Benedetto XVI alla Messa in suffragio di Giovanni Paolo II a tre anni dalla morte:
fu un'anima eletta che annunciò la gioia e la misericordia del Risorto, stringendo
tra le braccia la Croce
Un Pontificato che ha testimoniato nel mondo la misericordia di Cristo Risorto, vissuto
da un Papa che ha saputo essere fedele al Cristo Crocifisso. Tra gli estremi di questo
mistero, Benedetto XVI ha collocato la storia e il ministero di Giovanni Paolo II,
in suffragio del quale - a tre anni dalla scomparsa - ha presieduto questa mattina
una Messa in Piazza San Pietro. Quarantamila i fedeli giunti da molte parti del mondo
per riflettere una volta ancora - attraverso le parole dell’amico e successore al
Soglio Petrino - sulla testimonianza lasciata alla Chiesa da Papa Wojtyla. La cronaca
della celebrazione nel servizio di Alessandro De Carolis:
(canto)
La
croce impugnata con piglio deciso dall’uomo infaticabile nel corpo e nello spirito,
che la porterà ai quattro punti cardinali della terra. La croce come ultimo appiglio
dell’uomo indebolito nel corpo ma non nello spirito, che sta per tornare alla casa
del Padre. E’ la commovente dissolvenza che Benedetto XVI offre per ricordo e per
riflessione alle migliaia di fedeli giunti a San Pietro, convocati dall’affetto mai
sbiadito verso il Servo di Dio, Giovanni Paolo II. Benedetto XVI incrocia con bella
intuizione due immagini, che per singolare e simbolica somiglianza raccontano da sole
l’inizio e la fine di uno straordinario Pontificato: il giovane Papa Wojtyla che dopo
la Messa di inizio Pontificato alza d’impulso verso la folla la croce del pastorale
- quasi a ribadire con un gesto le parole di poco prima: “Spalancate le porte a Cristo”
- e l’anziano Papa Wojtyla che quasi si aggrappa alla croce nell’ultimo Venerdì Santo
della sua vita, seduto nella cappella privata ad ascoltare le meditazioni della Via
Crucis al Colosseo scritte, per un altro imperscrutabile intreccio, da colui che meno
di un mese dopo gli succederà a capo della Chiesa universale.
(canto)
Croce
e Risurrezione: per Benedetto XVI, le chiavi di lettura per capire cosa sia stato
per tanta parte di umanità Giovanni Paolo II:
“In
verità, possiamo leggere tutta la vita del mio amato Predecessore, in particolare
il suo ministero petrino, nel segno del Cristo Risorto. Egli nutriva una fede straordinaria
in Lui, e con Lui intratteneva una conversazione intima, singolare e ininterrotta.
Tra le tante qualità umane e soprannaturali, aveva infatti anche quella di un’eccezionale
sensibilità spirituale e mistica. Bastava osservarlo quando pregava: si immergeva
letteralmente in Dio e sembrava che tutto il resto in quei momenti gli fosse estraneo”.
Ma
la quercia solida di queste qualità, che resero ben presto ammirato ed amato il Papa
venuto da un Paese lontano, affondava le radici in sofferenze che a Giovanni Paolo
II non furono risparmiate, prima e dopo la sua chiamata a Servo dei Servi di Dio.
“Fin da bambino”, ha osservato Benedetto XVI, Karol Wojtyła incontrò
sul suo cammino, nella sua famiglia e nel suo popolo, la croce:
“Egli
decise ben presto di portarla insieme con Gesù, seguendo le sue orme. Volle essere
suo fedele servitore fino ad accogliere la chiamata al sacerdozio come dono ed impegno
di tutta la vita. Con Lui visse e con Lui volle anche morire. E tutto ciò attraverso
la singolare mediazione di Maria Santissima, Madre della Chiesa, Madre del Redentore
intimamente e fattivamente associata al suo mistero salvifico di morte e risurrezione”.
Oggi
come tre anni fa, ha proseguito Benedetto XVI, la Chiesa era immersa nel clima spirituale
della Pasqua e la lettura della Messa di suffragio ha riproposto le parole dell’angelo
della Risurrezione che Giovanni Paolo II trasformò in un programma apostolico: “Non
abbiate paura!”:
“Le ha pronunciate sempre con
inflessibile fermezza, dapprima brandendo il bastone pastorale culminante nella Croce
e poi, quando le energie fisiche andavano scemando, quasi aggrappandosi ad esso, fino
a quell’ultimo Venerdì Santo, in cui partecipò alla Via Crucis dalla Cappella privata
stringendo tra le braccia la Croce. Non possiamo dimenticare quella sua ultima e silenziosa
testimonianza di amore a Gesù. Anche quella eloquente scena di umana sofferenza e
di fede, in quell’ultimo Venerdì Santo, indicava ai credenti e al mondo il segreto
di tutta la vita cristiana”.
Quel “Non abbiate
paura”, ha sottolineato Benedetto XVI parlando , “non era fondato sulle forze umane,
né sui successi ottenuti, ma solamente sulla Parola di Dio, sulla Croce e sulla Risurrezione
di Cristo”. E via via che quel Papa forte e coraggioso “veniva spogliato di tutto,
da ultimo anche della stessa parola, questo affidamento a Cristo è apparso con crescente
evidenza”. Ma, allora e oggi, restano in eredità pietre miliari del magistero di Giovanni
Paolo II, che in molti sperano sia presto portato agli onori di quegli altari al pari
di quei moltissimi da lui elevati alla medesima dignità. Come Santa Faustina Kowalska,
canonizzata nel 2000 perché apostola nel mondo del mistero della Misericordia di Dio.
E questo mistero è un’altra “chiave di lettura privilegiata” del magistero di Papa
Wojtyla:
“Il servo di Dio Giovanni Paolo II aveva
conosciuto e vissuto personalmente le immani tragedie del XX secolo, e per molto
tempo si domandò che cosa potesse arginare la marea del male. La risposta non poteva
trovarsi che nell’amore di Dio. Solo la Divina Misericordia è infatti in grado di
porre un limite al male; solo l’amore onnipotente di Dio può sconfiggere la prepotenza
dei malvagi e il potere distruttivo dell’egoismo e dell’odio”.
Benedetto
XVI ha affidato in particolare quest'ultimo pensiero ai circa settemila partecipanti
al primo Congresso della Divina Misericordia, inaugurato dalla Messa e in programma
fino a domenica prossima. Poi la conclusione dell’omelia, un affettuoso atto di riconoscenza
a quella che il Papa chiama "anima eletta":
“Possa
la Chiesa, seguendone gli insegnamenti e gli esempi, proseguire fedelmente e senza
compromessi la sua missione evangelizzatrice, diffondendo senza stancarsi l’amore
misericordioso di Cristo, sorgente di vera pace per il mondo intero”. (applausi) E
al termine della Messa, salutando i presenti in sei lingue, Benedetto XVI ha affidato
ciascuno insieme con le sua famiglia alla protezione di Giovanni Paolo II, indicando
nell’"esempio della sua dedizione" - ha detto in lingua polacca - una "fonte di coraggio"
per tutti "nel cammino di fede e di amore".
(canto)
Erano
dunque migliaia i pellegrini giunti in Piazza San Pietro da tutto il mondo per partecipare
alla Messa in suffragio di Giovanni Paolo II. Ecco alcune voci raccolte da Marco
Biggio e Laura Orecchia:
R.
– Il Santo Padre rappresenta Gesù per noi. E’ il dolce Cristo in terra, come diceva
Santa Caterina.
R. – Spero sia proclamato presto
Santo, perchè ha sofferto tanto, prima e dopo essere Papa. Mi è entrato nel cuore:
la sua sofferenza, la perdita di suo padre, la perdita del fratello, quello che gli
hanno fatto...Io sono devotissima ... perchè ha fatto troppe cose belle.
D.
– Che ricordo ha del 2 aprile 2005, di quella notte e di quei giorni?
R.
– Abbiamo visto la morte e la sofferenza di una persona. Secondo me, ha dato qualcosa
in quei momenti in cui le persone si aspettavano il passaggio di un uomo che, pur
sapendo che doveva morire, ha dato tanto.
R. – Gli
vorrei dire che tutto quello che ha fatto è stato molto importante per noi giovani
e per questo lo ringrazio e gli chiedo la forza per andare avanti nel suo cammino.
R. – Il 2 aprile segna non la morte di Giovanni
Paolo II, ma segna la salita al cielo, perchè come per i santi e i martiri è proprio
il giorno della nascita in cielo. Quindi, è bene ricordare la sua nascita in cielo,
perché solo un santo può essere venerato il giorno della morte.