L’uomo in stato embrionale o di coma non perde la sua dignità: così il Papa alla Messa
nella chiesa romana di San Lorenzo, nel 25.mo anniversario dell’omonimo Centro internazionale
giovanile
“L’uomo è sempre uomo con tutta la sua dignità, anche se in stato di coma, anche se
embrione”. Benedetto XVI lo ha ribadito stamani, prendendo spunto dal brano evangelico
sulla resurrezione di Lazzaro, durante la Messa da lui presieduta nella Chiesa romana
di San Lorenzo in Piscibus. Qui il Pontefice ha celebrato, alla presenza di
decine di ragazzi provenienti da tutto il mondo, il 25. mo anniversario del “Centro
internazionale giovanile San Lorenzo”, inaugurato da Giovanni Paolo II il 13 marzo
1983. Il servizio di Silvia Gusmano:
"Un piccolo
luogo semplice all’ombra del Cupolone di San Pietro". Così, stamani, il presidente
del Pontificio Consiglio per i Laici, il cardinale Stanislaw Rylko ha definito il
Centro internazionale San Lorenzo, istituito da Giovanni Paolo II perchè accogliesse
i giovani pellegrini provenienti da tutto il mondo e diventasse “fucina di formazione
di autentici cristiani”. La settimana di celebrazioni per il 25.mo anniversario della
sua fondazione si è aperta con la Santa Messa presieduta da Benedetto XVI nell’adiacente
piccola chiesa romanica di San Lorenzo.
Tanti i
giovani presenti, molti dei quali protagonisti della storia e della gestione del Centro:
tutti raccolti intorno alla Croce, simbolo della Giornata Mondiale della Gioventù
di cui, sempre per volontà di Giovanni Paolo II, sono i custodi. A loro, durante l’omelia,
il Pontefice si è rivolto chiedendo in che modo l’uomo debba vivere, in che modo morire.
Commentando il Vangelo di Giovanni sulla Resurrezione di Lazzaro e, mettendo da parte
il testo scritto, il Santo Padre ha spiegato ai ragazzi qual è il posto dell’uomo
nel “Grande albero della vita”: “Ma l’uomo pur essendo
parte di questo grande biocosmo, lo trascende perché, certo l’uomo è sempre uomo con
tutta la sua dignità, anche se in stato di coma, anche se embrione, ma se vive solo
biologicamente non sono sviluppate e realizzate tutte le potenzialità del suo essere
e si aprono nuove dimensioni”.
La prima dimensione
è quella della conoscenza, ha proseguito Benedetto XVI, una conoscenza che nell’uomo,
a differenza degli animali, si identifica con una “sete di infinito”. Tutti aspiriamo
a “bere dalla fonte stessa della vita” e per farlo ci affidiamo alla “seconda dimensione
della natura umana”: l’amore:
(canto)
“L’uomo
non è solo un essere che conosce, ma vive in relazione di amicizia e di amore. Oltre
alla dimensione della conoscenza e della verità esiste, inseparabile da questa, la
dimensione della relazione. Qui si avvicina più alla fonte della vita, della quale
vuol bere per avere vita in abbondanza, la vita stessa”. La
scienza, ha continuato il Papa, e la medicina in particolare, rappresentano una grande
lotta per vita, ma non possono soddisfare il bisogno di eternità che è proprio dell’uomo.
Neanche se venisse scoperta la pillola dell’immortalità:
“Immaginiamo
che cosa succederebbe con una vita biologica immortale dell’uomo: un mondo invecchiato,
un mondo che non lascerebbe più spazio per i giovani, per la gioventù, per questa
novità di vita. Quindi questo non può essere quel tipo di immortalità del bere dalla
fonte della vita, che noi tutti desideriamo”. L’unico
vero farmaco dell’immortalità - ha concluso il Pontefice - è l’Eucaristia e la certezza
di essere amati e aspettati da Dio, sempre. Grande la commozione dei giovani che hanno
arricchito la celebrazione pregando e cantando in più lingue e ringraziando così Benedetto
XVI:
(canto)
"Grazie
Santo Padre per essere per noi un pastore ed un padre. Grazie per la sua preghiera,
per le parole che ci rivolge e per i messaggi che ci scrive. Ci mettono alla presenza
di Cristo, ci invitano a contemplare e ad amare Colui che non toglie nulla e dona
tutto".
Un incontro e una giornata che, come ha osservato
il cardinale Rylko, rappresentano un’altra pietra miliare nella storia di questa piccola
casa tra le braccia di San Pietro.