2008-03-19 15:02:22

Tibet: il Dalai Lama lancia un appello alla Cina per la ripresa del dialogo


Accanto alle parole del Papa sul Tibet, espresse oggi all'udienze generale, c’è anche l’appello lanciato oggi dal Dalai Lama che ha invitato la Cina a riprendere il dialogo sospeso due anni fa. Il leader buddhista, nel corso di un incontro con i rappresentanti più intransigenti della comunità tibetana, si è impegnato per una soluzione non violenta della crisi. Intanto, Pechino rende nonto che a Lhasa la situazione sta tornando alla normalità. Il nostro servizio:RealAudioMP3


Vivo apprezzamento per le parole del Papa è stato espresso dai buddhisti italiani. L’appello di Benedetto XVI giunge nel giorno in cui anche il Dalai Lama si è rivolto alla Cina sottolineando come vivere fianco a fianco significhi confrontarsi e stabilire un dialogo. I negoziati sul Tibet sono fermi da due anni e per il leader spirituale buddhista è giunto il momento di “guardare a lungo termine”. “I cinesi - riferisce uno stretto collaboratore del Dalai Lama - non risolveranno mai la questione inviando le truppe: la soluzione è di metterci uno di fronte all'altro”. Parole riferite anche alle cinque organizzazioni tibetane più intransigenti, incontrate oggi in India, che chiedono il proseguimento della lotta fino ad ottenere l’indipendenza dalla Cina. Una posizione che non è condivisa dal Dalai Lama, fedele invece al principio della non-violenza, e soprattutto favorevole ad un’autonomia del Tibet. Dalla Cina rimbalzano intanto le dichiarazioni del segretario del Partito comunista del Tibet, che ieri ha parlato di una “lotta per la vita o la morte” con il Dalai Lama che, sempre ieri aveva annunciato le sue dimissioni di fronte ad un degenerare della situazione. Intanto, secondo Pechino, a Lhasa si torna alla normalità: oltre cento persone si sarebbero consegnate dopo la scadenza dell’ultimatum. E mettere fine alle violenze è la richiesta avanzata al premier cinese, Wen Jiabao, e dal premier britannico, Gordon Brown, che ha annunciato un incontro con il Dalai Lama durante la prossima visita del leader spirituale tibetano a Londra. "Human Rigth Watch", in un comunicato di oggi, chiede a Pechino di “permettere immediatamente” a osservatori indipendenti di accedere ai numerosi tibetani arrestati nei giorni scorsi. Sulla stessa linea Amnesty International che, sul proprio sito, ha lanciato un appello in favore di 15 monaci tibetani fermati il 10 marzo scorso e dei quali non si hanno più notizie. Riguardo alle prossime Olimpiadi, che alcuni vorrebbero boicottare, la Cina ha confermato il passaggio della fiaccola olimpica in Tibet che sarà accesa lunedì in Grecia. Soddisfatto il CIO, il Comitato olimpico internazionale, che aveva chiesto il rispetto dei programmi perché la torcia dei Giochi rappresenta “un potente simbolo che - avevano detto gli organizzatori - porta i popoli del mondo a superare le loro divergenze".

 
Iraq
Non si placa l’ondata di violenza in Iraq. Una donna si è fatta saltare in aria nelle vicinanze di Baghdad vicino ad un bus. Quattro i morti e 12 i feriti. L’esplosione di due ordigni a Hilla ha provocato la morte di due donne. Tre poliziotti iracheni sono stati poi uccisi per errore a Kirkuk da militari statunitensi. Il fatto cade nel giorno in cui il presidente americano Bush, in un discorso al Pentagono, difenderà la sua decisione di intervenire nel Paese del Golfo. Secondo fonti di stampa, il capo della Casa Bianca, a cinque anni dall’inizio del conflitto, mostrerà i risultati della strategia, lanciata un anno fa, riguardante la sicurezza a Baghdad.

Afghanistan
Nuove perdite in Afghanistan. Resta incerto il bilancio di un raid americano nella provincia di Khost. Secondo alcune fonti, sei civili tra questi due bambini sarebbero morti nell’azione, per il comando americano avrebbero perso la vita solo una donna e un ragazzo. Intanto, ieri a Kabul diverse persone sono rimaste ferite in una sparatoria avvenuta nel carcere di massima sicurezza.

Medio Oriente
Storico discorso ieri della cancelliera tedesca, Angela Merkel, alla Knesset, in occasione dei 60 anni dalla nascita di Israele. Parlando in ebraico, la Merkel ha salutato i deputati e poi ha condannato il lancio di razzi Qassam da parte delle milizie palestinesi. Inoltre, ha definito “devastanti” le conseguenze per l’intera area se l’Iran dovesse dotarsi di una bomba atomica. Sulla stessa linea, il candidato repubblicano alla Casa Bianca, John McCain, in visita a Gerusalemme, che oggi sorvolerà la Cisgiordania, accompagnato dal ministro della difesa Ehud Barak.

USA-Russia-scudo spaziale
All’indomani del mancato accordo sullo scudo spaziale tra Russia e Stati Uniti, fonti vicine al Ministero degli esteri di Mosca hanno riferito che la delegazione americana non aveva fornito alcuna proposta scritta riguardo all’installazione antimissile, nonostante il segretario alla Difesa americano, Gates, avesse promesso di formalizzarla.

Russia
In preparazione, in Russia, manifestazioni di dissenso per l’insediamento del neo presidente, Dmitri Medvedev, programmato per il 7 maggio. Ad organizzarle i leader del movimento d’opposizione “Altra Russia” di cui fa parte l’ex campione mondiale di scacchi, Garry Gasparov.

Kosovo
Bulgaria, Croazia e Ungheria, in una nota congiunta, hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo dalla Serbia. Un passo che segue quello di ieri del Canada, segnato dalla tensione con Belgrado che ha richiamato in patria l’ambasciatore. Intanto, a Mitrovica sembra tornare la calma dopo gli scontri tra le forze NATO e ONU ed i manifestanti serbi, costati la vita ad un agente ucraino.

Cipro
Si fa sempre più concreta l’ipotesi di una riunificazione di Cipro. Il nuovo presidente greco cipriota, Demetris Christofias, ha dichiarato di essere pronto a cercare con la controparte turco cipriota una soluzione che consenta di superare le difficoltà nate dalla divisione avvenuta nel 1974, quando i turchi invasero il nord di Cipro, in risposta al colpo di Stato compiuto a Nicosia da militari nazionalisti all’epoca del regime greco dei “colonnelli”. Attualmente, la Repubblica turco-cipriota non è riconosciuta internazionalmente, se non dalla sola Turchia, per la quale la questione cipriota costituisce al momento un serio ostacolo nelle trattative per entrare nell'Unione Europea, a cui invece aderisce la parte greca. Ma quali speranze ci sono che il dialogo prosegua in modo proficuo? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Furio Morroni, responsabile dell’Ansa di Atene:RealAudioMP3


R. - Le speranze ci sono e, come in genere si dice in questi casi, c’è una "finestra" di opportunità. Resta da vedere quando si incontreranno finalmente Christofias e il leader turco-cipriota, Talat, quello che uscirà fuori. Tutti si attendono, intanto, l’annuncio simbolico della riapertura dello storico transito di Ledra Street, la “via bene” di Nicosia, che da quasi 40 anni è tagliata in due da un posto di blocco militare. Il problema è vedere se poi effettivamente si arriverà a rilanciare i negoziati perché i greco-ciprioti vorrebbero una soluzione bi-zonale e federale per riunificate quest’isola; i turco-ciprioti, da parte loro, preferirebbero una confederazione. A questo, bisogna aggiungere invece quello che vorrebbe Ankara, che pare decisamente orientata per la divisione netta dell’isola. Un riconoscimento internazionale della parte nord che, nel 1983 fu autoproclamata repubblica turca di Cipro del Nord, sarebbe una specie di annessione di una parte di Cipro alla Turchia, cosa che molti greco-ciprioti paventano perché se effettivamente così avvenisse, il confine della Turchia si sposterebbe all’interno di Cipro.

 
D. - Come la gente dell’isola vive questa divisione, e soprattutto come vive la speranza di una riunificazione?

 
R. - Ormai, la divisione è praticamente superata. I popoli si sono rincontrati, vivono di nuovo insieme, i turco-ciprioti vengono dalla parte sud per lavorare, i greco-ciprioti vanno nella parte nord per divertirsi. Il problema è solo dei governi. Per i popoli, l’isola è già riunificata. L’invasione e la guerra e il dolore sono stati superati.

Kuwait-governo
L’emiro del Kuwait ha dato il via libera allo scioglimento del parlamento, dopo le dimissioni in blocco di 16 membri del Consiglio dei ministri. Possibili nuove elezioni in maggio. Il Paese, che vanta il primo parlamento eletto nella regione del Golfo, ha sempre registrato forti tensioni tra il potere legislativo e quello esecutivo. Stavolta, le divergenze si sono avute sugli aumenti dei salari e sul piano di sviluppo economico.

Somalia
Continua a rimanere drammatica la crisi umanitaria in Somalia, dove gli incessanti combattimenti per il controllo della capitale hanno costretto alla fuga oltre ottocentomila civili. A testimoniarlo mons. Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio e presidente della Caritas locale, che non manca di sottolineare il contributo positivo dei numerosi appelli lanciati dal Papa in favore del Paese africano e l’importanza pratica di iniziative come quella della raccolta di offerte, lanciata un anno fa, proprio da Benedetto XVI in occasione della Messa del Giovedì Santo da lui celebrata in San Giovanni in Laterano. In quel caso, fu raggiunta la cifra di oltre 14 mila euro. Ma sentiamo mons. Bertin, raggiunto telefonicamente in Somalia da Kelsey Brennan-Wessels: RealAudioMP3


R. - Questa somma ci ha dato la possibilità di continuare il lavoro del nostro dispensario per circa un mese e mezzo. Il gesto del Santo Padre ha aiutato altri ad aprire gli occhi, particolarmente i nostri partner, come i Catholic Relief Services, la Caritas italiana ed anche singoli individui. Riprendendo un po’ il tema della Messa crismale, in cui si dice che “lo Spirito del Signore è su di me, mi ha inviato ad annunciare la pace ai poveri, ad aprire gli occhi di coloro che sono ciechi”: ecco, questo gesto del Santo Padre ha aiutato molti occhi ad aprirsi, anche se non era una cecità fisica, quanto piuttosto una cecità basata magari sull’ignoranza o sul fatto che si è abituati a guardare certe cose e non altre. L’intervento del Santo Padre è stato molto importante per la nostra azione soprattutto perché ha risvegliato un po’ di più l’attenzione su quanto accade in Somalia.

Timor Est-Ramos Horta
E’ uscito da un ospedale australiano, a cinque settimane dall’attentato che lo ha colpito, il presidente di Timor Est, Jose Ramos Horta. Il premio Nobel per la Pace era stato ferito in un agguato contro la sua residenza a Dili compiuto da un gruppo di soldati ribelli. Nell’azione, gli insorti cercarono di colpire anche il premier, Xanana Gusmao, rimasto però illeso.(Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli)

 

 

 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 79

 
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