La testimonianza cristiana al centro del Meeting dei giovani a Pompei
“Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni”. Il
tema della GMG di Sydney viene ripreso dal XXII Meeting dei giovani, oggi e domani,
a Pompei. Una tavola rotonda, una Veglia di preghiera nel Santuario della Vergine
del Santo Rosario, momenti di catechesi scandiscono questi due giorni, che saranno
conclusi, domani, da una marcia della pace, dalla celebrazione eucaristica presieduta
dall’arcivescovo-prelato di Pompei e delegato pontificio per il Santuario, mons. Carlo
Liberati, e dal musical “Non abbiate paura”, scritto e interpretato dalla “Comunità
Cenacolo”. Come ogni anno il Meeting promuove un’iniziativa di solidarietà, diretta
nel 2008 alla costruzione di una scuola nella diocesi di Kannur, in India. Al centro
del Meeting quest’anno, dunque, il tema della testimonianza, dell’annuncio dell’amore
di Dio. Ad intervenire nel pomeriggio anche Alessandro Meluzzi, psichiatra
e fondatore delle comunità “Agape-Madre dell’accoglienza” per il trattamento della
disabilità mentale e della marginalità sociale. Debora Donnini lo ha intervistato:
R. –
I giovani hanno un grande bisogno di identificazione e di ricerca di verità. Sono
testimoni di verità e mendicanti d’amore e questa dimensione ha bisogno di riscontri
concreti. Per nessuno come per i giovani la testimonianza è un fatto radicato nell’autenticità
della vita e quindi questa dimensione deve spingere ad incontrare nel cristianesimo
– che è mistero di un incontro personale, l’incontro con Cristo - la verità della
loro vita. E in questo, nessuno ce la può fare da sé, ma è soltanto in una dimensione
di comunione e di incontro di cui il Meeting è vera, profonda, matura ed originale
ecclesialità.
D. – Perché, secondo lei, è un’esperienza
importante per i giovani il fatto di ritrovarsi tutti insieme a Pompei?
R.
– Non per fare massa, non per disperdere la persona in una collettività, ma perché
questa dimensione della Grazia, che è il mistero di un incontro personale, vive e
si rafforza quando vive in un momento di comunione che è condivisione di un dono:
il dono dell’incontro, ma anche il dono dell’incontro con Dio, con il Dio Uomo e con
l’Uomo Dio che è Gesù Cristo.
D. – Quale sarà il
cuore del suo intervento nel pomeriggio, immagino anche a partire dalla sua esperienza
personale di psichiatra?
R. – La mia esperienza è
un’esperienza di incontro con il dolore e la fatica di vivere, soprattutto nel mondo
delle comunità di accoglienza, in cui vengono accolti ragazzi con problemi psichici,
problemi con la tossicodipendenza, in alternativa al carcere, all’ospedale psichiatrico
giudiziario. Nel mondo delle comunità, la pietra scartata dai costruttori diventa
e deve diventare testata d’angolo nella costruzione del Regno. L’incontro con Cristo
illumina l’incontro con l’uomo, lo rafforza, lo vivifica e lo fa essere vero, autentico,
profondo e dà uno spirito che salva. Altrimenti, la stanchezza, la demotivazione,
la ripetitività o il tecnicismo fanno sì che alla fine, stare con il dolore anziché
salvarci ed aiutarci a farci vivere, ci faccia ammalare.
D.
– Cosa dirà, lei, ai giovani che sono venuti al Meeting?
R.
– Dirò loro che l’atto d’amore, l’atto di carità è l’atto in cui noi ri-incontriamo
noi stessi, è qualche cosa in cui fare del bene è fare del bene soprattutto a chi
lo fa. E questa è stata la mia esperienza. Questa è una frase di San Vincenzo de'
Paoli, notoriamente, ma è davvero un’esperienza in cui noi scopriamo che donare dà
molta più gioia che ricevere, e prendersi cura – spesso – dà anche più gioia che avere
la sensazione che qualcuno si prenda cura di noi. Ma, comunque, è la stessa cosa,
perché il mistero d’amore è un mistero di reciprocità.