Commozione e preghiera a Rocca di Papa per l'omaggio a Chiara Lubich
Prosegue nel Centro internazionale del Movimento dei Focolari a Rocca di Papa, nei
pressi di Roma, l’omaggio a Chiara Lubich, scomparsa ieri all’età di 88 anni. La camera
ardente resterà aperta fino alle ore 11.00 di martedì prossimo. Ce ne parla Carla
Cotignoli.
In un
clima denso di serenità, commozione e preghiera, continuo è il flusso di persone di
ogni età, che viene a rendere omaggio a Chiara Lubich. Nella camera ardente, allestita
nella sala incontri del Centro Internazionale dei Focolari a Rocca di Papa, Chiara
è adagiata al centro della sala, attorniata da un giardino di fiori. Dietro di lei
una icona di Maria con Gesù Bambino, dono di Papa Giovanni Paolo II.
Tra
le personalità: un testimone degli ultimi 30-40 giorni della sua vita al Policlinico
Gemelli, il prof. Salvatore Valente, titolare della cattedra di Pneumologia che ha
prestato le cure: “In questo tempo - ha detto - Chiara ha sopportato, ha tollerato
tutte le sofferenze con una serenità, con una partecipazione costruttiva, veramente
commovente. Tante volte la sofferenza è soltanto un peso doloroso. Invece lei ha mantenuto
uno sguardo sereno che mi ha colpito moltissimo. Sino al momento del 'passaggio'”.
Anche il cardinale Stanislao Rylko, presidente del
Pontificio Consiglio per i laici, ha voluto salire a Rocca di Papa: “Ho avuto vari
incontri con Chiara: l’ultimo in occasione delle feste natalizie. Ma ogni incontro
con lei è stato nella mia vita un avvenimento che lasciava tracce molto profonde.
Era una persona che contagiava ogni interlocutore con il suo entusiasmo per le cose
di Dio”. Il cardinale ha lasciato un messaggio ai suoi figli spirituali: “Portate
avanti questa fiamma del carisma con grande coraggio: è una storia, nella Chiesa,
che non si chiude, ma si apre”. Si sono soffermati in preghiera davanti a Chiara anche
frère Alois, il priore della Comunità di Taizé, successore di frère Roger, insieme
a due confratelli. “Noi a Taizé – ha detto frère Alois - rendiamo grazie a Dio per
la vita di Chiara. E’ una luce per noi. E questa luce rimane tra noi”. Ed ha ricordato
“la grande stima e grande amore che frère Roger aveva per lei”.
Intanto
continuano a giungere da tutto il mondo messaggi da personalità politiche e religiose:
il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napoletano definisce Chiara Lubich
“una delle figure più rappresentative del dialogo interreligioso e interculturale,
una voce rigorosa e limpida nel dibattito contemporaneo. Ha saputo fondare – si legge
- un movimento tra i più estesi del mondo, in grado di confrontarsi con spirito aperto,
con il mondo laico sulla base della supremazia degli ideali umani della solidarietà,
giustizia e pace fra popoli e nazioni”.
Il telegramma
della CEI, firmato dal presidente cardinale Bagnasco e dal segretario generale mons.
Betori, parla dell’esperienza di Chiara come di “un’esperienza di comunione che arricchisce
la vita della Chiesa in Italia e nel mondo”. E ricorda “con particolare riconoscenza
la forza della sua testimonianza che ha proposto un cammino di fede fondato sul principio
di unità, sorgente nella Chiesa e nel mondo di itinerari di vita nel segno della pienezza
della gioia”. Molte le testimonianza di fondatori e presidenti di Movimenti e nuove
comunità. Ne citiamo intanto solo due. La comunità di don Benzi nelle parole del successore
Paolo Ramonda, esprime la gratitudine “per l’amore agli altri movimenti, associazioni
e nuove comunità di cui sei stata trascinatrice instancabile di comunione”. Don Julián
Carrón, successore di don Giussani alla guida della Fraternità di Comunione e Liberazione,
in una lettera “ricorda i lunghi anni di amicizia con don Giussani". Parla del suo
carisma “suscitato per rendere vivo l’avvenimento cristiano come luce che sostiene
la speranza”.
Il presidente delle ACLI, Andrea Olivero,
definisce Chiara “volto femminile della Chiesa, luminoso e intrepido”. “Ha mostrato
la forza della mitezza nella costruzione della fraternità fra le religioni, della
giustizia economica e sociale e della pace tra i popoli”.
Ma
quale era l’animo di Chiara, ciò che è alla radice del suo carisma? Lo ascoltiamo
da Maria Voce una delle sue più strette collaboratrici e componente del Consiglio
generale del Movimento dei Focolari:
R. –
Era il testamento di Gesù, che tutti siano uno. Era accostare ogni uomo con spirito
fraterno, vedendo in ognuno Gesù, quel Gesù che lei aveva scelto e che voleva amare
nel prossimo.
D. – Il Papa, scrivendo il telegramma
per Chiara, ha parlato di una vita instancabilmente segnata dal suo amore per Gesù
abbandonato. Che cos’è questo amore per Gesù abbandonato?
R.
– L’amore per Dio, che a lei si era rivelato in questo dolore straordinario dell’abbandono,
cioè in questo dolore che è la sintesi di tutti i dolori fisici e spirituali, perchè
è un Dio che provoca l’abbandono del Padre. E proprio perché non può esserci un dolore
superiore a questo, ogni dolore inferiore era contenuto e abbracciato. Quindi, Chiara
ci ha insegnato a passare continuamente, con l’amore a Lui, dalla morte alla vita.
D.
– Come va avanti ora l’opera?
R. – Non abbiamo più
lei fisicamente presente in mezzo a noi, però abbiamo tutto quello che lei ci ha lasciato
e che ci guiderà ancora. Siamo fiduciosi del suo aiuto e della sua intercessione in
Paradiso, ma soprattutto crediamo nella possibilità di continuare ad incarnare quel
messaggio di Dio per il quale il Signore ha fatto nascere lei.
D. –
Tutti quelli che stanno venendo e che verranno sino al giorno dei funerali, che cosa
le vengono a dire?
R. – Quello che si sente di più
da tutti è un “grazie”. Grazie per aver fatto loro riscoprire il senso della vita,
grazie per aver fatto loro incontrare Dio, grazie perché ha dato un significato alla
loro esistenza. Grazie! Lei una volta aveva detto: “Quando io mi presenterò davanti
a Dio, vorrei poter dire solo “grazie”. Adesso tutto il suo popolo viene qui per dire
grazie a lei.
Ascoltiamo ora, al microfono di Fabio Colagrande, la testimonianza
di Michele Zanzucchi, direttore della rivista dei Focolari "Città Nuova":
R. -
Tre anni, tre anni e mezzo di malattia, di malattia e di sfinimento. Io l’ho seguita
in vari viaggi per dieci anni, in giro per il mondo, sempre al di là delle proprie
forze, sempre con un’energia straordinaria nell’incontrare la gente e nel darsi tutta
a tutti. In questi ultimi anni, quasi svuotata delle sue forze, ha vissuto l’incontro
con quello che era, come lei ha sempre detto, lo sposo della sua vita, Gesù Crocifisso
e abbandonato, quasi conformandosi a Lui. Per cui ha vissuto questa notte culturale
che il mondo sta vivendo sulla sua pelle, l’ha vissuta quasi dando la vita per l’umanità,
semplicemente, senza grandi proclami, essendo anche privata di quella parola che tanto
aveva usato, ma amando questa umanità, questo mondo, con tutta se stessa, dando la
vita per esso, per l’unità, per la fraternità universale.