Dopo 13 anni incontra in Italia la sua benefattrice: la storia di padre Paul Gitonga,
giovane sacerdote keniano
Una storia di condivisione in cui l’amore ha davvero vinto le distanze: Paul Gitonga
è un giovane sacerdote keniano di 30 anni. A Roma da alcuni mesi, tornerà presto in
Africa per servire i fedeli e la Chiesa della Repubblica Democratica del Congo. Se
oggi padre Paul è un testimone di speranza lo deve anche alla signora Crocina Giarocco,
di Ventimiglia, che attraverso l’OPAM - l’Opera per la promozione dell’Alfabetizzazione
nel Mondo - ha sostenuto le spese per i suoi studi in seminario. Intervistato da Alessandro
Gisotti, padre Paul Gitonga racconta la sua straordinaria esperienza:
(musica)
R.
- La mia vocazione è nata quando avevo 15 anni. Io facevo il chierichetto durante
la Messa. Facevo sempre questo servizio che mi piaceva molto. Come ogni ragazzo avevo
veramente tanti sogni per la mia vita e grazie ai miei genitori “ho conosciuto la
fede”. Quando sono entrato in seminario, a quel tempo non potevamo pagare per frequentarlo.
Mi ricordo che allora il rettore ci diceva che ricevevamo un aiuto da alcuni benefattori
e pregavamo sempre per loro. Sapevo però che c’era un benefattore che pagava per me
personalmente.
D. – Poi, però, c’è stato un incontro
importante in Italia proprio con il benefattore, anzi con la benefattrice...
R.
– Dopo essere stato ordinato, sono stato mandato in Congo per lavorare. In quel periodo,
il rettore mi ha fatto sapere chi mi aveva sostenuto, dicendomi che c’era una benefattrice
che mi aveva aiutato quando ero in seminario. Dopo tre anni mi hanno mandato qui in
Italia per fare un corso di preparazione affinché potessi rientrare in Congo, a Kinshasa,
come formatore. Quando sono arrivato qui in Italia, dopo due mesi, ho imparato un
po’ d’italiano, ho deciso di scrivere alla mia benefattrice, affinché potessi mettermi
in contatto con lei ed anche incontrarla, così mi ha invitato ad andare da lei a Ventimiglia.
D.
– Dunque una speranza che è stata donata… adesso viene ridonata, andando appunto a
Kinshasa...
R. – Esattamente. Io vorrei sottolineare
che la mia esperienza con “madre” Crocina attraverso l’OPAM, è un’esperienza che noi
possiamo considerare una condivisione della fede, una condivisione dell’amore di Dio.
La comunità cristiana d’Italia ha ricevuto questa fede, quest’amore ed ha detto: “Noi
non possiamo rimanere come prima, noi dobbiamo anche condividere quest’amore, questa
fede con gli altri”. Ed io posso dire che sono testimone di questa condivisione, di
questa esperienza della generosità che voi avete dato all’Africa.