L'emergenza fame al centro della Conferenza UNCTAD in Ghana
Pesano i timori per il crescente aumento dei prezzi degli alimenti sulla XII Conferenza
ministeriale dell’UNCTAD, la Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo
sviluppo, che si è aperta ieri ad Accra, in Ghana. “Affrontare le opportunità e le
sfide della globalizzazione ai fini dello sviluppo” è il tema dell’assemblea inaugurata
dal segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon. Allarmante il quadro disegnato: per
Ban il carovita rappresenta “una minaccia alla sicurezza mondiale”; sulla stessa linea
Jean Ziegler, inviato delle Nazioni Unite per il cibo, per il quale l’aumento globale
dei prezzi sta conducendo ad un “silenzioso omicidio di massa”. Sui temi di questa
conferenza sentiamo Sergio Marelli presidente dell’Associazione delle ONG italiane,
intervistato da Stefano Leszczynski:
R.
– Io penso che anche la cronaca di questi giorni riporti alla grande attenzione di
tutto il pubblico internazionale quella che è la grande questione africana, ovvero
l’insicurezza alimentare. E’ paradossale che con le regole commerciali definite dall’Organizzazione
Mondiale del Commercio, Paesi produttori agricoli e Paesi che fino a qualche decade
fa erano degli esportatori di riso, di cereali, di prodotti agricoli, oggi siano non
solo degli importatori, ma anche vedano la propria popolazione affamata.
D.
– Come si concilia con il concetto di globalizzazione il fatto che molti Paesi in
via di sviluppo prediligano ad esempio la creazione di mercati regionali, quindi più
limitati in maniera tale da poter emergere economicamente?
R.
– Sì, è un concetto che si rifà ad un principio che anche il Forum della società civile
di Accra ha ribadito, ovvero quello della necessità di proteggere questi mercati.
La concorrenza molto spesso sleale fa sì che questi mercati siano invasi da prodotti,
che venduti sottoprezzo impediscono ai produttori locali di produrre e di vendere,
soprattutto le loro produzioni. Ora, la soluzione degli accordi regionali è una soluzione
per rafforzare queste economie deboli, queste economie fragili, per fare fronte a
questo grande mercato internazionale oggi dominato dalle grandi multinazionali.
D.
– Un metodo questo probabilmente anche per preservare le caratteristiche culturali
di determinate aree che rischiano di scomparire altrimenti?
R.
– E’ per questo che noi parliamo di sovranità alimentare, ovvero non solo del diritto
di tutti di avere accesso al cibo in quantità e qualità sufficiente, ma anche del
diritto di produrlo secondo le tradizioni, le culture, i metodi che ogni nazione,
che ogni popolo, non solo vorrà definire, ma che ha accumulato nei tempi.