2008-05-09 14:56:58

Presentata all'Europarlamento la ricerca sulla famiglia: in 30 anni, crollo di nascite e matrimoni. Il commento di mons. Nicolli


L’Europa vive da tempo un inverno demografico - con un milione di nascite in meno rispetto al 1980 e un milione di aborti in più - nel quale l’unica “primavera” è data dai figli degli immigrati. E sempre nell’ultimo trentennio, è aumentata la disgregazione delle famiglie, che registrano nel continente un milione di divorzi l’anno. I dati sono quelli contenuti nella Ricerca promossa dalla Rete europea dell’Istituto di politica familiare (IPF), presentati nei giorni scorsi all’Europarlamento di Bruxelles. Come ragisce la Chiesa di fronte a questo scenario che induce al pessimismo? Alessandro De Carolis lo ha chiesto a mons. Sergio Nicolli, direttore dell’Ufficio della Pastorale familiare della Conferenza episcopale italiana (CEI):RealAudioMP3
 

 
R. – La prima reazione senz’altro è di forte preoccupazione perché tutto questo è segno di una cultura individualistica, di una cultura che rifiuta le fatiche e i sacrifici che i figli domandano nelle famiglie. Però, non possiamo limitarci a piangere sulla situazione. Ma la Chiesa reagisce a questa situazione proponendo un modello culturale di famiglia che è fondata sul patto sociale, quindi sul matrimonio, sul sacramento per chi crede, ma un modello di famiglia nella quale i figli non sono visti o come un pericolo rispetto al benessere della coppia, o come un ingrediente necessario alla felicità della coppia, come purtroppo succede oggi, ma propone i figli come delle persone che la famiglia deve accogliere, di cui deve mettersi al servizio ma soprattutto come un bene non privato ma un bene comune. E quindi aiuta a credere che, generando la vita e educando alla vita, la famiglia dà un contributo importante, essenziale anche allo sviluppo della società come alla crescita della Chiesa.

 
D. – Facciamo allora un passo indietro, perché un altro ambito della pastorale si confronta con la difficoltà delle giovani coppie di vedersi – per l’appunto – tali, cioè coppie e quindi in un futuro anche famiglie per il resto della loro vita. Come si parla ai giovani del progetto di una vita insieme e di una famiglia?

 
R. – Su questo credo che ci sia bisogno di una proposta più coraggiosa da parte della Chiesa, perché è fuori dubbio che la crescita del numero di coppie che convivono senza escludere il matrimonio ma protraendolo in un futuro non ben definito è segno di una grande paura rispetto alla definitività della promessa matrimoniale e rispetto al futuro della coppia. Però, mi fa pensare la tradizione degli innamorati romani che a Ponte Milvio appendono il lucchetto e buttano via la chiave: anche oggi i giovani, quando si innamorano, pensano ad un amore eterno! Ora, bisogna ripartire anche da questo dato che è culturale: credo che la Chiesa, su questo, possa fare molto. Certo, l’intervento della Chiesa non può limitarsi al momento in cui i giovani domandano il matrimonio: bisogna intervenire molto prima, nella fase dell’adolescenza, per indicare un modello di amore che anche oggi sicuramente è affascinante per i giovani.

 
D. – La Chiesa parla, insiste sulla cultura della famiglia. Gli Stati spesso propongono – o cercano di farlo – misure per la famiglia. Come dire: è il solito dilemma tra assistenza e formazione?

 
R. – Sì, c’è una visione radicalmente diversa. La proposta sia culturale che educativa della Chiesa è una proposta che crede nella famiglia, è convinta che la famiglia porti in se stessa una grande ricchezza e quindi è convinta che la famiglia non vada semplicemente assistita, ma va data alla famiglia una fiducia, un credito sapendo che se la famiglia è messa nelle condizioni di liberare questa ricchezza che si porta dentro, la famiglia è il punto di partenza sia per rinnovare la società, sia anche per venire incontro alla missione della Chiesa oggi.

 
D. – Le statistiche – e non è una novità – presentano purtroppo degli scenari foschi sulla base dei dati negativi raccolti. Io chiedo a lei: come vede il presente e il futuro della vita e della famiglia nel nostro continente?

 
R. – Bè, guardando anche a come i mass media oggi evidenziano certi fatti piuttosto che altri, ho l’impressione che ci sia quasi una congiura che tende a delegittimare la famiglia, che tende a far vedere la famiglia come una istituzione socialmente superata, come il luogo delle tragedie ... Io per quello che posso vedere nei contatti frequenti che ho, ho l’impressione che stia venendo avanti un numero molto elevato di famiglie che sono consapevoli di avere una responsabilità per la missione della Chiesa e nei confronti dello sviluppo della società. Queste famiglie credo che siano in grado oggi di costituire quella novità, rispetto alla quale il futuro io lo prevedo diverso.







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