Il cardinale Schönborn ha concluso con una Messa in San Pietro il primo Congresso
della Divina Misericordia: "Questo è il nostro mandato, siamone testimoni"
Il successo del cristianesimo non si misura nella sua influenza sulla politica, l’economia,
l’informazione. La sua “chiave di comprensione” più autentica sta nel dono che Cristo
fa di se stesso alla Chiesa e che i cristiani sono chiamati a perpetuare, diffondendo
nel mondo l’amore di Dio. Con questi pensieri - ispirandosi come il Papa nel Regina
Caeli al Vangelo dei discepoli di Emmaus - il cardinale arcivescovo di Vienna,
Christoph Schönborn ha concluso questa mattina, presiedendo una Messa nella Basilica
di San Pietro, il primo Congresso apostolico mondiale della Divina Misericordia. Il
servizio di Alessandro De Carolis:
Il paradigma
perfetto dell’esperienza cristiana, che va dalla non conoscenza di Cristo alla fede,
sta tra Gerusalemme ed Emmaus. In quei pochi chilometri che i due discepoli percorrono
incontrando Gesù risorto senza riconoscerlo, parlandogli e ascoltandolo, accogliendolo
quando lui fa segno di proseguire e poi riconoscendolo allo spezzare del pane spiegano
al meglio, per il cardinale Christoph Schönborn, la difficoltà
del credere, ma anche la gioia che si impossessa nell’uomo quando il messaggio del
Vangelo è entrato in lui. La delusione che i due compagni di viaggio riversano sullo
sconosciuto che li affianca mentre tornano a Emmaus - delusione per la morte del loro
Signore e, in fondo, dei loro sogni di un Israele libero dal giogo romano - non è
poi molto dissimile, ha affermato l’arcivescovo di Vienna, da certe convinzioni che
hanno molti cristiani del nostro tempo:
“Anche noi
desideriamo spesso un cristianesimo vittorioso, un successo tangibile, un potere terreno
del cristianesimo. E ci auspichiamo, con ciò, qualcosa di buono e di bello: che la
fede cristiana determini la politica, l’economia, la “piazza pubblica” dei media.
Riteniamo che ciò sarebbe una benedizione per i nostri Paesi. Invece, troppo spesso
le cose sono del tutto diverse. A dominare molti Paesi sono la sete di potere, la
corruzione, gli interessi economici”.
Come i due
di Emmaus, ha proseguito il porporato, ci sono “anche oggi molti delusi”, che lasciano
la Chiesa perché magari riescono a cogliere in Cristo la figura di un profeta potente,
ma non quella del Messia, cioè di Dio che si è fatto uomo. Tuttavia se, come i discepoli
di Emmaus, c’è disponibilità di cuore a “trattenere” Cristo, ad ospitarlo come in
quella sera di duemila anni fa, ecco che questo atto ci permette di sentire, di avere
vicino, il Dio fatto uomo. Non a caso l’ospitalità - ha osservato il cardinale Schönborn
- è annoverata fra le opere di misericordia corporali:
“La
‘storia dei successi’ del Cristianesimo non è la storia di trionfi militari o politici,
bensì ‘il trionfo’ della Misericordia vissuta. Solo lei è convincente. Le parole possono
essere belle, ma sono, appunto, soltanto parole. Gli atti di misericordia, sono invece
incontestabili. E su di essi verremo una volta giudicati”.
L’ultimo
passo è l’Eucaristia: gli occhi dei discepoli di Emmaus si aprono solo a quel punto.
Offrire l’ospitalità ha preparato il loro cuore, il pane spezzato da Gesù glielo illumina.
Quel gesto, ha sottolineato l’arcivescovo di Vienna, è “più che un simbolo”: non ricevono
del pane, ricevono Gesù stesso. Era questa e non altre, dunque, ha concluso il cardinale
Schönborn, “la chiave di comprensione che essi prima ancora non avevano. La sua opera
non era la vittoria politica, non il potere militare, bensì l’offerta della propria
vita”:
“Questo è il mandato che portiamo con noi
da queste giornate, di essere testimoni, nella nostra vita quotidiana, della Divina
Misericordia. Possiamo essere testimoni della misericordia, solo se abbiamo sperimentato,
noi stessi, la misericordia. Queste giornate devono rinsaldarci in questo e darcene
la forza. Tale forza però non ci viene da noi, ma dal Signore. È la Sua Misericordia
che dobbiamo conoscere, per testimoniarla”.