2008-04-30 15:29:55

Appello della Chiesa in Calabria contro la 'ndrangheta: i giovani restino nella loro terra per cambiarla


Non si ferma la guerra della 'ndrangheta in Calabria: un imprenditore ittico, Gino Benincasa, è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco nella notte a Lamezia Terme. L'uomo era stato consigliere del Partito socialista all'epoca in cui il Comune fu commissariato per infiltrazioni mafiose. L’assassinio segue le numerose violenze di questi ultimi giorni, come l’attentato che ha dilaniato un altro imprenditore a Gioia Tauro. Un appello a scrivere una nuova pagina per Gioia Tauro e tutta la Calabria è stato lanciato da mons. Pino de Masi, vicario generale della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi e referente dell'associazione "Libera". Fabio Colagrande lo ha intervistato:RealAudioMP3


R. – Non sono giorni belli per la Calabria. Credo che se è forte in questo momento la presenza della ‘ndrangheta, più forte deve essere la presenza dell’istituzione e della società civile. Per quanto mi riguarda io ho fatto un appello in cui mi sono rivolto direttamente ai giovani che già purtroppo hanno scelto la strada della mafia, in cui ricordo loro che noi possiamo vincere questa battaglia contro la mafia se anche loro si mettono insieme a noi a costruire una pagina nuova per la Piana di Gioia Tauro. Noi, in questi anni, abbiamo lavorato parecchio a Gioiatauro: sia Libera, sia la comunità ecclesiale. Non dimentichiamoci che a Gioia Tauro è nata la prima cooperativa in Calabria che lavora sui beni confiscati. Nonostante le intimidazioni i ragazzi della cooperativa stanno andando avanti non solo a lavorare e a fare azienda, ma stanno andando avanti nel progetto di educazione alla legalità. I beni confiscati ormai sono mete di scolaresche, di gruppi di giovani per i campi di lavoro, da tutta Italia e finalmente anche dalla Calabria. Credo che la resistenza civile nasca proprio dalla capacità di educare le nuove generazioni.

 
D. – Anche nella Piana di Gioia Tauro i giovani credono più nella ‘ndrangheta che nello Stato?

 
R. – Fino a poco tempo fa purtroppo dovevamo dire che credevano più nella ‘ndrangheta. Da qualche tempo a questa parte sono moltissimi i giovani che credono invece nello Stato, ma credono soprattutto in loro stessi, cioè nella loro capacità di poter lavorare, di poter cambiare questa terra. Non a caso lo slogan che sta accompagnando tutti questi giovani è uno slogan molto, molto forte: cambiare per restare, restare per cambiare. Cambiare noi, cambiare dal di dentro, lasciarci da parte la mentalità mafiosa per restare in Calabria e restare in Calabria per cambiarla. Lo Stato è presente in Calabria. Forse, dobbiamo migliorare la presenza e soprattutto i rapporti con i cittadini. Non dobbiamo vedere solo la presenza dello Stato in termini repressivi, ma dobbiamo anche vedere la presenza dello Stato in termini promozionali, in termini di servizi sociali, in termini di una sanità sana. Allora credo che il lavoro più forte sia quello di tagliare questa connivenza con spezzoni della politica e della ‘ndrangheta.

 
D. – Quanto è importante ribadire che l’affiliazione alla mafia è incompatibile con la fede cattolica?

 
R. – E’ importantissimo e credo che nel nostro territorio qualcosa sia cambiato seriamente nel momento in cui sulla statale 111 di Gioia Tauro un palazzo di una cosca è diventato centro di accoglienza Caritas ed è diventato sede dell’istituto di scienze religiose della diocesi. Un terreno ancora più avanti, sempre sulla statale 111, è diventato sede di una struttura che ospita una nuova parrocchia. Questi sono stati segnali forti, che stanno facendo capire alla gente che non è possibile conciliare mafia, ‘ndrangheta e Vangelo. La mafia e la ‘ndrangheta sono peccato. Essere dalla parte della ‘ndrangheta significa essere contro il Vangelo. Questo è bene che tutti lo sappiano. Noi ci stiamo sforzando di lavorare in questo senso. Ecco perché chiediamo a tutti i cristiani di scegliere da che parte stare: dalla parte del Vangelo o dalla parte della ‘ndrangheta.







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