Presentata all'Europarlamento la ricerca sulla famiglia: in 30 anni, crollo di nascite
e matrimoni. Il commento di mons. Nicolli
L’Europa vive da tempo un inverno demografico - con un milione di nascite in meno
rispetto al 1980 e un milione di aborti in più - nel quale l’unica “primavera” è data
dai figli degli immigrati. E sempre nell’ultimo trentennio, è aumentata la disgregazione
delle famiglie, che registrano nel continente un milione di divorzi l’anno. I dati
sono quelli contenuti nella Ricerca promossa dalla Rete europea dell’Istituto di politica
familiare (IPF), presentati nei giorni scorsi all’Europarlamento di Bruxelles. Come
ragisce la Chiesa di fronte a questo scenario che induce al pessimismo? Alessandro
De Carolis lo ha chiesto a mons. Sergio Nicolli, direttore dell’Ufficio
della Pastorale familiare della Conferenza episcopale italiana (CEI):
R.
– La prima reazione senz’altro è di forte preoccupazione perché tutto questo è segno
di una cultura individualistica, di una cultura che rifiuta le fatiche e i sacrifici
che i figli domandano nelle famiglie. Però, non possiamo limitarci a piangere sulla
situazione. Ma la Chiesa reagisce a questa situazione proponendo un modello culturale
di famiglia che è fondata sul patto sociale, quindi sul matrimonio, sul sacramento
per chi crede, ma un modello di famiglia nella quale i figli non sono visti o come
un pericolo rispetto al benessere della coppia, o come un ingrediente necessario alla
felicità della coppia, come purtroppo succede oggi, ma propone i figli come delle
persone che la famiglia deve accogliere, di cui deve mettersi al servizio ma soprattutto
come un bene non privato ma un bene comune. E quindi aiuta a credere che, generando
la vita e educando alla vita, la famiglia dà un contributo importante, essenziale
anche allo sviluppo della società come alla crescita della Chiesa.
D.
– Facciamo allora un passo indietro, perché un altro ambito della pastorale si confronta
con la difficoltà delle giovani coppie di vedersi – per l’appunto – tali, cioè coppie
e quindi in un futuro anche famiglie per il resto della loro vita. Come si parla ai
giovani del progetto di una vita insieme e di una famiglia?
R.
– Su questo credo che ci sia bisogno di una proposta più coraggiosa da parte della
Chiesa, perché è fuori dubbio che la crescita del numero di coppie che convivono senza
escludere il matrimonio ma protraendolo in un futuro non ben definito è segno di una
grande paura rispetto alla definitività della promessa matrimoniale e rispetto al
futuro della coppia. Però, mi fa pensare la tradizione degli innamorati romani che
a Ponte Milvio appendono il lucchetto e buttano via la chiave: anche oggi i giovani,
quando si innamorano, pensano ad un amore eterno! Ora, bisogna ripartire anche da
questo dato che è culturale: credo che la Chiesa, su questo, possa fare molto. Certo,
l’intervento della Chiesa non può limitarsi al momento in cui i giovani domandano
il matrimonio: bisogna intervenire molto prima, nella fase dell’adolescenza, per indicare
un modello di amore che anche oggi sicuramente è affascinante per i giovani.
D.
– La Chiesa parla, insiste sulla cultura della famiglia. Gli Stati spesso propongono
– o cercano di farlo – misure per la famiglia. Come dire: è il solito dilemma tra
assistenza e formazione?
R. – Sì, c’è una visione
radicalmente diversa. La proposta sia culturale che educativa della Chiesa è una proposta
che crede nella famiglia, è convinta che la famiglia porti in se stessa una grande
ricchezza e quindi è convinta che la famiglia non vada semplicemente assistita, ma
va data alla famiglia una fiducia, un credito sapendo che se la famiglia è messa nelle
condizioni di liberare questa ricchezza che si porta dentro, la famiglia è il punto
di partenza sia per rinnovare la società, sia anche per venire incontro alla missione
della Chiesa oggi.
D. – Le statistiche – e non è
una novità – presentano purtroppo degli scenari foschi sulla base dei dati negativi
raccolti. Io chiedo a lei: come vede il presente e il futuro della vita e della famiglia
nel nostro continente?
R. – Bè, guardando anche a
come i mass media oggi evidenziano certi fatti piuttosto che altri, ho l’impressione
che ci sia quasi una congiura che tende a delegittimare la famiglia, che tende a far
vedere la famiglia come una istituzione socialmente superata, come il luogo delle
tragedie ... Io per quello che posso vedere nei contatti frequenti che ho, ho l’impressione
che stia venendo avanti un numero molto elevato di famiglie che sono consapevoli di
avere una responsabilità per la missione della Chiesa e nei confronti dello sviluppo
della società. Queste famiglie credo che siano in grado oggi di costituire quella
novità, rispetto alla quale il futuro io lo prevedo diverso.