L’amore è la vera medicina della vita, la scienza non può garantire l’immortalità:
le parole del Papa nella chiesa di San Lorenzo nella riflessione dello scienziato
Cabibbo e del sociologo Acquaviva
“L’amore è la vera medicina della vita”: è uno dei passaggi dell’omelia a braccio,
pronunciata ieri da Benedetto XVI nella chiesa romana di San Lorenzo in Piscibus.
Un’omelia sulla verità dell’uomo, sul valore della scienza e dell’amore, sulla
dignità della persona umana. Come già nell’Enciclica Spe Salvi, il Papa ha
ribadito che l’amore e non la scienza redime l’uomo. Un tema sul quale si sofferma
il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, il prof. Nicola Cabibbo,
intervistato da Alessandro Gisotti:
R. -
Mi sembra bellissimo ricordare che il centro di tutto è l’uomo, l’amore. La scienza
ha il suo ruolo, su questo non c’è dubbio: la scienza ha un ruolo che diventa sempre
più importante nella vita umana. La scienza sarà un elemento non indifferente nella
continuazione della vita umana. Da questo punto di vista, io non ho mai visto contrasti
tra scienza ed amore.
D. - L’uomo, ha detto il Papa,
è sempre uomo, anche se embrione, anche se è in coma. Questa dignità integrale della
persona, richiamata così insistentemente da Benedetto XVI, sembra a volte scontrarsi
non tanto con la scienza, che non può essere in contrasto con l’amore, ma con una
certa ideologia, con un certo scientismo...
R. -
Qui bisogna stare attenti: la scienza non è onnipotente e su questo naturalmente il
Papa ha ragione. La ricerca che il Papa sta compiendo ultimamente - basti pensare
ad esempio alla riunione di studio che ha fatto a Castel Gandolfo sul problema della
nascita della vita - l'nteresse del Papa di “inglobare” in qualche modo la scienza
nella teologia o rivisitare la teologia alla luce di cosa si vada man mano scoprendo
su come è fatto il mondo, questo mi pare un aspetto veramente straordinario.
D.
- Lei da 15 anni è presidente della Pontificia Accademia delle Scienze e dunque in
questo contesto vede anche come la Chiesa chieda i consigli, il parere degli uomini
di scienza...
R. - Sì, in molti casi c’è stata una
richiesta esplicita. Ad esempio, in uno dei problemi centrali nel quadro della dignità
dell’uomo, il problema della morte, e dunque su come si faccia a stabilire quando
una persona è morta e se può essere oggetto di un espianto per fare un trapianto di
organi. Su questo punto, diciamo che l’Accademia ha lavorato più volte e l’ultima,
proprio due anni fa, su richiesta di Benedetto XVI. Ma poi, in tanti altri casi, siamo
noi stessi a cercare di identificare e proporre quegli aspetti del progresso scientifico
che possono essere di interesse per la Chiesa. Ricordo che Benedetto XVI, prima di
diventare Papa, era membro della nostra Accademia. Mi ricordo con piacere che era
più che fiero della nostra Accademia, che ha sempre guardato con grande affetto e
con grande attenzione.
Sempre ieri, commentando il Vangelo domenicale
che narra la risurrezione di Lazzaro, il Papa ha immaginato uno scenario in cui l’uomo
raggiunga l’immortalità della vita biologica. Ma cosa succederebbe in un mondo invecchiato,
senza più spazio per i giovani, si è chiesto il Pontefice? Un interrogativo dal quale
muove la riflessione del sociologo Sabino Acquaviva, intervistato da Alessandro
Gisotti:
R. - L’immortalità
fisica probabilmente non si otterrà mai. Se non altro, per ragioni statistiche è impossibile.
Però un prolungamento della vita sì, un prolungamento che psicologicamente da molti
sarà vissuto come eternità. Allora, si pongono i grandi problemi: l’uomo cambia natura?
Io non credo. L’uomo vede ampliarsi i suoi orizzonti psicologici, ma continua a non
avere il senso materiale dell’infinito e dell’eterno. E allora, un conto è vivere
in eterno e un conto è avere il concetto di immortalità: un meccanismo, secondo me,
nettamente psicologico. Il Papa ha fatto bene ad attirare l’attenzione su questo problema.
Sarà una società di vecchi? Questo dipende, perché i progressi della genetica fanno
pensare che possa essere messo in atto, domani forse, un meccanismo di blocco del
processo di invecchiamento, via, via che noi conosciamo meglio ciò che succede. Quindi,
direi che il Papa ha fatto bene a richiamare un argomento che sarà di grande attualità
fra qualche tempo.
D. - Il Papa, sempre ieri, ha
sottolineato un aspetto fondamentale: l’uomo è un essere che ha una sete infinita
di conoscenza. Ma l’uomo non è solo un essere che conosce: vive in relazione di amicizia
e di amore...
R. - Vive in relazione di amicizia
e di amore e la nostra società rende sempre più precario questo tipo di rapporti,
perché rende il rapporto fra individui artificiale, attraverso la televisione, attraverso
la radio, attraverso Internet e così via. Quindi, il rapporto è fra l’uomo e un sistema
di macchine, di tecnologie, di risultati della scienza, con il quale si confronta.
C’è allora il grande pericolo che, in un certo senso, l'umano si disumanizzi. L’uomo
ha una struttura psicologica di umanità e questa umanità viene messa in crisi. Quando
io gli costruisco attorno una rete tecnologica sempre più fitta, sempre meno gli permetto
di essere un uomo e una donna nel senso vero della parola.