Storica visita del presidente cinese Hu Jintao in Giappone
Da oggi, al via la storica visita di 5 giorni del presidente cinese Hu Jintao in Giappone
per rilanciare l'amicizia e la cooperazione tra i due Paesi asiatici. Si tratta del
primo viaggio all'estero del leader cinese dall'inizio, in marzo, della rivolta tibetana.
Il Dalai Lama, il leader tibetano in esilio, è molto popolare in Giappone e la situazione
nel Tibet sarà uno degli scogli che Hu Jintao dovrà superare. Sulle relazioni tra
i due Paesi - profonde sul piano economico ma difficili su quello politico - pesano
anche la polemica in corso sui diritti di sfruttamento delle risorse naturali del
mar del Giappone e sullo scandalo dei ravioli velenosi importati dalla Cina. Oltre
ad avere colloqui col primo ministro Yasuo Fukuda, Hu Jintao sarà ricevuto dall'imperatore
Akihito. Giovedì prossimo il leader cinese parlerà agli studenti dell'Università Waseda
di Tokyo, che hanno annunciato una raffica di domande su Tibet e diritti umani. Intanto,
le manifestazioni contro la visita in Giappone del presidente cinese Hu Jintao sono
già cominciate. Nonostante gli sforzi della polizia e delle autorità nipponiche, diverse
centinaia di persone sono scese in piazza a Tokyo, concentrandosi nelle centrali aree
di Ghinza e Toranomon, a ridosso delle sedi istituzionali e ministeriali. Le proteste,
in particolare, sono promosse da tibetani residenti in Giappone e loro sostenitori
contrari alla repressione di Pechino in atto nel Tibet.
Intanto, l'incontro
di domenica scorsa con rappresentanti del governo cinese è stato “un buon primo passo”
secondo uno degli inviati del Dalai Lama ai colloqui, Lodi Gyari. Gyari si è impegnato
a dire di più dopo aver fatto il suo rapporto al leader tibetano, che dal 1959 vive
in esilio in India. La Cina è stata rappresentata da due esponenti dell'Ufficio per
il Fronte Unito (l'organismo responsabile dei rapporti con i gruppi non comunisti),
Zhu Weiqun, e il tibetano Sitar. L'incontro si è concluso con l'accordo a proseguire
nei colloqui ma non è stata fissata alcuna data. Nel Tibet è in corso dal 10 marzo
una rivolta nella quale sono morte almeno duecento persone, secondo gli esuli tibetani,
mentre Pechino afferma che le vittime sono state 22, in maggioranza civili uccisi
durante le violenze contro gli immigrati cinesi verificatesi il 14 marzo a Lhasa.
I tibetani affermano, inoltre, che un migliaio di persone sono rimaste ferite e che
gli arrestati sono circa cinquemila.