Attentati a Baghdad mentre a Bassora, finiti gli scontri, si contano 210 morti
Le forze di sicurezza irachene hanno ucciso in sei giorni di scontri a Bassora 210
miliziani e ne hanno feriti altri 600, secondo quanto ha reso noto oggi il Comando
delle operazioni militari nella stessa Bassora con un comunicato. Ieri, il leader
sciita Moqtada Sadr ha deciso di ritirare i suoi miliziani dalle strade. Il nostro
servizio.
Il premier
Nuri al Maliki non lascerà Bassora finchè non sarà stata ristabilita la sicurezza.
Rimane in vigore il coprifuoco notturno. Al Maliki si trova da lunedì scorso a Bassora,
dove lunedì notte è stata avviata una massiccia operazione di sicurezza che ha dato
vita ad una serie di violenti scontri con i miliziani sciiti, soprattutto dell'Esercito
del Mahdi che fa riferimento a Moqtada Sadr. Scontri che si sono estesi anche a Baghdad.
E nella capitale oggi si restano attentati: in due diversi attacchisono
morti due militari americani e dieci colpi di mortaio sono stati sparati contro
la zona verde. Inoltre, ucciso un civile iracheno e feriti altri quattro a
Falluja, in un attentato compiuto da kamikaze in bicicletta. Intanto fonti statunitensi
fanno sapere di aver ucciso 41 uomini che definiscono “criminali” a Baghdad, nell'ambito
delle operazioni militari. Solo nella capitale le vittime di questi giorni sono state
almeno 140. Infine, l’esercito americano ha identificato i resti di un militare statunitense
rapito dagli insorti in Iraq vicino a Baghdad quattro anni fa. Di altri tre soldati
USA rapiti non si sa ancora nulla.
Afghanistan Due soldati britannici
della NATO sono morti, investiti dall'esplosione di un ordigno al passaggio del loro
veicolo, su una strada della provincia di Helmand, nel sud dell'Afghanistan. Sono
finora 91 i soldati del Regno Unito morti in Afghanistan dall'invasione dell'autunno
2001. Il contingente britannico, concentrato soprattutto nella violenta provincia
di Helmand, è composto da circa 7.800 uomini.
Medio Oriente Giunta
sabato per una nuova spola israelo-palestinese, il segretario di Stato statunitense
Condoleezza Rice ha avuto un nuovo incontro con il premier Olmert. In seguito ha partecipato
ad un incontro con i negoziatori-capo di Israele - il ministro degli Esteri Tzipi
Livni - e dell'ANP, l'ex premier Abu Ala (Ahmed Qorea). Al termine di questi colloqui,
previsto un nuovo incontro ad Amman con il presidente dell'ANP, Abu Mazen che incontrerà
anche Olmert il prossimo 7 aprile. Nei colloqui di ieri, il ministro israeliano della
Difesa, Barak, ha consegnato alla Rice un documento di 35 pagine contenente l'insieme
di misure messe a punto allo scopo di alleviare le condizioni di vita dei palestinesi
in Cisgiordania e rafforzare le strutture politiche e di sicurezza dell'ANP. Ma, intanto,
secondo il movimento "Pace Adesso", il governo israeliano ha rilanciato negli ultimi
mesi, dopo la conferenza di Annapolis (USA), le attività edilizie in Cisgiordania
e a Gerusalemme.
Manifestazioni in Nepal La polizia nepalese ha
disperso a colpi di manganello una manifestazione di dimostranti tibetani a Kathmandu
e ne ha fermati un centinaio. Centinaia di tibetani si sono divisi in piccoli gruppi
ed hanno cercato di fare irruzione nel consolato cinese giungendo da varie direzioni.
In Nepal vivono oltre 20.000 tibetani fuggiti nel 1959 dal Tibet dopo una fallita
rivolta contro il governo cinese. Kathmandu riconosce il Tibet come parte integrante
della Cina e riceve da Pechino aiuti allo sviluppo. Intanto, da Pechino si confermano
le accuse al Dalai Lama: avrebbe “premeditato e organizzato” le proteste anticinesi
e “abusato delle religione”. Le ripetute dichiarazioni del leader tibetano di volere
per il Tibet una "genuina autonomia e non l'indipendenza" vengono bollate come “ipocrite”.
Pechino ha anche rivolto pesanti critiche all'Unione Europea - che ha chiesto “la
fine delle violenze in Tibet” e l'apertura di un dialogo tra le due parti. Un invito
a dialogare col Dalai Lama era stato rivolto anche dal presidente Bush. Il Tibet e
larghe fette delle zone a popolazione tibetana delle altre province cinesi rimangono
chiuse ai giornalisti stranieri e ad altri osservatori indipendenti. L'ufficio del
Dalai Lama di New Delhi ha respinto le accuse delle autorità cinesi e le ha invitate
a consentire un'inchiesta internazionale per accertare le responsabilità dei fatti
delle due settimane scorse. Nelle violenze, secondo Pechino, sono morte venti persone
mentre fonti tibetane parlano di “almeno 140 morti”, un migliaio di feriti e massicci
arresti in tutte le zone tibetane della Cina.
Pechino e i Giochi Olimpici In
piena crisi Tibet, la fiaccola olimpica è stata accesa a Pechino dal presidente cinese,
Hu Jintao, che ha dato il via alla corsa che porterà il simbolo delle Olimpiadi in
cinque continenti. Viaggerà poi per tutte le province della Cina, incluso il tormentato
Tibet, e tornerà nella capitale tra 130 giorni, l'8 agosto, giorno di apertura dei
Giochi Olimpici. Un massiccio servizio di sicurezza, composto da migliaia di poliziotti
in divisa e in borghese, ha assicurato che non si ripetessero a Pechino le proteste
avvenute in Grecia ad opera di un gruppo di attivisti per i diritti umani. Manifestazioni
di protesta sono state annunciate da attivisti tibetani a Londra, Parigi, San Francisco
e New Delhi. Domani la fiaccola olimpica si “dividerà in due”: una delle fiamme raggiungerà
Almaty, nel Kazakhstan, prima tappa del suo viaggio; l'altra invece andrà al campo
base dell'Everest, dove si aspetteranno le condizioni meteorologiche favorevoli per
portarla sulla cima più alta del mondo a 8.848 metri di altezza.
Inflazione
record in Europa e in Italia Se la stima flash del 3,5% a marzo verrà confermata,
l'inflazione nella zona euro avrà raggiunto il suo livello più elevato di sempre da
quando è nata Eurolandia, vale a dire dal '99. Ma sono già quattro mesi consecutivi
che si registrano record. Per quanto riguarda l’Italia, l’inflazione a marzo è schizzata
al 3,3% dal 2,9% di febbraio, salendo ai massimi dal settembre 1996. Lo comunica l'Istat
aggiungendo che nella stima preliminare ha riscontrato anche un aumento mensile dei
prezzi dello 0,5%.
Zimbabwe Arrivano i primi risultati del voto in
Zimbabwe, mentre resta l’attesa per le presidenziali nelle quali Mugabe si è presentato
per ottenere un sesto mandato. La polizia in assetto antisommossa è dispiegata per
le strade della capitale. Il servizio di Giulio Albanese:
La
Commissione elettorale dello Zimbabwe ha diffuso stamani i primi risultati parziali
delle elezioni generali di sabato, limitati però a 6 dei 210 seggi dell’assemblea.
Di questi, tre sono andati al partito al potere Zanu-Pf, mentre l’altra metà al principale
partito di opposizione, il Movimento per il cambiamento democratico. Il ritardo nella
diffusione dei dati sta naturalmente scatenando le dure accuse di brogli da parte
proprio dell’opposizione, che sostiene di aver stravinto le elezioni. In effetti,
stando a fonti della società civile, l’intera macchina elettorale sarebbe ostaggio
del capo di Stato uscente, Robert Mugabe, e dunque, a meno di un miracolo, è probabile
che proprio Mugabe siriconfermi alla massima carica dello Stato. D’altronde,
la legislazione draconiana, messa a punto dal regime, ha praticamente soppresso la
libertà d’espressione e associazione, innescando peraltro un clima di terrore nei
confronti soprattutto di chi si opponga all’oligarchia dominante. Una cosa è certa,
la politica di Mugabe ha finora prodotto disastri economici a non finire: dall’inflazione
al 150 mila per cento, alla disoccupazione ben oltre la soglia dell’80 per cento,
mentre il potere d’acquisto dei salari è deprezzato del 90 per cento. Nel Paese scarseggiano
cibo, carburante, trasporti ed elettricità, e il prodotto interno lordo, dal 2000
ad oggi, ha segnato un meno 50 per cento, mentre l’aspettativa di vita è bassissima:
37 per gli uomini, 34 per le donne. Certo, tutti sanno che l’agognata riforma agraria
dopo anni di colonialismo andava realizzata nello Zimbabwe, ma non certo con le modalità
degli espropri ideati da Mugabe, che hanno paralizzato di fatto la produzione agricola.
Intanto, in sede internazionale non sono pochi ad interrogarsi su quelle che potranno
essere le reali conseguenze del voto di sabato scorso, temendo il ricorso alla violenza
sulla scia di quanto accaduto in Kenya nelle elezioni del 27 dicembre scorso. (Per
la Radio vaticana, Giulio Albanese)
La Francia e la Betancourt La
Francia si dice pronta ad accogliere “membri delle FARC” per ottenere la liberazione
di Ingrid Betancourt, tenuta in ostaggio da oltre sei anni dalla guerriglia colombiana.
Ad affermarlo, ieri, il primo ministro francese Francois Fillon. Salvatore Sabatino
ne ha parlato con Enrico Neri, capo-progetto in Colombia del MLAL, Movimento
Laici America Latina:
R.
- È evidente che siamo arrivati a un punto di non ritorno, rispetto alla salute di
Ingrid Betancourt. Già c’era stata una forte pressione da parte del presidente Sarkozy
per la prima liberazione che è avvenuta l’anno scorso, unilaterale, di guerriglieri
della FARC da parte del governo colombiano. Adesso si rinnova questo invito, allargandolo
alla disponibilità di una sorta di asilo politico dei guerriglieri in Francia. Sembra
che il governo sia disposto ad accettare la pressione del presidente Sarkozy. Tutto
questo probabilmente è una corsa contro il tempo. Circolano voci insistenti qui in
Colombia che forse sia già troppo tardi.
D. - Queste varie azioni diplomatiche
possono poi avere delle ricadute internazionali soprattutto per quanto riguarda l’area
dell’America Latina. Che cosa potrebbe venire e che cosa sta succedendo attualmente
dal punto di vista politico?
R. - Ci sono due livelli: un livello di
politica interna e un livello di politica estera. Può apparire forse un po’ cinico
dirlo, ma Ingrid Betancourt, per il governo colombiano, è un po’ un ostacolo. Il governo
colombiano sta premendo, negli ultimi mesi, sull’acceleratore, su quella che loro
chiamano una campagna a “sangre y fuego”, sangue e fuoco, contro le FARC. Il primo
consigliere presidenziale, José Obdulio Gaviria, sostiene che la guerra contro le
FARC non si fermerà fino allo "sterminio totale", questo è il termine che loro hanno
usato, della guerriglia. I margini per la negoziazione di pace si fondano sull’intervento
esterno, in una situazione particolarmente caotica di politica estera, nel senso che
le relazioni diplomatiche con l’Ecuador non sono ancora state ristabilite, le relazioni
diplomatiche con il Venezuela continuano a essere particolarmente tese e, in questo
senso, l’intervento della Francia era una valvola di sfogo per una pressione che ogni
giorno saliva sempre di più.
Turchia La Corte costituzionale
della Turchia ha dichiarato ''tecnicamente ammissibile'' la richiesta del procuratore
della Cassazione di chiudere il partito filoislamico al governo e di interdire 71
dirigenti del partito stesso, tra cui il premier Tayyip Erdogan e il presidente della
Repubblica Abdullah Gul. Lo ha reso noto il portavoce della Consulta precisando che
contro l'inclusione di Gul tre giudici su 11 hanno votato contro.
Argentina Le
Confederazioni rurali argentine (CRA) hanno annunciato che la protesta dei coltivatori
e il blocco della produzione agricola rimarrà in vigore a tempo indeterminato, dopo
che sono fallite le trattative con il governo. La presidente, Cristina Fernandez de
Kirchner, ha rinviato una visita ufficiale a Londra per seguire da vicino l'evolversi
della situazione, che si fa ogni giorno più grave. I rappresentanti delle varie organizzazioni
di coltivatori hanno però lasciato la porta aperta al proseguimento dei negoziati,
e hanno invitato "la gente della strada" a farsi sentire per dare la propria opinione
sulla questione. Le proteste, iniziate due settimane fa quando il governo ha deciso
di aumentare dal 33% al 44% le imposte sull'esportazione della soia senza distinzioni
fra piccoli e grandi produttori, si è esteso a vari altri settori agrari, compresi
i potenti allevatori di bestiame per la produzione e esportazione di carni e le cooperative
rurali e la Sociedad Rural, che raggruppa i latifondisti argentini. Le confederazioni
hanno deciso di mantenere in vigore anche il blocco delle strade statali 7 e 14.
Giappone L'economia
giapponese rischia di essere seriamente colpita da fattori congiunturali negativi
quali la crisi dei mutui subprime USA, l'instabilità dei mercati e la corsa al rialzo
dei costi energetici. Secondo il premier nipponico Yasuo Fukuda, il Giappone, a questo
punto, deve “agire velocemente per superare i problemi che sono diventati più insidiosi
dalla scorsa estate”. Il premier, commentando i risultati negativi diffusi oggi sulla
produzione industriale del Paese del Sol Levante che segnano a febbraio un calo per
il secondo mese consecutivo (-1,2% dopo il -2,2% fatto registrare a gennaio), precisa
pure che bisogna “tenere sotto controllo le politiche fiscali USA, mentre l'economia
giapponese fa fronte a rischi in aumento”. Nonostante l'indice in rosso, le stime
per la produzione industriale nipponica per i prossimi mesi rimangono invariate.
Cuba Il
presidente cubano, Raul Castro, ha autorizzato i cubani ad accedere agli alberghi
finora riservati solo agli stranieri, abolendo un divieto percepito come particolarmente
odioso da molti cubani, che si sentivano così discriminati in casa propria. Si tratta
della terza apertura compiuta da Raul Castro in otto giorni, dopo l'autorizzazione
alla libera vendita ai cubani dei computer e dei telefoni cellulari. Stamani la nuova
direttiva è stata recapitata alle reception degli alberghi cubani. I cubani che accederanno
agli alberghi internazionali dovranno pagare in peso convertibili le stesse tariffe
applicate agli stranieri, ha precisato la gestione di un hotel all'Agenzia France
Presse. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 91 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.