2008-05-08 15:30:06

L'arcivescovo Rowan Williams e il cardinale Kasper presiedono i Vespri per l'insediamento del nuovo direttore del Centro anglicano a Roma


Ieri sera a Roma, sotto la volta brillante in oro e azzurro della Basilica di Santa Maria sopra Minerva, il primate della Comunione anglicana mondiale e il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani hanno parlato dell’urgente necessità di andare oltre la vicendevole amicizia per raggiungere una più profonda condivisione di doni spirituali, teologici e liturgici. L’arcivescovo di Canterbury, il dr. Rowan Williams, e il cardinale Walter Kasper, hanno presieduto i Vespri nella Basilica romana in occasione dell’insediamento del nuovo direttore del Centro anglicano, il rev.do David Richardson, già decano della cattedrale anglicana di Melbourne, in Australia. Il Centro, che ha sede a Palazzo Doria Pamphili, fu istituito da Paolo VI e dall’arcivescovo emerito di Canterbury Michael Ramsey, subito dopo la chiusura del Concilio Vaticano II. Al termine della cerimonia, Philippa Hitchen, della nostra redazione inglese, ha chiesto al cardinale Walter Kasper quale sia il suo messaggio per il nuovo direttore e sua moglie:
 
R. – First of all, I’m very happy to have here a new director, …
Prima di tutto, sono veramente contento di avere un nuovo direttore, perché il Centro Anglicano è veramente importante per noi, è un punto di riferimento, un bel punto di incontro con la Comunione anglicana e con l’arcivescovo di Canterbury. Mi hanno fatto una buona impressione, lui e sua moglie, e speriamo di collaborare e di poter dare qualche contributo al superamento di problemi interni alla Comunione anglicana. Dopo la Conferenza di Lambeth, in luglio/agosto, speriamo di poter proseguire nel nostro dialogo ARCIC. Noi siamo pronti ad aiutare l’arcivescovo di Canterbury a tenere unita la Comunione anglicana: che questo sia possibile o meno non dipende da noi ma nemmeno dall’arcivescovo di Canterbury. Lavoriamo e preghiamo con lui. Noi non desideriamo che si verifichino nuove frazioni e nuove divisioni: questo non aiuta. Io sarò presente qualche giorno alla Conferenza di Lambeth: vedremo cosa si potrà fare per approfondire i nostri legami di amicizia.

 
D. – Il dr. Williams ha parlato di andare oltre l’amicizia: ha parlato di una vera condivisione dei doni, gli uni con gli altri. Cosa significa questo, per lei?

 
R. – Sharing gifts is a definition of John Paul II of the ecumenical dialogue. …
“La condivisione dei doni” è un’espressione di Giovanni Paolo II per indicare il dialogo ecumenico. Lui diceva che il dialogo ecumenico non è soltanto la condivisione delle idee, ma anche dei doni; questo significa che possiamo imparare gli uni dagli altri, e imparando gli uni dagli altri, ci avviciniamo gli uni agli altri. Sono appena tornato da Oxford, dove ho partecipato ai Vespri: canti meravigliosi nella cornice della Madeleine College. I nostri fratelli cattolici in Inghilterra hanno molto da imparare da questa grande cultura di devozione, e forse gli anglicani possono imparare qualcosa da noi, per quanto riguarda l’autonomia: che è una grande cosa ma deve essere sempre collegata con la solidarietà e la comunione con le province e a livello universale. Credo che questo sia il programma dell’arcivescovo: quello di rafforzare i legami di comunione universale che richiedono anche delle regolamentazioni istituzionali, perché altrimenti non funzionerà nel nostro mondo terreno ...

 
Negli ultimi 40 anni, il dialogo anglicano-cattolico ha fatto grandi progressi nel superamento delle aspre divisioni dei secoli precedenti, con dichiarazioni comuni sull’Eucaristia, la Scrittura, il Ministero, l’Autorità e i temi mariani. Philippa Hitchen ha chiesto al nuovo direttore del Centro anglicano, il rev.do David Richardson, quale, a suo avviso, sia oggi la sfida maggiore del movimento ecumenico:

 
R. – I think the ecumenical picture everywhere has some similarities, …
Credo che il quadro ecumenico sia molto simile un po’ ovunque, in questo momento, e questo significa che probabilmente una parte della grande energia di qualche anno fa si è esaurita, ma che questa stessa energia ha lasciato rapporti molto profondi a livello locale. Credo che ci sia una lacuna nel lavoro teologico, in riferimento alla teologia delle piccole energie locali: credo infatti che sì, ovviamente, l’ecumenismo è un movimento verso l’unità visibile e in questo orientamento c’è stato un po’ un capovolgimento; ma ciò nonostante, l’ecumenismo è vivo e sano anche se – come ho detto – questo non avviene con l’eccitazione e l’energia che c’era quando io studiavo teologia e quando sono stato ordinato. Credo però che stia diventando – in certo modo – una seconda pelle per molti, molti cristiani, religiosi e laici. Ci sono comunità di fedeli che pregano insieme, studiano insieme – non sarebbe leale dire che fanno la comunione insieme, perché probabilmente non lo fanno e nemmeno lo possono fare; ma fanno comunque molte cose insieme a troverebbero molto strano non farlo o non poterlo fare.

  







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