Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
Nella Domenica delle Palme la Liturgia ci propone il Vangelo della Passione del Signore,
dal tradimento di Giuda fino alla morte in croce e alla sepoltura di Gesù. Nel Getsèmani
il Signore prega il Padre in preda alla tristezza e all’angoscia:
«Padre
mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi
tu!».
Sulla Domenica delle Palme e della Passione del Signore, ascoltiamo
il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla
Pontificia Università Lateranense:
E’ giunta
l’“ora” del Suo “Battesimo”, l’“ora” del Suo abbassamento e del Suo innalzamento,
del Suo spogliamento e della Sua glorificazione. E come da neonato le Sue membra delicate
furono appoggiate sul legno della Sua culla che fu la mangiatoia, così ora il Suo
corpo forte, ma torturato, viene disteso su un altro legno: quello della croce.
Su
questo legno che, come recita l’inno antico, diviene “l’arca che conduce in porto
il mondo naufrago”, il Figlio compie l’ultimo atto di conformazione alla nostra condizione
decaduta nell’obbedienza senza limiti al Padre che gliela chiede. L’abbandono della
morte è per il Figlio lo stesso abbandono della nascita, perché accade dentro il mistero
dell’eterna generazione.
La Sua morte è una morte
cruda, la più cruda che mai ci sia stata e mai ci sarà, ma essa è abbracciata da ogni
parte dalla consegna (paradosis) al Padre. Nulla s’interpone tra il Figlio e il Padre
e in questa inseparabilità tutto accade, adesso, nella Sua “ora”, perfino la morte.
La loro comunione si espone alla morte e la riguadagna a sé come nemico vinto.