Amazzonia: in pericolo le terre degli indios. Intervista con un missionario della
Consolata
In Brasile cresce la tensione nelle regioni dell’Amazzonia: c’è infatti grande attesa
per la sentenza della Corte Suprema Federale che potrebbe rivedere gli accordi sottoscritti
nel 2005 dal presidente Lula, consentendo ai grandi produttori di riso di occupare
la terra storicamente indigena della Raposa Serra do Sol. Negli ultimi giorni, si
sono verificate delle aggressioni contro gli indios di questa regione. Della situazione
ci parla padre Gianfranco Graziola, missionario della Consolata in Amazzonia,
intervistato da Cristiane Murray:
R. –
E’ una situazione che ha a che vedere con il riconoscimento della terra indigena,
come è previsto dall’art. 231 della Costituzione brasiliana. Il presidente Lula, proprio
nelle sue funzioni di presidente, ha riconosciuto la terra che il suo predecessore
– Fernando Henrique Cardosa – aveva invece demarcato; oggi la terra è riconosciuta
e non è quindi terra degli indios. Rimane quindi sempre terra dello Stato, ma agli
indios è concesso e riconosciuto l'usufrutto, proprio in virtù del riconoscimento
del fatto che loro vivono lì da millenni. C’è un gruppo di risicoltori, tra cui il
noto César Quartiero, che è anche il sindaco di Pacaraima, dove si trova
la terra indigena. César Quartiero sta cercando di dimostrare che questo riconoscimento
in realtà non è valido giuridicamente. Tutto questo ha generato una certa tensione.
C’è infatti una pressione internazionale, una pressione dell’ONU. C'è anche una pressione
dell’Organizzazione degli Stati Americani che chiede al Brasile di porre fine a questa
odissea. Gli indigeni sono coscienti del fatto che qualsiasi sia il pronunciamento
del Tribunale Supremo, continueranno con le azioni finché non sarà liberata completamente
la loro terra da tutti coloro che non sono indios e che, soprattutto, non li aiutano
a costruire la loro vita e il loro futuro.
D. –
Quanti indios dovrebbero vivere in questa specie di riserva?
R.
– Si calcola che siano più di 18 mila indios, divisi in più di 200 comunità. Da trent’anni,
questi indios stanno lottando affinché venga riconosciuta loro questa terra. Nel 2005
è finalmente arrivato questo riconoscimento, ma ancora non è compiuto completamente
proprio perchè non tutti hanno lasciato la terra e ci sono ancora questi produttori
di riso che stanno resistendo; stanno dicendo che loro sono i salvatori dello Stato.
In realtà, questi produttori sono stati anche contestati perchè il riso da loro prodotto
è molto più caro di quello che arriva da fuori. Gli indios hanno cominciato a prendere
coscienza di questo stato di cose e a mettersi in moto all’interno dell’area, sostenendo
che essendo questa la loro terra, la vogliono per portare avanti le loro tradizioni
e formare i loro giovani.