2008-03-20 15:14:55

Caos e violenza in Somalia: l'impegno dell'UNICEF


Non conosce tregua la violenza in Somalia. Ieri sono stati 9 i morti dopo una dura battaglia tra insorti islamici e truppe etiopiche e governative. L’ONU non esclude l’invio nel Paese di caschi blu mentre le sue agenzie continuano a lavorare. Passi in avanti nel sistema scolastico sono evidenziati proprio dall’UNICEF. Nell’ultimo decennio, infatti, sono triplicate le bambine iscritte alla scuola primaria. Ma, nonostante questi miglioramenti, solo una bimba su 4 riceve una completa istruzione elementare. La strada da percorrere è ancora lunga. L’agenzia delle Nazioni Unite intende, entro il 2009, aumentare con i suoi progetti il numero di iscrizioni femminili ora pari al 25 per cento rispetto ad un 37 per cento maschili. L’UNICEF denuncia, però, il mancato impegno di una parte della comunità internazionale nei piani da realizzare in Somalia, lacerata ancora oggi da una profonda crisi interna. Federico Piana ne ha parlato con Donata Lodi, direttore delle relazioni esterne UNICEF-Italia:RealAudioMP3


R. – Noi abbiamo lanciato un appello per oltre 46 milioni di dollari e devo dire che ne sono stati raccolti finora, purtroppo, molto pochi. C’è probabilmente la percezione, da parte della Comunità internazionale, che quella della Somalia sia una crisi talmente acuta che è impossibile fare qualunque cosa. La realtà, invece, è che si riesce a portare aiuti. Occorre ovviamente affrontare costi abbastanza alti, che sono dovuti, soprattutto, al raggiungimento delle zone più isolate del Paese. Ciò nonostante, negli ultimi dieci anni, per esempio, siamo riusciti a far salire il tasso di scolarizzazione, in particolare per le bambine. Si sta poi lavorando anche su impegni di lungo periodo. L’emergenza immediata, comunque, è veramente pesantissima. Ricordiamo che ci sono due milioni di persone in stato di crisi che hanno bisogno di aiuto umanitario. Senza quello non sopravvivono. C’è una malnutrizione infantile che rappresenta una delle principali cause di mortalità. Ci sono 85 mila bambini malnutriti, di cui 15 mila sono realmente a rischio di vita. E’ una situazione pesantissima, senza paragoni con altre regioni dell’Africa. La mancanza di aiuti è francamente sconcertante, perché – ripeto ancora – molto si potrebbe fare.

 
D. - Nonostante l’impegno dei governi, voi avete detto che si è fatto poco. La comunità internazionale, a questo punto, cosa dovrebbe fare? Voi l’avete esortata a spingersi un po’ oltre…

 
R. – La Comunità internazionale dovrebbe fare due cose: sostenere chi sta ancora lavorando in Somalia per aiutare le popolazioni civili e impegnarsi di più per costringere le parti in causa a raggiungere degli accordi di pace. Io ricordo che soltanto negli ultimi tempi sono morti 400 bambini a Mogadiscio per i combattimenti. Lì ci sono presenze anche di forze internazionali. La Comunità internazionale sicuramente è a conoscenza di quello che sta accadendo in Somalia.

 
D. – Voi avete detto: abbiamo raccolto pochissimo. Ci servono 46 milioni milioni di dollari, ma nessun governo, al di là delle buone intenzioni e delle buone parole, mette le mani in tasca e fa qualcosa…

 
R. – Qualche governo qualcosa ha fatto, ma è chiaro che queste situazioni non si risolvono con la buona volontà di uno o due governi ed una tantum. Ci vuole un impegno maggiore. Ma accanto all’impegno finanziario, bisognerebbe davvero riuscire ad uscire da questa logica in base alla quale la Somalia è considerata un nuovo ricettacolo di estremismo islamico. Secondo questa logica si lascia far avanzare il conflitto senza intervenire. In realtà non è così: la Somalia è molto più variegata di quello che appare. Dalle poche, purtroppo pochissime, pagine di giornale che le vengono dedicate emerge che zone intere del Paese vivono una situazione di quasi assenza di conflitto. Certamente l’isolamento aggrava la situazione e la mancanza di autorità politica. Sono 17 anni che la Somalia non ha un governo: è possibile che la Comunità internazionale non avverta il rischio di questa situazione ? Sicuramente non ha petrolio, non ha interessi di alcun tipo e certamente il rischio è alto. In questa situazione di abbandono ha ragione solamente chi è presente. Se è presente solo l'estremismo islamico ci si trova di fronte ad una miscela esplosiva.







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