Il cardinale Tauran parla del Forum cattolico-islamico in programma a Roma il prossimo
novembre: un luogo per rafforzare il dialogo e superare eventuali incomprensioni
“Il dialogo deve avere anche risvolti concreti”. Così il cardinale Jean-Louis Tauran,
presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, spiega l’obiettivo
del Forum cattolico-islamico, in programma a Roma il prossimo novembre. Vi prenderanno
parte 24 delegati cattolici e 24 musulmani: una rappresentanza, quest’ultima, dei
138 saggi firmatari della Lettera inviata al Santo Padre e ai responsabili delle Chiese
cristiane lo scorso ottobre. L’ultimo giorno saranno ricevuti da Benedetto XVI. A
dar vita al Forum, il recente incontro in Vaticano tra 5 leader musulmani e una delegazione
guidata dal cardinale Tauran che così descrive, al microfono di Silvia Gusmano,
lo spirito di collaborazione venutosi a creare:
R. -
Il clima di questo incontro è stato molto cordiale, con persone molto preparate. Hanno
capito molto bene la necessità che il dialogo interreligioso debba avere un aspetto
concreto. Quindi, abbiamo pensato di creare questa struttura di dialogo sempre aperta,
questo Forum cristiano-musulmano, che ci permetterà non solo di avere incontri regolari,
ma anche, in caso di necessità, di essere sempre disponibili a risolvere in maniera
immediata qualche incomprensione, qualche crisi. Quindi, una collaborazione effettiva,
espressione di un miglioramento del clima.
D. - Quindi,
un confronto su tematiche spirituali e teologiche ma anche su aspetti concreti, a
cominciare dal principio di reciprocità e dalla difficile situazione di molti cristiani
che vivono nei Paesi arabi...
R. - La reciprocità:
abbiamo parlato anche di questa necessità, che i cristiani e i Paesi arabi possano
avere un loro luogo di culto - che è il minimo che si possa chiedere - tanto più che
loro hanno insistito sul fatto che il Corano dice che in materia di religione non
c’è costrizione. Se abbiamo un dialogo interreligioso strutturato, continuo, questo
non può non avere ripercussioni, soprattutto a livello dei dirigenti, che saranno
più propensi a guardare la situazione e a porre rimedi secondo il diritto internazionale.
D.
- Per ora, però, il dialogo è avviato solo con la parte più moderata dell’islam. Come
intervenire anche rispetto all’estremismo e alle frange islamiche più ostili all’Occidente
e al cristianesimo?
R. - Io penso con l’educazione,
basata sull’insegnamento della storia, della religione. La scuola sia molto importante:
da una parte, abbiamo la Chiesa, dall'altra, la Moschea, e in mezzo la scuola. E’
a scuola dove i giovani imparano a vivere assieme, a fare un pezzo di cammino assieme.
D. - Alla luce di queste importanti novità, l’equivoco
e le incomprensioni nate a Ratisbona sono secondo lei superate oggi?
R.
- Devo dire che con i miei interlocutori è da sei mesi che sono alla guida del Pontificio
Consiglio. Raramente si è accennato a Ratisbona. Io penso che il Papa abbia spiegato
bene ciò che voleva dire e l’equivoco è ormai risolto.