Il governo tibetano in esilio: centinaia le vittime in Tibet
Alta la tensione in Tibet. Mentre la Cina riferisce di 13 vittime, il governo tibetano
in esilio ha reso noto che centinaia di persone sarebbero state uccise nel corso delle
violenze di questi ultimi giorni. Si avvicina intanto l’ultimatum di Pechino che ha
chiesto, entro stasera, la resa dei manifestanti. La Cina ha poi condannato gli attacchi
alle sue ambasciate all'estero, definendoli una "seria minaccia alla sicurezza". Il
nostro servizio:
Ancora differenze
sul numero delle vittime nelle violenze antigovernative in Tibet. La Cina parla di
13 morti, tutti civili e non monaci tibetani. Centinaia sarebbero invece per il governo
tibetano in esilio, tornato a chiedere un’inchiesta internazionale così come aveva
fatto ieri il Dalai Lama, che aveva parlato anche di “genocidio culturale”. Intanto,
si avvicina la scadenza dell’ultimatum di Pechino: entro stasera i manifestanti si
dovranno arrendere altrimenti ci saranno “severe” conseguenze. A Lhasa, oggi regna
la calma mentre in altre città proseguono le proteste. Decine di tibetani sono stati
arrestati a Kathmandu, in Nepal, mentre sarebbero otto le vittime, secondo alcune
fonti, negli incidenti di ieri nella provincia cinese del Sichuan. Di fronte a questa
situazione, molte le voci di condanna che si sono levate. La presidenza di turno slovena
dell’Unione Europea, stigmatizzando le violenze, ha però affermato che un boicottaggio
delle Olimpiadi, come paventato da più parti, sarebbe “un grave danno”. Una critica
in tal senso era arrivata dalla Russia: Mosca ha parlato di un “tentativo di politicizzare”
i prossimi Giochi in Cina ed ha aggiunto di considerare le relazioni del governo di
Pechino con il Dalai Lama solo "una questione interna". Diversa l’opinione degli Stati
Uniti: il segretario di stato americano, Condoleezza Rice, ha lanciato un appello
a Pechino perché dialoghi con il leader spirituale buddista, considerato una figura
“autorevole e non un separatista”.