Siamo all'eugenetica: così il prof. Pessina sulle nuove linee guida per la Legge 40
In Italia si riaccende il dibattito sulla Legge 40 che regola la procreazione medicalmente
assistita. Ieri, con un provvedimento preso a pochi giorni dalla nomina del nuovo
governo, il ministro della Salute Livia Turco ha varato le nuove linee guida della
normativa, introducendo la diagnosi preimpianto con la possibilità di eliminare gli
embrioni malati. Numerose le proteste di quanti hanno parlato di selezione eugenetica
come il prof. Adriano Pessina, direttore del Centro di Bioetica presso l’Università
Cattolica di Milano. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato:
R. –
Credo che queste nuove linee guida stravolgano lo spirito e la lettera della Legge
40, la quale in fondo è nata con l'intento di permettere la maternità e la paternità
a persone che non potevano avere figli. In realtà, con l’introduzione di queste linee
guida si introduce un’altra idea che fa da sfondo, cioè l’idea del diritto ad un figlio
sano che però mette in conto la possibilità di selezionare, quindi poi anche di distruggere,
tutti quegli embrioni – cioè figli allo stato embrionale – che risultano portatori
di malattie. E, in qualche modo, va contro persino la Legge 194, quella sull’aborto,
perché in realtà, almeno in linea di principio, la legge sull’interruzione volontaria
di gravidanza stabilisce che si può accedere al cosiddetto “aborto terapeutico” non
perché il figlio è malato, down o con delle disabilità gravi, ma solo per salvaguardare
la salute fisica e psichica della donna. Ora si svela in qualche modo la logica comune
che sta forse alle spalle di queste due leggi, o al tentativo di stravolgere questa
legge, e cioè l’idea che in realtà si chiama “terapeutico” la soppressione di un essere
umano che è portatore di una malattia.
D. – Professore,
cosa dire dell’ideologia che ribadisce “un figlio ad ogni costo, un diritto ad avere
un figlio sano”?
R. – Credo che innanzitutto bisognerebbe
cominciare a parlare un altro linguaggio, che è il linguaggio del dovere, del dovere
dell’accoglienza, che è uno dei linguaggi fondamentali nell’ambito della generazione
umana. Generare, di fatto, in qualche modo, significa accogliere qualcuno che originariamente
è costitutivamente è diverso da te stesso. La capacità dell’accoglienza è anche, come
dire, il cemento della convivenza civile. Avere introdotto proprio nel luogo originario,
cioè nella maternità, l’idea attraverso la tecnologia di una possibile selezione,
di una possibile manipolazione della vita, credo che sia molto grave. Dobbiamo anche
renderci conto che il grande impegno culturale di molti non basta, se non si passa
attraverso le leggi, perché le leggi sono quelle che poi incidono sui costumi. Occorre
anche una rinascita di consapevolezza culturale e morale della stessa vita politica.
D.
– Che cosa rispondere a chi ribadisce: 'sì, ma le linee guida, la normativa non hanno
assolutamente un indirizzo eugenetico...'
R. – Credo
che ci sia dell’ipocrisia e anche della malafede nel dire che queste linee non portano
all’eugenetica. L’eugenetica è appunto questo: il fatto di poter chiamare alla vita
qualcuno con questa riserva: “ci riserveremo poi se farti continuare a vivere o no,
a seconda che tu appartenga o meno a degli standard di salute”.