Il rialzo del prezzo del riso colpisce i Paesi asiatici e africani
Il forte aumento del prezzo e la minore disponibilità di un altro cereale di base,
il riso, rischia di far scoppiare nuove proteste in diversi Paesi africani, dove -
riferisce l'Agenzia Fides - la tensione è già alta per l'aumento del prezzo del grano
e dei carburanti. Uno dei più importanti produttori africani di cereali, l'Egitto,
ha annunciato la sospensione delle esportazioni di riso per far fronte alla forte
domanda sul mercato interno ed evitare nuovi rialzi dei prezzi che avevano provocato
proteste da parte degli strati più poveri della popolazione. Anche l'India, terzo
esportatore mondiale di riso, ha bloccato l'esportazione di tutte le qualità di riso,
tranne il prezioso basmati, apprezzato dai buongustai di tutto il mondo, ma il cui
prezzo elevato rende impossibile l'acquisto da parte degli africani. La causa della
riduzione della produzione indiana di riso deriva dalle forti inondazioni che hanno
colpito diversi Stati della Federazione. L'India da esportatore è diventato importatore
di riso e di altri generi alimentari, contribuendo a far salire il loro prezzo. Anche
le gelate che hanno colpito la Cina lo scorso inverno hanno contributo ad aggravare
il problema. La forte riduzione di derrate di riso sui mercati internazionali è accompagnata
da speculazioni che contribuiscono al forte rialzo del suo prezzo. La crisi colpisce
in primo luogo i Paesi asiatici, per i quali il riso è uno degli alimenti-base, ma
anche diversi Paesi africani già duramente messi alla prova dall'aumento del prezzo
del grano. Al Chicago Board of Trade, la massima borsa mondiale dei cereali, il frumento
in un anno ha visto i prezzi salire del 123%. Di conseguenza la domanda di riso è
cresciuta proprio per compensare la diminuita disponibilità di grano. Si tratta di
una crisi che si autoalimenta, perché appena un Paese decide di bloccare le esportazioni
di riso e cereali, la speculazione ne approfitta per far aumentare il costo oltre
il dovuto. Il problema è che i prezzi del riso, del grano o del petrolio dipendono
non tanto e non solo da chi produce effettivamente la merce, ma dalle borse merci
soggette a forti movimenti speculativi. Le popolazioni più svantaggiate dei Paesi
africani sono le prime a farne le spese. Proteste per il “caro vita” si sono verificate
in Marocco, Mauritania, Guinea, Senegal e Costa d'Avorio. In Centrafrica, uno dei
Paesi più poveri del mondo, i generi di prima necessità sono aumentati del 50%, in
alcuni casi del 100%, mentre i funzionari statali non ricevono da mesi lo stipendio.
Una situazione esplosiva in uno Stato che nel recente passato ha visto la popolazione
scendere in strada per protestare contro la riduzione dei salari e l'aumento del costo
della vita. (R.P.)