Discorso del Santo Padre ai giovani ed ai seminaristi al Seminario St. Joseph.
Eminenza, cari Confratelli nell’Episcopato, cari giovani amici, proclamate
il Cristo Signore, “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della
speranza che è in voi!” (1 Pt 3, 15). Con queste parole della Prima Lettera di Pietro
saluto ciascuno di voi con cordiale affetto. Ringrazio il Cardinale Egan per le sue
gentili parole di benvenuto e ringrazio anche i rappresentati scelti tra di voi per
i loro gesti gioiosa accoglienza. Al Vescovo Walsh, Rettore del Saint Joseph Seminary,
al personale e ai seminaristi rivolgo i miei saluti particolari ed esprimo la mia
gratitudine. Giovani amici, sono molto lieto di aver l’occasione di parlare con
voi. Portate, per favore, i miei cordiali saluti ai membri delle vostre famiglie e
ai vostri parenti, come anche agli insegnanti e al personale delle varie Scuole, Collegi
ed Università a cui appartenete. So che molti hanno lavorato intensamente per garantire
la realizzazione di questo nostro incontro. A loro sono molto riconoscente. Desidero
anche esprimere il mio apprezzamento per il vostro canto di “Happy Birthday”! Grazie
per questo gesto commovente; do a tutti voi un “A plus” (= “Trenta e lode”) per la
vostra pronuncia tedesca! Stasera vorrei condividere con voi qualche pensiero sull’essere
discepoli di Gesù Cristo – in cammino sulle orme del Signore, la nostra vita diventa
un viaggio della speranza. Avete davanti le immagini di sei uomini e donne che
sono cresciuti per condurre delle vite straordinarie. La Chiesa li onora come Venerabili,
Beati o Santi: ognuno ha risposto alla chiamata di Dio ad una vita di carità e ognuno
Lo ha servito qui nei vicoli, nelle strade e nei sobborghi di New York. Sono colpito
da quanto eterogeneo sia il loro gruppo: poveri e ricchi, uomini laici e donne laiche
– una era sposa e madre benestante – sacerdoti e suore, immigranti da lontano, la
figlia di un guerriero Mohawk e una madre Algonquin, un altro era schiavo haitiano,
e uno un intellettuale cubano. Santa Elisabetta Anna Seton, santa Francesca Saveria
Cabrini, San Giovanni Neumann, la beata Kateri Tekakwitha, il venerabile Pierre Toussaint
e il Padre Felix Varela: ognuno di noi potrebbe essere tra di loro, perché non c’è
uno stereotipo per questo gruppo, nessun modello uniforme. Ma uno sguardo più ravvicinato
rivela che ci sono elementi comuni. Infiammate dall’amore di Gesù, le loro vite diventarono
straordinari tragitti di speranza. Per alcuni ciò significò lasciare la Patria ed
imbarcarsi per un pellegrinaggio di migliaia di chilometri. Per ciascuno fu un atto
di abbandono in Dio nella fiducia che Egli è la destinazione finale di ogni pellegrino.
E tutti offrivano una “mano tesa” di speranza a quanti incontravano per via, non di
rado destando in loro una vita di fede. Attraverso orfanotrofi, scuole ed ospedali,
prendendosi cura dei poveri, dei malati e degli emarginati, e mediante la testimonianza
convincente che deriva dal camminare umilmente sulle orme di Gesù, queste sei persone
aprirono la via della fede, speranza e carità ad innumerevoli persone, compresi forse
gli stessi loro antenati. E oggi? Chi porta la testimonianza della Buona Novella
di Gesù sulle strade di New York, nei sobborghi inquieti al margine delle grandi città,
nei luoghi dove i giovani si radunano alla ricerca di qualcuno di cui fidarsi? Dio
è la nostra origine e la nostra destinazione, e Gesù è la via. Il percorso di questo
viaggio serpeggia – come quello dei nostri santi – attraverso le gioie e le prove
della normale vita quotidiana: all’interno delle vostre famiglie, nella scuola o nel
collegio, durante le vostre attività per il tempo libero e nelle vostre comunità parrocchiali.
Tutti questi luoghi sono segnati dalla cultura in cui state crescendo. Come giovani
americani vi si offrono molte possibilità per lo sviluppo personale e siete stati
educati con un senso di generosità, di servizio e di fairness. Ma non avete bisogno
che io vi dica che ci sono anche difficoltà: comportamenti e modi di pensare che soffocano
la speranza, strade che sembrano condurre alla felicità e alla soddisfazione, ma che
finiscono solo in confusione e angoscia. I miei anni da teenager sono stati rovinati
da un regime infausto che pensava di possedere tutte le risposte; il suo influsso
crebbe – penetrando nelle scuole e negli organismi civili come anche nella politica
e addirittura nella religione – prima di essere pienamente riconosciuto per quel mostro
che era. Esso mise Dio al bando, e così diventò inaccessibile per tutto ciò che era
vero e buono. Molti dei vostri genitori e nonni vi avranno raccontato l’orrore della
distruzione che seguì. Alcuni di loro, infatti, vennero in America proprio per sfuggire
a tale terrore. Ringraziamo Dio, perché oggi molti della vostra generazione sono
in grado di godere le libertà che sono emerse grazie alla diffusione della democrazia
e del rispetto dei diritti umani. Ringraziamo Dio per tutti coloro che si battono
per assicurare che voi possiate crescere in un ambiente che coltiva ciò che è bello,
buono e vero: i vostri genitori e nonni, i vostri insegnanti e sacerdoti, quelle autorità
civili che cercano ciò che è retto e giusto. Il potere distruttivo, tuttavia, rimane.
Sostenere il contrario significherebbe ingannare se stessi. Ma esso non trionferà
mai; è stato sconfitto. È questa l’essenza della speranza che ci distingue come cristiani;
la Chiesa lo ricorda in modo molto drammatico durante il Triduo Pasquale e lo celebra
con grande gioia nel Tempo Pasquale! Colui che ci indica la via oltre la morte è Colui
che ci indica come superare distruzione e angoscia: è quindi Gesù il vero maestro
di vita (cfr Spe salvi, 6). La sua morte e risurrezione significa che possiamo dire
al Padre celeste: “Tu hai rinnovato il mondo” (Venerdì Santo, Preghiera dopo la comunione).
E così, appena qualche settimana fa, durante la bellissima liturgia della Veglia Pasquale
non era per disperazione o angoscia, ma con una fiducia piena di speranza, che abbiamo
gridato a Dio in favore del nostro mondo: Disperdi le tenebre del nostro cuore! Disperdi
le tenebre del nostro spirito! (cfr Preghiera durante l’accensione del cero pasquale). Che
cosa possono essere queste tenebre? Cosa succede quando le persone, soprattutto le
più vulnerabili, incontrano il pugno chiuso della repressione o della manipolazione
invece della mano tesa della speranza? Il primo gruppo di esempi appartiene al cuore.
Qui, i sogni e desideri che i giovani perseguono possono essere così facilmente frantumati
e distrutti. Penso a quanti sono colpiti dall’abuso della droga e degli stupefacenti,
dalla mancanza di una casa e dalla povertà, dal razzismo, dalla violenza e dalla degradazione
– particolarmente ragazze e donne. Mentre le cause di tali situazioni problematiche
sono complesse, tutte hanno in comune un atteggiamento mentale avvelenato che si manifesta
nel trattare le persone come meri oggetti – si afferma così un’insensibilità di cuore
che prima ignora e poi deride la dignità data da Dio ad ogni persona umana. Simili
tragedie mostrano anche che cosa avrebbe potuto essere e che cosa potrebbe essere
ora, se lì altre mani – le vostre mani – si fossero tese o si tendessero verso di
loro. Vi incoraggio ad invitare altri, soprattutto i vulnerabili e gli innocenti,
ad associarsi a voi nel cammino della bontà e della speranza. La seconda zona di
tenebre – quelle che colpiscono lo spirito – rimane spesso non avvertita, e per questa
ragione è particolarmente funesta. La manipolazione della verità distorce la nostra
percezione della realtà ed intorbida la nostra immaginazione e le nostre aspirazioni.
Ho già menzionato le tante libertà di cui voi per vostra fortuna potete godere. L’importanza
fondamentale della libertà deve essere rigorosamente salvaguardata. Non è quindi sorprendente
che numerosi individui e gruppi rivendichino ad alta voce in pubblico la loro libertà.
Ma la libertà è un valore delicato. Può essere fraintesa o usata male così da non
condurre alla felicità che tutti da essa ci aspettiamo, ma verso uno scenario buio
di manipolazione, nel quale la nostra comprensione di noi stessi e del mondo si fa
confusa o viene addirittura distorta da quanti hanno un loro progetto nascosto. Avete
notato quanto spesso la rivendicazione della libertà viene fatta, senza mai fare riferimento
alla verità della persona umana? C’è chi oggi asserisce che il rispetto della libertà
del singolo renda ingiusto cercare la verità, compresa la verità su che cosa sia bene.
In alcuni ambienti il parlare di verità viene considerato fonte di discussioni o di
divisioni e quindi da riservarsi piuttosto alla sfera privata. E al posto della verità
– o meglio, della sua assenza – si è diffusa l’idea che, dando valore indiscriminatamente
a tutto, si assicura la libertà e si libera la coscienza. È ciò che chiamiamo relativismo.
Ma che scopo ha una “libertà” che, ignorando la verità, insegue ciò che è falso o
ingiusto? A quanti giovani è stata offerta una mano che, nel nome della libertà o
dell’esperienza, li ha guidati all’assuefazione agli stupefacenti, alla confusione
morale o intellettuale, alla violenza, alla perdita del rispetto per se stessi, anzi
alla disperazione e così, tragicamente, al suicidio? Cari amici, la verità non è un’imposizione.
Né è semplicemente un insieme di regole. È la scoperta di Uno che non ci tradisce
mai; di Uno del quale possiamo sempre fidarci. Nel cercare la verità arriviamo a vivere
in base alla fede perché, in definitiva, la verità è una persona: Gesù Cristo. È questa
la ragione per cui l’autentica libertà non è una scelta di “disimpegno da”. È una
scelta di “impegno per”; niente di meno che uscire da se stessi e permettere di venire
coinvolti nell’ “essere per gli altri” di Cristo (cfr Spe salvi, 28). Come possiamo
allora da credenti aiutare gli altri a camminare sulla via della libertà che porta
al pieno appagamento e alla felicità duratura? Ritorniamo ancora ai santi. In che
modo la loro testimonianza ha veramente liberato altri dalle tenebre del cuore e dello
spirito? La risposta si trova nel nocciolo della loro fede – della nostra fede. L’incarnazione,
la nascita di Gesù ci dice che Dio, di fatto, cerca un posto fra noi. È pieno l’albergo,
ma ciononostante Egli entra per la stalla, e ci sono delle persone che vedono la sua
luce. Riconoscono per quello che è il mondo buio e chiuso di Erode e seguono invece
il brillare della stella che li guida nel cielo notturno. E che cosa irradia? A questo
punto potete ricordarvi della preghiera pronunciata nella santissima notte di Pasqua:
“O Padre, che per mezzo del tuo Figlio, luce del mondo, ci hai comunicato la luce
della tua gloria, accendi in noi la fiamma viva della tua speranza!” (cfr Benedizione
del fuoco). E così, in una processione solenne con le nostre candele accese, ci siamo
passati l’un l’altro la luce di Cristo. È la luce che “sconfigge il male, lava le
colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti, dissipa l’odio,
ci porta la pace e umilia la superbia del mondo” (Exsultet). È questa la luce di Cristo
all’opera. È questa la via dei santi. È la magnifica visione della speranza – la luce
di Cristo vi invita ad essere stelle-guida per gli altri, camminando sulla via di
Cristo che è via di perdono, di riconciliazione, di umiltà, di gioia e di pace. A
volte, però, siamo tentati di chiuderci in noi stessi, di dubitare della forza dello
splendore di Cristo, di limitare l’orizzonte della speranza. Prendete coraggio! Fissate
lo sguardo sui nostri santi! La diversità delle loro esperienze della presenza di
Dio ci suggerisce di scoprire nuovamente la larghezza e la profondità del cristianesimo.
Lasciate che la vostra fantasia spazi liberamente lungo l’espansione illimitata degli
orizzonti del discepolato cristiano. A volte siamo considerati persone che parlano
soltanto di proibizioni. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità! Un autentico
discepolato cristiano è caratterizzato dal senso dello stupore. Stiamo davanti a quel
Dio che conosciamo e amiamo come un amico, davanti alla vastità della sua creazione
e alla bellezza della nostra fede cristiana. Cari amici, l’esempio dei santi ci
invita, poi, a considerare quattro aspetti essenziali del tesoro della nostra fede:
preghiera personale e silenzio, preghiera liturgica, carità praticata e vocazioni. La
cosa più importante è che sviluppiate un rapporto personale con Dio. Questo rapporto
si esprime nella preghiera. Dio, in virtù della propria natura, parla, ascolta e risponde.
San Paolo, infatti, ci ricorda che possiamo e dobbiamo “pregare incessantemente” (cfr
1 Ts 5, 17). Lungi dal piegarci su noi stessi o dal sottrarci dagli alti e bassi della
vita, per mezzo della preghiera ci volgiamo a Dio e, attraverso di Lui, ci volgiamo
gli uni agli altri, includendo gli emarginati e quanti seguono vie diverse da quelle
di Dio (cfr Spe salvi, 33). Come i santi ci insegnano in modo così vivace, la preghiera
diventa speranza in atto. Cristo era il loro compagno costante, col quale conversavano
ad ogni passo del loro cammino a servizio degli altri. C’è un altro aspetto della
preghiera che dobbiamo ricordare: la contemplazione nel silenzio. San Giovanni, ad
esempio, ci dice che per cogliere la rivelazione di Dio bisogna prima ascoltare e
poi rispondere annunciando ciò che abbiamo udito e visto (cfr 1 Gv 1, 2-3; Cost. Dei
Verbum, 1). Abbiamo forse perso qualcosa dell’arte dell’ascoltare? Lasciate qualche
spazio per sentire il sussurrio di Dio che vi chiama a procedere verso la bontà? Amici,
non abbiate paura del silenzio e della quiete, ascoltate Dio, adoratelo nell’Eucaristia!
Lasciate che la sua parola plasmi il vostro cammino come sviluppo della santità. Nella
liturgia troviamo l’intera Chiesa in preghiera. La parola “liturgia” significa la
partecipazione del Popolo di Dio all’“opera di Cristo sacerdote e del suo Corpo che
è la Chiesa” (Sacrosanctum Concilium, 7). In che cosa consiste questa opera? Prima
di tutto si riferisce alla Passione di Cristo, alla sua morte e risurrezione e alla
sua ascensione – ciò che chiamiamo “Mistero pasquale”. Si riferisce anche alla celebrazione
stessa della liturgia. I due significati, infatti, sono inseparabilmente connessi,
perché questa “opera di Gesù” è il vero contenuto della liturgia. Mediante la liturgia,
l’“opera di Gesù” viene continuamente messa in contatto con la storia; con la nostra
vita, per plasmarla. Qui captiamo un’ulteriore idea della grandezza della nostra fede
cristiana. Ogni volta che vi radunate per la Santa Messa, quando andate a confessarvi,
ogni volta che celebrate uno dei Sacramenti, Gesù è all’opera. Attraverso lo Spirito
Santo vi attira verso di sé, dentro il suo amore sacrificale per il Padre, che diventa
amore per tutti. Vediamo così che la liturgia della Chiesa è un ministero di speranza
per l’umanità. La vostra partecipazione piena di fede è una speranza attiva che aiuta
a tenere il mondo – santi come peccatori – aperto a Dio; è questa la vera speranza
umana che noi offriamo a ciascuno (cfr Spe salvi, 34). La vostra preghiera personale,
i vostri tempi di contemplazione silenziosa e la vostra partecipazione alla liturgia
della Chiesa vi porta più vicini a Dio e vi prepara pure a servire gli altri. I santi
che ci accompagnano stasera ci mostrano che la vita di fede e di speranza è anche
una vita di carità. Contemplando Gesù sulla croce, vediamo l’amore nella sua forma
più radicale. Possiamo cominciare ad immaginare la via dell’amore sulla quale dobbiamo
muoverci (cfr Deus caritas est, 12). Le occasioni per fare questo cammino sono abbondanti.
Guardatevi attorno con gli occhi di Cristo, ascoltate con i suoi orecchi, intuite
e pensate col suo cuore e il suo spirito. Siete pronti a dare tutto per la verità
e la giustizia, come fece Lui? Molti degli esempi di sofferenza ai quali i nostri
santi hanno risposto con compassione, si trovano tuttora qui in questa città e dintorni.
E sono emerse nuove ingiustizie: alcune sono complesse e derivano dallo sfruttamento
del cuore e dalla manipolazione dello spirito; anche il nostro comune ambiente di
vita, la terra stessa, geme sotto il peso dell’avidità consumistica e lo sfruttamento
irresponsabile. Dobbiamo ascoltare nel profondo. Dobbiamo rispondere con un’azione
sociale rinnovata che nasca dall’amore universale che non conosce limiti. In questo
modo siamo sicuri che le nostre opere di misericordia e giustizia diventano speranza
in atto per gli altri. Cari giovani, alla fine vorrei dire ancora una parola sulle
vocazioni. Prima di tutto, i miei pensieri vanno ai vostri genitori, nonni e padrini.
Essi sono stati i vostri primi educatori nella fede. Presentandovi per il Battesimo,
essi hanno dato a voi la possibilità di ricevere il dono più grande della vostra vita.
In quel giorno siete entrati nella santità di Dio stesso. Siete diventati figlie e
figli adottivi del Padre. Siete stati incorporati in Cristo. Siete stati resi una
dimora del suo Spirito. Preghiamo per le mamme e i papà in tutto il mondo, specialmente
per quanti stanno lottando in ogni modo – socialmente, materialmente, spiritualmente.
Onoriamo la vocazione del matrimonio e la dignità della vita familiare. Vogliamo sempre
riconoscere che sono le famiglie il luogo dove nascono le vocazioni. Radunati qui
nel Saint Joseph Seminary, saluto i seminaristi presenti e, di fatto, incoraggio tutti
i seminaristi ovunque in America. Sono lieto di sapere che il vostro numero sta aumentando!
Il Popolo di Dio si aspetta da voi che sarete sacerdoti santi, in un cammino quotidiano
di conversione, ispirando negli altri il desiderio di entrare più profondamente nella
vita ecclesiale di credenti. Vi esorto ad approfondire la vostra amicizia con Gesù,
il Buon Pastore. Parlate con Lui cuore a cuore. Rigettate ogni tentazione di ostentazione,
carrierismo o vanità. Tendete verso uno stile di vita caratterizzato veramente da
carità, castità e umiltà, nell’imitazione di Cristo, l’eterno Sommo Sacerdote, di
cui dovete diventare immagine vivente (cfr Pastores dabo vobis, 33). Cari seminaristi,
io prego per voi ogni giorno. Ricordatevi che ciò che conta davanti al Signore è dimorare
nel suo amore e irradiare il suo amore per gli altri. Sorelle, fratelli e sacerdoti
delle Congregazioni religiose contribuiscono largamente alla missione della Chiesa.
La loro testimonianza profetica è caratterizzata da una profonda convinzione del primato
con cui il Vangelo plasma la vita cristiana e trasforma la società. Oggi vorrei richiamare
la vostra attenzione sul positivo rinnovamento spirituale che le Congregazioni stanno
intraprendendo in relazione al loro carisma. La parola “carisma” significa un dono
dato liberamente e gratuitamente. I carismi sono concessi dallo Spirito Santo che
ispira fondatori e fondatrici e forma le Congregazioni con un conseguente patrimonio
spirituale. La meravigliosa serie di carismi propri a ogni Istituto Religioso è un
tesoro spirituale straordinario. La storia della Chiesa, infatti, è forse illustrata
nel modo più bello mediante la storia delle sue scuole di spiritualità, la maggior
parte delle quali risalgono alle vite sante di fondatori e fondatrici. Sono sicuro
che, mediante la scoperta dei carismi che producono una tale vastità di sapienza spirituale,
alcuni di voi giovani saranno attirati ad una vita di servizio apostolico o contemplativo.
Non siate troppo timidi per parlare con frati, suore o sacerdoti religiosi sul carisma
e sulla spiritualità della loro Congregazione. Non esiste nessuna comunità perfetta,
ma è il discernimento della fedeltà ad un carisma fondatore, non a qualche persona
particolare, che il Signore chiede da voi. Abbiate coraggio! Anche voi potete fare
della vostra vita un’autodonazione per l’amore del Signore Gesù e, in Lui, di ogni
membro della famiglia umana (cfr Vita consecrata, 3). Amici, vi domando di nuovo,
cosa dire del momento presente? Che cosa state cercando? Che cosa Dio suggerisce a
voi? La speranza che mai delude è Gesù Cristo. I santi ci mostrano l’amore disinteressato
del suo cammino. Come discepoli di Cristo, i loro tragitti straordinari si svilupparono
all’interno di quella comunità della speranza che è la Chiesa. È dall’interno della
Chiesa che anche voi troverete il coraggio ed il sostegno per camminare sulla via
del Signore. Nutriti dalla preghiera personale, preparati nel silenzio, plasmati dalla
liturgia della Chiesa, scoprirete la vocazione particolare che il Signore riserva
per voi. Abbracciatela con gioia. Oggi i discepoli di Cristo siete voi. Irradiate
la sua luce su questa grande città e oltre. Mostrate al mondo la ragione della speranza
che è in voi. Parlate con gli altri della verità che vi rende liberi. Con questi sentimenti
di grande speranza in voi, vi saluto con un “arrivederci” nell’attesa di incontrarvi
di nuovo a Sydney, nel luglio, per la Giornata Mondiale della Gioventù! E, come pegno
del mio affetto per voi e per le vostre famiglie, vi imparto con gioia la Benedizione
Apostolica.