Trent'anni fa il rapimento di Aldo Moro e l'uccisione dei 5 uomini della scorta
Corone di fiori sono state deposte oggi in via Fani, a Roma dove un commando delle
brigate rosse, 30 anni fa, sequestrò Aldo Moro e uccise i 5 uomini della scorta: Raffaele
Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Tanti a
rendergli omaggio, politici e cittadini. Tra le autorità il presidente del senato
Marini, il premier Prodi e il ministro dell’interno Amato. Anche il presidente Napolitano
dal Cile dove è in visita ricorda Moro: ''Celebreremo Moro anche al Quirinale
- ha detto - il nove maggio. Il giorno del suo assassinio e' stato scelto come giorno
del ricordo delle vittime del terrorismo".
Nato Maglie in Puglia nel 1919,
Moro fu presidente della federazione universitaria cattolica italiana, membro della
Costituente, presidente della Democrazia cristiana. Più volte presidente del consiglio,
moro si impegnò per la collaborazione organica fra tutti i partiti con la maggiore
rappresentatività popolare, ovvero: Democrazia cristiana, Partito comunista italiano,
partito socialista italiano. Ma ripercorriamo quei tragici momenti del sequestro da
parte delle brigate rosse nel servizio di Massimiliano Menichetti.
Le lettere
di Aldo Moro, che scandiscono i 55 giorni di prigionia, sono state in questi anni
oggetto di molti studi. E’ in uscita in questi giorni, edito da Einaudi, Lettere dalla
prigionia, di Miguel Gotor, ricercatore di Storia Moderna all’università di Torino.
L’intento dello storico, come spiega lui stesso, è stato quello, attraverso una nuova
trascrizione dei testi effettuata sugli atti originali, di restituire ad Aldo Moro
le sue parole più vere. Francesca Sabatinelli ha intervistato il professor Gotor.