La famiglia al centro della plenaria del Pontificio Consiglio per i migranti
Da domani fino a giovedì prossimo avrà luogo a Palazzo San Calisto a Roma la XVIII
plenaria del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti
sul tema ‘La famiglia migrante e itinerante’. Apre i lavori il presidente del dicastero,
il cardinale Renato Raffaele Martino. Ma quali sono le sfide maggiori della famiglia
migrante oggi? Giovanni Peduto lo ha chiesto al segretario del dicastero, l’arcivescovo
Agostino Marchetto: R. - Premetto che la situazione delle famiglie
in generale si riflette anche tra le famiglie dei migranti e degli itineranti. Direi
che, oltre tutto ciò che proviene al di fuori della famiglia e che già si conosce
molto bene, anche grazie all’Erga migrantes caritas Christi, la nostra Istruzione
di quattro anni fa, un problema serio che sfida le famiglie oggi – come Lei ha detto
– parte proprio dal cuore dell’uomo e della donna che vogliono formarsi una famiglia.
Nella nostra società “usa e getta” non di rado si pensa che il matrimonio è un contratto
che si può terminare appena i termini non soddisfano più i contraenti. Non si pensa
più che la famiglia non è la somma dei suoi componenti, ma un’unica realtà. Perciò
va mantenuta una, con tutte le gioie e le soddisfazioni, ma anche con tutti i dolori,
i sacrifici e le pene che essa comporta. Bisognerebbe insomma ricordare che la famiglia
è quella realtà in terra che più assomiglia alla vita della Trinità. Dunque non si
può abbandonarla appena sorge qualche difficoltà. Il discorso sarebbe qui molto lungo
… Detto questo, le famiglie delle persone in mobilità hanno difficoltà particolari
legate proprio al loro stato in movimento. Prima di tutto, esso vuol dire, in genere,
separazione dei membri, quando non tutta la famiglia lascia il paese di origine, e
comunque disagi per l’intero nucleo familiare, se parte insieme. Sono proprio le difficoltà
che i membri della famiglia sperimentano nel Paese di arrivo che spesso causano la
sua disgregazione. Anche coloro che lavorano nel turismo, o sulle navi, sentono la
separazione dalle famiglie, anche se in modo saltuario e non permanente. Chi lavora
negli aeroporti, invece, ha orari di lavoro lunghi e non abituali che si ripercuotono
sulla vita familiare. Lunghe separazioni, purtroppo, – è il caso pure dei rifugiati
e dei profughi – possono causare l’infedeltà da parte dei coniugi. Ancora, il genitore
assente perde autorità (e forse anche l’affetto) sui e dei figli. Chi rimane con essi
è costretto(a) poi a svolgere il ruolo di ambedue i genitori e i figli sentono la
mancanza della figura del genitore emigrato. In terra straniera essi sperimentano
il divario tra la cultura dei genitori e la cultura del Paese in cui vivono, con senso
di duplice, divaricata appartenenza … ma ci fermiamo qui.
D.
-Quali proposte può offrire la Chiesa?
R. - Accennerei
a due. Prima, la formazione cristiana continua di giovani, che saranno poi quelli
che si sposeranno, e delle famiglie, perché possano essere quel vivaio di cristiani
che è loro vocazione. Se sanno d’essere cristiani dovunque essi si trovano, e in qualunque
situazione vivono, possono affrontare tutti i problemi che assillano le famiglie,
anche se sempre non li possono risolvere. La seconda proposta possibile è specificatamente
relativa alla mobilità, intendo l’accompagnamento pastorale cioè delle famiglie in
mobilità, come del resto già si fa nella Chiesa (v. EMCC 21, 24, 32, 38, 49, 57, 77
e 100). Si tratta ora di diffondere sempre più tale pratica. Mi riferisco ai cappellani
e agli operatori pastorali che operano nei vari settori di mobilità umana: tra i migranti,
nei campi dei rifugiati, nei porti e negli aeroporti, nei luoghi turistici, tra zingari,
circensi e fieranti, nelle università. Si tratta di essere lì dove si trovano queste
famiglie per poter essere loro accanto nei momenti di gioia e soprattutto in situazioni
dolorose, per aiutarli a scoprire finalmente l’amore di Dio in tutte le circostanze
della vita. Se ogni membro della famiglia si sente realizzato, è più facile che la
famiglia si mantenga salda.