2008-04-04 15:10:10

Entra nel vivo il congresso pro-vita organizzato dai vescovi del Guatemala


Mons. Pablo Vizcaíno Prado, vescovo di Suchitepéquez-Retalhuleu, Presidente della Conferenza episcopale del Guatemala ha presieduto ieri la celebrazione eucaristica con cui si è aperto il Primo Congresso sulla “Vita e la dignità della persona umana”, voluto e organizzato dai vescovi e sul quale, i primi giorni di marzo, durante la loro visita ad Limina in Vaticano parlarono sia con i responsabili dei dicasteri romani sia con la stampa. Il Congresso, che si svolge presso i locali del Seminario maggiore di Città di Guatemala, si concluderà domani con una Marcia Pro-vita che arriverà fino all’Obelisco eretto in omaggio e ricordo di Giovanni Paolo II che visitò questo Paese ben tre volte. Da oggi si succederanno numerosi interventi di esperiti laici e di pastori per affrontare, da un’ottica interdisciplinare, nonché etica e teologica, le svariate grandi questioni legate alla difesa e promozione della vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale. Tra i relatori c’è l’arcivescovo della capitale cardinale Rodolfo Quezada Toruño, che qualche settimana fa ai microfoni della nostra emittente ricordava che nel suo Paese “ci sono leggi ambigue, che praticamente aiutano l’aborto. Speriamo di non avere altri problemi nel futuro. Ma noi vescovi siamo chiari in questo senso, per difendere la vita a qualsiasi prezzo. Quindi, io credo, - aggiungeva - che ci troviamo nella via giusta che dobbiamo percorrere”. Altri relatori, medici, ricercatori, assistenti sociali e educatori, alcuni dei quali di altre nazioni centroamericane, si alterneranno per riflettere su argomenti come la fecondazione in vitro, le cellule staminali, anticoncezionali, e infine, sessualità e dignità umana. In Guatemala, negli ultimi anni, e anche tra i politici, è cresciuta la presa di coscienza riguardo alla sacralità della vita che lunghi anni di guerra civile, nonché un’agguerrita criminalità organizzata, avevano contribuito a snaturare del suo valore intrinseco. La “cultura” della morte che per molti decenni padroneggiò in gran parte del Paese, oggi, con il faticoso e graduale ritorno alla pace e alla normalità democratica, tende a perdere terreno e perciò, per i vescovi guatemaltechi, occorre andare incontro a questa tendenza positiva per fare chiarezza e rinforzare i principi ultimi. La strada è lunga e irta di ostacoli anche perché, in alcuni settori della società guatemalteca, annida come “normale” la violenza, la vendetta e il disprezzo della vita. Ieri infatti, mons. Alvaro Ramazzini, vescovo di San Marco denunciava l’ennesima minaccia di morte contro la sua persona e contro altri operatori pastorali. Proprio dieci anni fa, fu ucciso in Guatemala mons. Juan Gerardi, vescovo ausiliare della capitale, due giorno dopo aver presentato un’accurata indagine sulle violazioni dei diritti umani nel periodo della guerra civile sia da parte dell’esercito sia da parte della guerriglia. (A cura di Luis Badilla)







All the contents on this site are copyrighted ©.