2008-04-04 14:50:13

Giornata internazionale dell’ONU contro le mine. Messaggio di Ban Ki-moon


Ricorre oggi la Giornata internazionale contro le mine indetta dall’ONU. “La presenza sul terreno di questi micidiali ordigni – afferma il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nel messaggio diffuso per l’occasione – colpisce ancora 68 Paesi già teatro di conflitti, provocando morti e mutilazioni soprattutto nella popolazione civile e, di fatto, bloccandone lo sviluppo e la ricostruzione”. Da anni, numerose organizzazioni umanitarie si sono mosse per limitare la produzione e l’uso delle mine antipersona e per promuovere la bonifica dei territori. Sul fenomeno, Giancarlo La Vella ha intervistato Simona Beltrami della Campagna Internazionale contro le mine:RealAudioMP3


R. – L’emergenza umanitaria causata dalle mine antipersona è stata portata alla luce dalle organizzazioni umanitarie all’inizio degli anni ’90. In quel periodo le mine erano prodotte ampiamente e praticamente erano possedute da tutti gli eserciti del mondo. In quel momento ci si è resi conto che, se si continuava a lasciar proliferare il commercio e la produzione di questi ordigni, ci si sarebbe trovati davanti ad una vera e propria catastrofe umanitaria. La presenza delle mine proietta l’ombra della guerra per decenni dopo la fine dei conflitti. Si creano intere generazioni di persone mutilate e le attività economiche, la ricostruzione, vengono bloccate dalla presenza di questi ordigni nel terreno. La comunità internazionale, l’opinione pubblica, hanno raccolto l’appello delle organizzazioni umanitarie e nel 1997 è stato firmato ad Ottawa, in Canada, il Trattato per la messa al bando delle mine antipersona che ha fatto epoca, dal momento che era la prima volta che si metteva al bando un’arma convenzionale comunemente usata dagli eserciti praticamente di tutto il mondo.

 
D. – In questa difficile lotta contro questi micidiali ordigni, c’è anche qualcosa di positivo, i risultati finora raggiunti?

 
R. – Il bilancio di dieci anni di esistenza del Trattato di Ottawa è sicuramente positivo. La produzione e il commercio delle mine sono ridotte sostanzialmente a zero. L’utilizzo è ridotto soltanto a due Paesi - Birmania e Russia - e a qualche gruppo armato non statale che comunque non ha a disposizione arsenali paragonabili a quelli degli eserciti. Inoltre sono stati sminati in questi anni enormi territori e numerosi Paesi. Entro l’anno prossimo sono molti i Paesi, che hanno aderito al Trattato di Ottawa, che dovranno completare le operazioni di sminamento. E qui c’è una piccola preoccupazione, perchè circa tre quarti di questi Paesi probabilmente non saranno in grado di completare le operazioni nel tempo stabilito. Questo dipende a volte dall’entità del problema, a volte dalla lentezza con cui è stato affrontato e a volte anche dalla mancanza oggettiva di fondi di cooperazione internazionale. Questo chiaramente non può non avere delle ripercussioni negative sulla possibilità di raggiungere l’obiettivo che ci si è posti con il Trattato di Ottawa, ossia un mondo finalmente libero dalle mine.

 
E tra i Paesi maggiormente colpiti dal dramma delle mine c’è l’Angola. Nel Paese africano, teatro fino al 2002 di un sanguinoso conflitto civile durato 27 anni, oggi vivono almeno 27 mila persone mutilate o ferite dall’esplosione di una mina. Un dato purtroppo in drammatico aumento vista l’esistenza di vasti territori non ancora sminati. Per mettere in evidenza questa emergenza si svolge ogni anno un singolare concorso di bellezza. Ce ne parla Giulio Albanese.RealAudioMP3


La storia è toccante e provocatoria al contempo: Augusta Urika è ancora una bellissima donna, ha 31 anni ed ha perso una gamba a causa di una mina in Angola, un Paese dove – secondo autorevoli fonti della società civile – i micidiali residuati bellici della ventennale guerra civile superano di poco – numericamente parlando – il numero di abitanti dell’ex colonia portoghese. Ebbene, Augusta si è aggiudicata la vittoria nel concorso di “miss mina anti-uomo 2008”.

 
La gara si è svolta a Luanda ed ha avuto come partecipanti 18 donne mutilate; in palio, una protesi per una vita diversa. Un concorso che l’ideatore ha definito, con immenso rispetto per le partecipanti, “di bellezza”, ma che non ha evitato polemiche. L’iniziativa è partita dal regista norvegese Morten Travik, che ha lavorato per ottenere il sostegno di enti governativi e organizzazioni umanitarie; partito per il continente africano cinque anni fa, Travik era rimasto colpito dai volti sorridenti ma anche dal dramma quotidiano di un Paese – l’Angola – uscito da una estenuante guerra civile con oltre 10 milioni di mine ancora nascoste nel sottosuolo. Un concorso, quello da lui ideato, che va al di là di sfilate dell’estetica ed entra nella sfera della solidarietà e dell’umanità. L’intento di Travik: “Nessun pietismo né strumentalizzazioni. Solo un progetto artistico che ha avuto lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica”.

 
Dulcis in fundo, alla voce “ringraziamenti”, quella solitamente degli sponsor, la lista dei produttori di mine, come Burma, Iran, Russia, Cuba, Corea del Nord e del Sud, Singapore, Cina, Nepal, Stati Uniti, India, Pakistan e Vietnam. (Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese)







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