Appello del Dalai Lama per risolvere la crisi in Tibet
Far ripartire il dialogo con la Cina per risolvere la crisi in Tibet. E’ il contenuto
dell’appello del Dalai Lama rivolto a Pechino nel giorno in cui a Lhasa ha preso il
via la visita di alcuni diplomatici stranieri convocati dalla stessa Cina. Quest’ultima
ha fatto sapere che non saranno puniti i monaci buddisti che ieri avevano protestato
davanti ad alcuni giornalisti. Il servizio di Benedetta Capelli:
“Un
dialogo significativo” è quanto chiede il Dalai Lama alla Cina nel nuovo appello lanciato
oggi dall’India allo scopo di risolvere la crisi in atto in Tibet. Il leader spirituale
buddista ha respinto le accuse di Pechino che lo considera il vero organizzatore delle
proteste costate la vita ad un numero imprecisato di persone. Ha invitato le autorità
a compiere “sforzi sinceri” per contribuire alla stabilità della Repubblica Popolare
Cinese. Intanto oggi, a Lhasa, è iniziata la missione di un gruppo di delegati di
Paesi terzi ai quali la Cina ha dato l’autorizzazione per entrare nella regione himalayana.
Si tratta di rappresentanti di una quindicina di Stati, tra cui USA, Gran Bretagna,
Francia, Italia, Giappone, Australia e Slovenia, presidente di turno dell’Unione Europea.
Una visita che Washington ha accolto con favore pur definendo l’iniziativa “non sufficiente”.
Il gruppo, secondo fonti non ufficiali, avrebbe chiesto anche di vedere i monaci che
ieri hanno protestato davanti a 26 giornalisti stranieri autorizzati da Pechino a
visitare il Tibet. I religiosi, forzando gli sbarramenti, avevano contestato il governo
cinese per aver mentito su quanto accaduto nei giorni scorsi. “Menzogne” le ha definite
oggi il vice presidente della Regione autonoma del Tibet annunciando che nei confronti
dei religiosi non saranno presi provvedimenti punitivi. I monaci, sostengono però
alcune associazioni, sarebbero confinati nei loro monasteri dall’inizio dei disordini
e avrebbero difficoltà nel procurarsi il cibo. Annunciati maggiori controlli perché
“i separatisti – ha detto il vicepresidente della Regione Autonoma del Tibet - stavano
progettando di impedire la staffetta della fiaccola olimpica nel Tibet”. Lunedì prossimo
è previsto a Pechino l’arrivo della fiamma mentre alcuni Paesi europei stanno maturando
l’ipotesi di boicottare la cerimonia di apertura dei giochi. Dopo i dubbi della Francia
il fronte si allarga: la Repubblica Ceca, la Polonia e anche l’Estonia hanno già
detto che diserteranno. Il tema sarà al centro del consiglio informale dei ministri
degli Esteri dell’UE vicino a Ljubljana. Intanto, però, la protesta si allarga; a
Kathmandu un gruppo di manifestanti ha fatto irruzione in un edificio che ospita uffici
delle Nazioni Unite per chiedere un intervento dell’ONU. Sessanta le persone arrestate.