tranquillità
nelle nostre strade. Dobbiamo tener presente che il problema che abbiamo di fronte
è un problema complesso, ma non rappresenta una emergenza. E’ un problema strategico
per il futuro del nostro Paese, come di tutto il mondo ormai.
D.
– Servono i commissari rom, secondo lei?
R. – Anche
qui noi respingiamo la logica dell’emergenza. Certo, oggi, il tema dei rom ha assunto
delle caratteristiche diverse dal passato perchè l’emigrazione forte di intere popolazioni
ha accresciuto la problematica, ma dobbiamo anche renderci conto che con i rom si
convive da decine di anni nel nostro Paese e non si è fatto quasi nulla. Abbiamo mantenuto
i campi nelle condizioni inaccettabili di 30 o 40 anni fa. Ci sono tensioni, ci sono
difficoltà; c’è povertà che si è aggiunta a povertà. A me colpisce, in particolare,
il fatto che molte volte si vada a guardare al tema dell’immigrazione come causa di
questi problemi, ma noi abbiamo mai girato nelle periferie di Roma, di Milano o di
altre città italiane per vedere quale sia lo stato di degrado? Manca sì il poliziotto
di quartiere e su questo siamo d’accordo, ma mancano anche i servizi pubblici essenziali:
manca l’illuminazione, mancano le scuole, le strutture recettive. Gli immigrati vanno
certamente ad aggiungere problema a problema, perchè anche loro richiedono un’attenzione
per l’integrazione, ma non sono loro stessi la causa del problema. Io credo che ci
voglia da un lato certamente anche la sicurezza e la severità, ma dall’altro lato
ci vogliono anche degli investimenti strategici che vadano veramente ad influire nel
lungo periodo e quindi a risolvere radicalmente il problema.