Tibet: spostati a domani i colloqui informali tra gli emissari del Dalai Lama e le
autorità cinesi
Si svolgeranno domani, e non più oggi, i colloqui tra i due inviati del governo tibetano
in esilio e le autorità cinesi. Intanto, la stampa di Pechino continua a criticare
il Dalai Lama, mentre la staffetta della fiaccola olimpica ha fatto tappa a Macao.
Il servizio di Marco Guerra: Si
svolgeranno domani a Shenzhen, città industriale a ridosso di Hong Kong, i colloqui
tra i due inviati del Dalai Lama e i rappresentanti del governo cinese previsti per
oggi. L’incontro rappresenta un primo approccio diplomatico alla questione tibetana
dopo le violente proteste anti-Pechino di marzo a Lhasa. L’avvio di un dialogo
tra le parti può giovare alle autorità cinesi preoccupate per la cattiva influenza
che la crisi potrebbe avere sul buon esito delle Olimpiadi, come sottolineato, per
la prima volta, dal presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Jacques
Rogge. Ma nel giorno dell'arrivo in Cina dei due emissari tibetani, si registrano
nuove critiche al Dalai Lama da parte della stampa di Pechino, che continua a ipotizzare
una presunta trama separatista. Prosegue infine la staffetta della fiaccola olimpica
di Pechino 2008 che è partita oggi dall’ex colonia portoghese di Macao, all'indomani
della tappa di Hong Kong che ne ha contrassegnato il rientro in territorio cinese.
Gran Bretagna-elezioni Giornata di riflessione in Gran
Bretagna dopo la debacle del partito laburista nelle elezioni locali. La formazione
del premier britannico Gordon Brown ha perso 331 seggi mentre i conservatori ne hanno
guadagnati 256. Una sconfitta culminata anche nel cambio della guardia al comune di
Londra con la vittoria del conservatore Boris Johnson. Quest’ultimo, nelle sue prime
dichiarazioni, ha usato toni concilianti nei confronti dell’avversario laburista,
Ken Livingstone, a capo della City Hall negli ultimi otto anni. Gli esperti ritengono
che ci sia la possibilità di un ruolo per lui nella prossima amministrazione.
Medio
Oriente-Quartetto Nessun risultato concreto dall’incontro di ieri, a Londra,
del Quartetto per il Medio Oriente. Il segretario di Stato americano, Condolleeza
Rice, ha sottolineato che “è troppo presto per dire se entro il 2008 il conflitto
israelo-palestinese sarà terminato con la nascita di due Stati indipendenti”. Quali
sono, dunque, i punti che ancora bloccano una soluzione soddisfacente della crisi
mediorientale? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Eric Salerno, corrispondente
da Gerusalemme per il quotidiano “Il Messaggero”:
R.
- Le parti non sembrano interessate nemmeno ad annunciare ufficialmente i problemi,
però da parte palestinese sostengono che tutto sommato non sono stati ancora toccati
i punti fondamentali del contenzioso. Condoleezza Rice prima di partire da Washington
ha confermato che ancora non si sa quali saranno le frontiere dei due Stati. L’altro
punto che non si è ancora discusso seriamente è il problema dei rifugiati palestinesi
e non si è discusso nemmeno di Gerusalemme.
D. –
Condoleezza Rice sarà per l’intera fine settimana nell’area mediorientale, gli Stati
Uniti. Ppossono essere ancora considerati i principali mediatori di questa crisi?
R.
– Teoricamente sono i principali mediatori, però Condoleezza Rice ha criticato Israele
sostenendo che non sta facendo abbastanza. Credo che l’amministrazione americana per
quanto amichevole nei confronti di Israele, forse proprio per questo, è ancora più
frustrata, perché sono due anni che promette di smantellare quei famosi avamposti
degli insediamenti: ne ha smantellato uno soltanto, non fa altro, e soprattutto continua
a costruire massicciamente nei Territori occupati.
D.
– Dagli incontri di Condoleezza Rice in Medio Oriente questa fine settimana, quali
risultati ci possiamo aspettare?
R. – Lei sta facendo
capire a tutti di non attendersi molto da questa visita. Presumo che stiano cercando
di ottenere qualche piccola cosa in modo che quando Bush arriverà qui tra un paio
di settimane per festeggiare i 60 anni di Israele, troverà un’accoglienza da parte
dei palestinesi quantomeno tranquilla, perché ovviamente gli americani contano su
tutti e due.
Iran-nucleare Sempre a Londra ieri l’incontro sul
nucleare iraniano del gruppo “5+1”, i rappresentanti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU
più la Germania. C’è disponibilità ad aprire un negoziato con Teheran, con nuovi incentivi,
ma solo a condizione che la Repubblica Islamica sospenda le attività di arricchimento
dell’uranio almeno per il periodo delle trattative. A renderlo noto il ministro degli
Esteri russo Lavrov.
Iraq Prosegue l’offensiva americana a Sadr
City, il quartiere di Baghdadroccaforte del leader radicale Moqtada Al Sadr.
Sono venti i feriti del raid aereo che ha colpito l’ospedale locale. Sempre nella
zona, negli scontri di ieri, almeno otto miliziani sciiti hanno perso la vita.
Afghanistan
In Afghanistan, un militare britannico è morto e altri tre sono rimasti feriti
a seguito dell’esplosione di una mina al passaggio della loro pattuglia, durante un’operazione
nella provincia meridionale di Helmand. Secondo il "New York Times", il Pentagono
intanto starebbe prendendo in considerazione la possibilità di inviare altri 7 mila
soldati nel Paese asiatico, per far fronte al limitato contributo degli altri membri
della NATO. Questa decisione porterebbe la presenza americana sul terreno a circa
40 mila unità, il numero più elevato di soldati impiegati dall'inizio della guerra.
Zimbabwe In Zimbabwe bisognerà ancora attendere per conoscere il
prossimo presidente del Paese. Ieri la commissione elettorale ha annunciato i dati,
a 5 settimane dal voto, che hanno riportato la vittoria dell’opposizione di Tsvangirai
con una percentuale pari al 47,9 per cento contro il 43 ottenuto dal presidente Mugabe.
Necessario dunque un ballottaggio. Entrambe le formazioni hanno già presentato ricorso
per contestare i numeri. Particolarmente forti le accuse da parte del Movimento democratico
per il cambiamento che parla di “imbroglio”. Critiche anche da Stati Uniti e Gran
Bretagna, mentre l'Unione Europea ha chiesto, durante il secondo turno elettorale,
la presenza di osservatori internazionali oltre a quelli dell'Unione africana.
Somalia
All'indomani della morte del capo islamico Moalim Aden Hashi Ayro, ucciso
in un raid aereo americano in Somalia, i combattenti islamici del Paese africano promettono
vendetta e minacciano gli Stati Uniti e tutti i governi che sostengono l'Etiopia,
intimando di tenere i propri cittadini fuori dal Paese. L'attacco aereo sulla località
di Dhusamareb, che ha portato alla morte di altri 12 estremisti locali, è stato il
quarto intervento militare americano in Somalia dal 2007, nell’ambito della lotta
al terrorismo internazionale.
ONU-Africa Missione in Africa in giugno
per il Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Una spedizione della durata di dieci giorni
che ha il compito di capire come affrontare importanti nodi della politica internazionale,
come la Somalia e il Darfur. In programma tappe in Kenya, Sudan, Ciad, Repubblica
democratica del Congo e Costa d'Avorio.
USA Negli Stati Uniti sono
almeno otto le vittime per il passaggio di una serie di tornado che stanno imperversando
in vari stati del Midwest. Nelle ultime 24 ore Texas e Arkansas, dove sono state distrutte
350 abitazioni, risultano gli Stati più colpiti dalla furia devastatrice di questi
fenomeni meteorologici. Sul posto sono stati inviati i militari della Guardia nazionale.
(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli e Marco Guerra) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 124 E'
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Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
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