Accorato appello del Papa per il Myanmar: la comunità internazionale aiuti con generosità
le popolazioni colpite dal ciclone. Oltre 22 mila i morti
Il Papa ha lanciato un accorato appello alla comunità internazionale perché “risponda
con un’assistenza generosa ed efficace alle necessità” della popolazione del Myanmar
colpita in questi giorni da un catastrofico ciclone che ha causato finora oltre 22
mila vittime, 40 mila dispersi e decine di migliaia di senza tetto. In un telegramma,
a firma del cardinale segretario di Stato Tarciso Bertone, inviato al presidente dei
vescovi dell’ex Birmania, l'arcivescovo di Mandalay, mons. Paul Zinghtung Grawng,
Benedetto XVI esprime il suo “profondo cordoglio” per le “tragiche conseguenze” del
ciclone che ha colpito “l’amato popolo del Myanmar” e assicurando le sue preghiere
per le vittime e i loro familiari invoca “la pace di Dio sui morti e la forza e la
consolazione divina sui senza tetto e su quanti stanno soffrendo”. Ma sulla situazione
nel Paese ci riferisce da New Delhi Maria Grazia Coggiola:
Secondo quanto
ha detto il ministro birmano della Protezione sociale Maung Swe, il potente ciclone
Nargis avrebbe generato una sorta di tsunami nel delta dell’Irrawaddy che non ha lasciato
via di scampo agli abitanti della fascia costiera e delle basse regioni fluviali dove
sorgono le grandi risaie del Paese. La furia del vento avrebbe sollevato un’onda di
diversi metri di altezza che ha spazzato via tutto quello che trovava sul suo cammino.
E’ la prima descrizione del disastro avvenuto tre giorni fa e che sta mettendo a dura
prova il regime birmano e la capacità di far fronte ad un’emergenza che con il passare
delle ore diventa sempre più allarmante. La giunta militare, che è al potere da 46
anni, ha deciso di accettare l’aiuto internazionale e di permettere l’ingresso delle
squadre di soccorso straniere, ma con la limitazione che dovranno ottenere il nulla
osta del ministro degli Esteri, come è stato precisato durante una conferenza stampa
a Rangoon, l’ex capitale di 5 milioni persone, dove manca ancora la corrente elettrica
e i prezzi dei generi alimentari sono schizzati alle stelle. Di fronte alla gravità
della crisi, la giunta ha deciso di rinviare al 24 maggio il controverso referendum
sulla nuova Costituzione nella maggior parte delle circoscrizioni di Rangoon e nei
sette distretti colpiti. Intanto i Paesi asiatici si stanno mobilitando: il gruppo
dell’ASEAN ha lanciato un appello ai suoi membri per inviare aiuti agli sfollati,
mentre la Cina ha promesso un milione di dollari in cibo e in denaro contante.
La
solidarietà internazionale per il Myanmar è scattata immediatamente in tutto il mondo.
La rete Caritas si è prontamente attivata. Della situazione sul posto ci parla Paolo
Beccegato responsabile dell’area internazionale della Caritas italiana, intervistato
da Sergio Centofanti:
R.
– Distinguerei due scenari. Prima di tutto, quello della capitale Yangon, dove certamente
il numero di vittime pare essere molto alto; sono stati sradicati quasi tutti gli
alberi della città! Quindi grande distruzione e purtroppo molte vittime. Lo scenario
della campagna e del grande delta è quello probabilmente di maggiori danni economici,
più devastazione dal punto di vista complessivo però, come numero di vittime, appare
un pochino inferiore. Certamente, comunque, il fatto stesso che siano state dichiarate
queste vittime dal governo è un segnale dell’entità del disastro.
D.
– Riescono ad arrivare gli aiuti?
R. – Sì! E’ ancora
difficile stabilire bene quanto la vasta area colpita sia completamente raggiunta
dagli aiuti. Noi, come rete Caritas, e anche la Chiesa locale nel suo piccolo, stiamo
facendo del nostro meglio, stiamo dando il nostro contributo.
D.
– Il regime si sta aprendo a questi aiuti?
R. – Ma,
appunto, rispetto allo tsunami di tre anni e mezzo fa, l’atteggiamento è completamente
diverso: il fatto di aver dichiarato subito lo stato di calamità, la richiesta di
aiuto dall’esterno ha dato certamente un segnale di grandissima apertura, di grandissima
disponibilità a lavorare anche con realtà internazionali. Speriamo che questo continui
in futuro, proprio per il bene della gente, dei più poveri ...
D.
– Quali sono attualmente le necessità più urgenti per la popolazione?
R.
– Certamente c’è bisogno di una risposta da emergenza a impatto devastante, quindi
multisettoriale, dalla rilocazione delle persone che hanno perso la casa in tutto
o in parte, a dei programmi che fin da subito – questo ci insegna l’esperienza – prevedano
l’impiego, l’attivazione delle persone, perché non si creino meccanismi di dipendenza;
quindi ogni tipo di aiuto, che siano forme partecipate anche nella forma, per esempio,
cosiddetta “cash for work”, quindi che la gente lavori, si dia loro delle fonti di
sostentamento anche a fronte del lavoro che fanno, anche se hanno perso quello che
era il lavoro iniziale. E poi, appunto, la ripresa più strutturale, più complessiva,
l’attenzione alle epidemie in queste prime giornate, in queste prime settimane e quindi
un’attenzione anche sanitaria. Dev’essere un approccio integrato con grande attenzione
al coordinamento, perché in queste circostanze c’è sempre il rischio di privilegiare
– per esempio – la capitale e le grandi città e dimenticare i villaggi.
D.
– Il Papa ha lanciato un forte appello alla solidarietà internazionale. Come si può
aiutare la popolazione del Myanmar?
R. – Noi abbiamo
lanciato un appello, per raccogliere fondi, certamente inviare generi non ha senso
né dal punto di vista dei tempi né dal punto di vista economico. Quindi, l’unica cosa
è raccogliere fondi per permettere una ripresa complessiva, quindi non solo in queste
primissime fasi, quando tutti i riflettori sono accesi su questa emergenza, ma anche
nelle fasi successive, quelle della ricostruzione, dello sviluppo, della ripresa comunitaria,
anche di un approccio più attento alla prevenzione. Penso al disastro di qualche mese
fa in Bangladesh, a novembre, quando molte vite sono state salvate perché erano stati
costruiti dei rifugi anti-ciclone. I cambiamenti climatici che ormai sono ravvisabili
in ogni parte del pianeta danno come trend quello – purtroppo – di un crescere di
questi disastri ambientali, certamente anche con delle responsabilità antropiche.
La responsabilità umana sta anche adesso nel fatto di lavorare di più sulla prevenzione.
D.
– Come si può aiutare la Caritas ad aiutare il Myanmar?
R.
– Noi abbiamo aperto un conto corrente postale con il numero 34 70 13, indicando come
causale “emergenza Myanmar”; sul nostro sito ci sono invece tutti i riferimenti per
i bonifici bancari. Per ogni informazione, telefonare al nostro centralino 06 66 1
77 00 1.
Impegnata negli aiuti anche Medici Senza Frontiere: gravi
le preoccupazioni sul fronte sanitario. Ascoltiamo la testimonianza del portavoce
dell’organismo Andrea Pontiroli, al microfono di Emanuela Campanile:
R.
– Noi abbiamo due preoccupazioni supplementari, che, in particolare, riguardano i
nostri pazienti colpiti da Aids, che noi curiamo, perché sono sotto trattamento antiretrovirale.
Quindi, sono 8 mila le persone cui noi forniamo farmaci antiretrovirali e siamo molto
preoccupati perché temiamo che possano aver perduto le loro scorte di farmaci nel
ciclone e abbiano anche difficoltà nel raggiungere le nostre cliniche. Ovviamente
quando uno comincia ad assumere la terapia antiretrovirale non può mai interromperla.
Quindi, il trattamento deve essere assolutamente regolare e ci preoccupa ovviamente
molto la sorte di queste 8 mila persone e la possibilità che siano rimaste senza farmaci
e isolate. Un’altra preoccupazione, ovviamente, è rappresentata dal fatto che il Myanmar
è un Paese comunque in cui esiste un problema di scarsità generale di cibo e, a quanto
ci dicono i nostri colleghi, in questi giorni, i prezzi dei generi alimentari sono
già raddoppiati, come per esempio il riso. Quindi, bisogna assolutamente garantire
che il cibo e le scorte degli aiuti alimentari giungano quanto prima nel Paese, vivendo
già la popolazione, in condizioni normali, al di sotto della soglia di povertà e con
un problema immenso di accesso alla salute. Un evento tragico come questo, ovviamente,
non ha fatto che esasperare una situazione già drammatica.