2008-04-14 13:03:18

400 volontari avvocati di strada a servizio in tutta Italia di persone in difficoltà


E’ stato presentato nei giorni scorsi a Bologna il primo rapporto nazionale dell'Associazione “Avvocati di strada” che vede impegnati in 16 città italiane oltre 400 volontari a difesa degli emarginati. Lavoro precario, disgregazione del nucleo familiare e tutela giuridica latente sono tra le cause principali che nell’ultimo periodo hanno visto aumentare il numero di cittadini italiani che vivono in condizioni di estrema povertà e sono costretti a rivolgersi agli sportelli di questa associazione. Ma qual è l’attività della Onlus? Silvia Picchiantano ha sentito il presidente, Antonio Mumolo.RealAudioMP3


R. – Dopo aver visto l’ottimo risultato di Bologna, dove ci sono stati tanti colleghi avvocati che hanno deciso di fare volontariato, abbiamo iniziato ad aprire sportelli di avvocati di strada, che vanno da Lecce fino a Trieste. Solo nel 2007, in tutta Italia, abbiamo risolto 932 questioni.

 
D. – Cosa rileva il vostro rapporto sulle persone che si presentano a questi sportelli?

 
R. – Ci sono i cosiddetti nuovi poveri. In strada noi troviamo pensionati al minimo che non riescono più a pagare l’affitto e vengono sfrattati, persone divorziate, imprenditori falliti. Prima, invece, trovavamo persone che magari avevano problemi di tossicodipendenza, di alcolismo, con qualche disagio psichico, e alcuni poveri. Oggi, invece, le persone che finiscono in strada proprio per povertà stanno aumentando. La tipologia delle persone si differenzia tra il Sud e il Nord. Per esempio al Sud, dove ci sono legami famigliari molto stretti, è difficile che un italiano finisca in strada perché se una persona comincia ad avere dei problemi in genere se ne occupano le famiglie. Quindi, l’80, 85 per cento dei nostri utenti sono persone extracomunitarie, spesso clandestini. Al Nord invece la situazione è diversa: a Bologna, per esempio, oltre il 70 per cento delle persone che riceviamo sono italiane. Questo è un dato su cui riflettere.

 
D. – Cause civili in netta maggioranza rispetto a quelle penali. Quale la questione dominante che emerge dal rapporto?

 R. – Quella relativa al diritto alla residenza. Le persone che finiscono in strada vengono cancellate dal registro anagrafico di provenienza e perdono la residenza, senza la quale non si ha diritto all’assistenza del Servizio sanitario nazionale; non si può lavorare, non si ha diritto a percepire la pensione: la persona diventa invisibile e non può risalire. I comuni, che sarebbero obbligati a dare la residenza a tutti i cittadini italiani, temono che questo comporti spese e contravvengono a una legge nazionale. Tra l’altro, pochi sanno che anche le persone che vivono in strada hanno diritto alla residenza in una via fittizia, che a Roma si chiama per esempio Via Modesta Valenti, dal nome di una clochard storica romana: questa via è inesistente, però il comune deve dare la residenza in questa via fittizia. Noi abbiamo fatto una causa su questo a Bologna e l’abbiamo vinta; abbiamo fatto prendere la residenza a centinaia di persone che ne avevano diritto, alcune delle quali oggi prendono la pensione, vivono in una casa anziché vivere in strada, semplicemente perché hanno riacquistato i diritti civili dati dalla residenza.







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