La Via Crucis di mons. Rahho: una riflessione di padre Lombardi
La comunità cristiana irachena ha dato ieri l’ultimo saluto a mons. Paulos Faraj Rahho,
arcivescovo di Mossul dei Caldei, ritrovato morto giovedì scorso dopo essere stato
rapito il 29 febbraio. Durante i funerali, celebrati in una località a pochi chilometri
da Mossul, il patriarca di Babilonia dei Caldei, il cardinale Emmanuel III Delly,
ha ricordato la testimonianza coraggiosa del presule ribadendo che la Chiesa non cerca
mai la vendetta. La cerimonia si è svolta nella stessa chiesa dove già erano state
celebrate le esequie dell'autista e delle due guardie del corpo del presule, uccisi
dagli aggressori nel corso del sequestro. Lunedì prossimo Benedetto XVI presiederà
nella Cappella Redemptoris Mater, in Vaticano, una Santa Messa in suffragio di mons.
Rahho. Su questa drammatica vicenda ascoltiamo la riflessione del nostro direttore,
padre Federico Lombardi.
Mons.
Rahho, arcivescovo di Mossul dei Caldei in Iraq, era stato sequestrato da un gruppo
di terroristi il 29 febbraio, all’uscita della chiesa dove aveva appena terminata
la celebrazione della Via Crucis del venerdì con i suoi fedeli. Ora anche la sua personale
Via Crucis, quella della sua vita insieme alla sua Chiesa e al suo popolo, si è conclusa
con la morte. Restiamo attoniti davanti a tanta inumana, incomprensibile, misteriosa
crudeltà. Mysterium iniquitatis. Mistero del male e della sua potenza. Ad esso risponde
il sangue dei martiri, uomini di pace, di amore che oltrepassa l’odio e la morte.
Tornano
alla mente mons. Romero, ucciso mentre celebra l’Eucaristia a San Salvador, il cardinale
Posadas Ocampo a Guadalajara in Messico, i vescovi colombiani Duarte Cancino e Jaramillo,
uccisi dai guerriglieri, il nunzio mons. Courtney ucciso in Burundi … e per ogni vescovo
quanti preti, quanti fedeli, quanti innocenti uccisi nelle Americhe, in Africa, in
Asia! Dove il popolo muore, muore la Chiesa insieme a lui, perché ne è parte viva.
E non può non essere così.
Ma la piccola comunità
cristiana in Iraq, nella sua fragilità numerica, appare particolarmente bisognosa
della nostra solidarietà e della nostra preghiera. Comunità antichissima, sopravvissuta
a innumerevoli vicende, nella drammatica situazione attuale rischia veramente la quasi
estinzione.
Nel suo telegramma di condoglianze il
Papa prega perché “questo tragico evento serva a costruire nella martoriata terra
dell’Iraq un futuro di pace”, e tutti ci auguriamo che tanta violenza scuota e risvegli
la coscienza di tutti coloro che possono contribuire con più efficacia alla costruzione
della pace. Nella fede, dopo il compimento della Via Crucis, attendiamo la risurrezione.