2008-03-15 16:17:52

Intervista con il cardinale Bertone sul suo viaggio in Armenia e Azerbaigian


Dal 4 al 9 marzo scorsi il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha compiuto un importante viaggio in Armenia e Azerbaigian. Al suo rientro ha rilasciato una intervista congiunta a Giovanni Peduto della Radio Vaticana, a Carlo Di Cicco dell’Osservatore Romano e al Centro Televisivo Vaticano:RealAudioMP3


D. – Perché una visita del segretario di Stato in Armenia e in Azerbaigian, nonostante le forti tensioni in quella regione?

 
R. – L’Armenia e l’Azerbaigian hanno una densità tale di storia, anche di storia religiosa, e sono ai confini tra l’Europa e l’Asia, che attirano tanti visitatori e non potevo, di fronte agli inviti specifici delle autorità religiose e delle autorità civili di queste due Nazioni, non fare una visita in nome e per mandato del Papa. D’altra parte, come sappiamo, già Papa Giovanni Paolo II aveva visitato queste due regioni, suscitando un grande entusiasmo, una grande adesione, un ricordo incancellabile.

 
D. – Nei suoi discorsi, pronunciati in Armenia e in Azerbaigian, lei ha sottolineato l’importanza del dialogo ecumenico e tra le religioni. Può riferirci un po’ sulla situazione attuale nei due Paesi a tal riguardo?

 
R. – L’Armenia si caratterizza per una convivenza tra la antica comunità armeno-apostolica e la comunità cattolica degli armeni. In Azerbaigian convivono una grande comunità musulmana e due piccole comunità cattolica e ortodossa. Sono due Paesi caratteristici. In questo senso, il dialogo prettamente ecumenico è molto sviluppato in Armenia: ricordiamo la visita a Roma del catholicos armeno, Karekin I, i rapporti perfino di amicizia tra Giovanni Paolo II e Karekin I e dal 2001 con Karekin II. C’è un dialogo intenso, positivo, una collaborazione, una stima reciproca; la grande stima – come già annotato – per Papa Giovanni Paolo II e ora per Papa Benedetto XVI è indubbia, fuori discussione. L’autorità morale del Papa è riconosciuta e apprezzata, e così i rapporti tra lo Sheykh-ul-Islam Allah Shukur Pasha Zade, il capo dei musulmani, e la Chiesa cattolica. La stima che manifesta questa grande autorità religiosa musulmana verso la Chiesa cattolica, verso il Papa, è molto grande e non ha subìto nessuna flessione: anche in questi ultimi tempi è stata manifestata nei discorsi pubblici, di fronte ai capi delle comunità musulmane dell’Azerbaigian e del Caucaso.

 
D. – Lei ha sostato in preghiera davanti al monumento delle vittime armene. Di quali vittime si tratta?

 
R. – Purtroppo, si tratta un numero sterminato di vittime; un milione e mezzo circa di persone sono state eliminate nel 1915. Intervenendo a difesa del popolo armeno, Benedetto XV, già nel medesimo anno, parlò di “un popolo che rischia di essere condotto alla soglia dell’annientamento”. Quindi, sono cristiani trucidati per lo scoppio di quello che è stato definito il “Grande Male” che ha colpito l’Armenia e il popolo cristiano dell’Armenia. C’è una grande venerazione per queste vittime, che sono l’esempio del martirio di un popolo all’inizio del secolo XX, che ha intrapreso – purtroppo – quel calvario di genocidi che ha caratterizzato questo secolo. Allora, era doveroso inchinarsi davanti a queste vittime e portare l’omaggio della Chiesa cattolica come, peraltro, aveva già fatto Papa Giovanni Paolo II. Devo dire che sono andato anche al monumento delle vittime dell’eccidio comunista degli azeri. Come si sa, dopo la caduta del muro di Berlino, sono stati trucidati centinaia di azeri. Sostando davanti al monumento che ricorda questo dramma ho portato i fiori come omaggio della Chiesa cattolica. Il Presidente dell’Azerbaigian indipendente Heydar Aliyev ha il merito di aver saputo superare i conflitti ed effettuare le riforme più importanti nel Paese.
 
D. – Lei ha dipinto l’Azerbaigian come modello di convivenza tra le religioni. Si tratta di un modello di dialogo imitabile?

 
R. – Ho visto concretamente in Azerbaigian la stima di cui godono le piccole Chiese – la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica. Si tratta di circa 390, forse 400 fedeli cattolici. E’ un modello di convivenza, perché, ad esempio, il presidente che ho citato - Heydar Aliyev – con la disponibilità dello sceicco musulmano, aveva offerto il terreno per la ricostruzione della chiesa della comunità cattolica che era stata distrutta sotto il regime comunista. E’ un segnale che testimonia un rispetto per le altre religioni, da parte sia delle autorità politiche sia delle autorità religiose musulmane dell’Azerbaigian, che è ammirevole, e dove certamente è riconoscibile il connotato di una società moderna, laica, che però riconosce il valore pubblico delle religioni per lo sviluppo e per la pacifica convivenza in una comunità politica. Mi sembra, quindi, che sotto questo profilo sia un modello imitabile, direi esportabile, naturalmente con i mezzi pacifici, perché altrimenti andremmo contro il principio di libertà. Da imitare, perché non si tratta di pura “tolleranza” in senso negativo: perché la tolleranza può avere una connotazione negativa, quasi che sia un atteggiamento forzato; qui si tratta di una tolleranza positiva, che aiuta le altre religioni ad esprimersi anche pubblicamente, come è stato in Azerbaigian con la costruzione della chiesa, e anche con le attività a sfondo sociale che la Chiesa cattolica svolge. L’ho visto, per esempio, con la comunità delle Suore di Madre Teresa che ha istituito un centro di aiuto, di raccolta dei senzatetto, e le suore sono stimate e rispettate dalle autorità e, naturalmente, dal popolo azero.







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