2008-03-31 15:34:35

Aumenta il fenomeno della solitudine in Italia secondo un'indagine di Telefono Amico


Gli italiani: una folla spesso solitaria e in cerca di ascolto. E’ l’immagine disegnata da Telefono Amico Italia sulla base delle 120mila chiamate che ogni anno vengono raccolte dai circa 700 volontari. I dati rivelano un’elevata diffusione di depressione e solitudine esistenziale. Per favorire il monitoraggio e la prevenzione del fenomeno, Telefono Amico promuove un Osservatorio del disagio emozionale”. I primi dati saranno diffusi a giugno. Paolo Ondarza ne ha parlato con il sociologo Enrico Finzi, tra i promotori dell’iniziativa:RealAudioMP3
 
R. – Quel che è emerso è assolutamente tragico: è venuto fuori un oceano di solitudine da parte degli italiani, che contrariamente a quello che si pensa non ha a che fare prevalentemente con l’essere anziani, l’essere abbandonati, l’essere poveri e così via. E’ più forte nelle fasce centrali di età, tra i 35 e i 54 anni. Riguarda più gli uomini che le donne. E’ più forte nelle aree più ricche e avanzate, come al nord. Tantissime persone che magari vivono in famiglia, hanno dei colleghi di lavoro, sentono di non avere nessuno con cui parlare. Non è neanche gente che cerca soluzione ai problemi. E’ semplicemente gente che chiede di essere ascoltata.

 
D. – Come mai si preferisce l’anonimato di un telefono?

 
R. – Questo per alcuni è un vantaggio perché permette di superare la timidezza. Naturalmente, questa solitudine ha molti motivi. Certamente, uno dei principali è quello della secolarizzazione. L’Italia della tradizione cristiana, delle parrocchie urbane, e ancor più di quelle rurali, era un’Italia in cui difficilmente la gente era abbandonata a se stessa: era conosciuta, poteva confidarsi, aveva il sacerdote in confessionale o non, come punto di riferimento. Il fatto che in Italia questa tradizione si sia indebolita, e recentemente si siano indebolite anche altre forme di convivenza più organizzata, lascia molta gente a vivere in una condizione che per alcuni è fonte di vera e propria disperazione.

 
D. – A volte un orecchio che ascolta è molto più utile di tanti consigli?

 
R. – Assolutamente sì. Dovremmo farci di più orecchio per gli altri e intuire il loro bisogno di sfogarsi. Poi naturalmente ci sono cose che competono ai sacerdoti, cose che competono agli psicologi e agli psichiatri e così via. Ma tante volte un po’ di attenzione all’altro può riumanizzare l’umanità, come il Pontefice ci ricorda spesso. Ascoltata, la persona spesso si rialza da sola.

 
D. – Ciò di cui stiamo parlando smaschera la mancanza oggi di figure di riferimento in persone che possano ascoltare, possano rendersi prossime a chi è nel bisogno...

 
R. – Un sociologo americano negli anni ’50 scrisse un libro con un bel titolo, “La folla solitaria”. Parlando delle grandi metropoli americane diceva che ciascuno di noi sfiora o entra in contatto con decine, centinaia di persone al giorno, ma è solo. Tante persone non fanno un’umanità. Si può vedere tanta gente e, in fondo, chiudere la porta del proprio animo e scoprirsi senza interlocutori. Essere attento all’altro, intuire che possa avere bisogno di fare quattro chiacchiere, perdere tempo - il che vuol dire guadagnare tutti tempo - non avere un approccio solo produttivistico, insomma farsi prossimo, è importantissimo per chi riceve e per chi dà, perchè entrambi si arricchiscono. E oggi chi dà, domani sarà in condizione di desiderare di ricevere.







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